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"Il controllo collettivo sull’attuazione del modello organizzativo"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
22/02/2013 - Troppo spesso avviene che la
tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nelle aziende sia un
adempimento formale e cartaceo e non
effettivo e efficiente. E questo anche in relazione all’eventuale adozione di
un “
modello organizzativo esimente”.
Modello che, a norma dell’art. 30 del
D.Lgs. 81/2008 (T.U.) e del D.Lgs. 231/2001, funziona da esimente della
responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle
associazioni e deve
essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema
aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi relativi ...alle attività di
natura organizzativa, quali...consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza (art. 30, comma 1, T.U.).
Su
questo tema interviene un
working paper
dell’ Osservatorio
per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla
sicurezza del lavoro ( Olympus)
inserito sul sito di Olympus il 27 novembre 2012.
In
“
Il controllo collettivo sull’efficace
attuazione del modello organizzativo diretto ad assicurare la sicurezza nei
luoghi di lavoro”, breve saggio [1]
a cura di Lorenzo Zoppoli (professore ordinario di Diritto del lavoro nell' Università di Napoli “Federico II”),
si affrontano in particolare le garanzie per rendere effettiva e non meramente
cartacea l’adozione da parte dell’impresa di un “ modello
organizzativo esimente”.
Il
problema di fondo che viene analizzato non è solo se il modello
organizzativo/esimente deve o no contenere una “
dimensione collettiva” come indicato dal legislatore. Ma se tale dimensione
collettiva possa esaurirsi nella
consultazione
dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e non debba piuttosto “caratterizzare
anche le funzioni di controllo da predisporre in base al d.lgs. n. 231/2001, in
particolare con riguardo all’ organismo
di vigilanza”.
In
realtà il tema delle
verifiche e del
controllo, “eventualmente anche
collettivo, torna ai commi 3 e 4 dell’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008, là dove si
prevede che
il modello organizzativo deve
in ogni caso prevedere...un’articolazione di funzioni che assicuri le
competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione
e controllo del rischio e per il
controllo
sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle
condizioni di idoneità delle misure adottate”.
Anche
quando trovano applicazione, “risulta abbastanza evidente che
le disposizioni dell’art. 30 del T.U. sono
tanto importanti e delicate quanto generiche. Dalla loro interpretazione
può derivare un operare assai diverso dell’esimente”.
Riguardo
all’eventuale “dimensione collettiva” del modello
organizzativo/esimente l’esplicito riferimento alla
consultazione degli RLS, che si ritrova nell’art. 30 del T.U., “non
appare sufficiente a dare una risposta”.
Tra
l’altro i rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza “possono anche non essere organicamente
collegati alle rappresentanze sindacali,
ingenerando un radicale dubbio sulla loro idoneità proprio a garantire
un’effettiva ‘dimensione collettiva’”.
Inoltre
“le sole regole sulla consultazione non appaiono del tutto idonee a valorizzare
la dimensione collettiva nel modello organizzativo”. Anche utilizzando, in via
interpretativa, una definizione - tratta dalla direttiva quadro CE
sull’informazione/consultazione 2002/14 – di
consultazione come
scambio di
opinioni e l’instaurazione di un dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e
il datore di lavoro, si è di fronte a una “definizione blanda e generica,
dalla quale la dimensione collettiva del modello organizzativo non risulta
particolarmente rafforzata”. La consultazione potrebbe risultare in definitiva un
semplice adempimento “di facciata”.
Non
va poi affatto trascurato “che la presenza dei RLS non è affatto garantita in
tutte le imprese, non essendo obbligatoria la loro designazione/elezione. Ne
deriva però a nostro parere che in
mancanza
di RLS in azienda si deve escludere l’idoneità di qualsivoglia modello
organizzativo a funzionare da esimente ai sensi dell’art. 30”.
Insomma
partecipazione e controllo
costituiscono un “punto debole nel d.lgs. n. 81/2008, nel senso che appaiono
più un orizzonte da conquistare che un sistema di regole in grado di
configurare un modello comprensivo di una rilevante dimensione collettiva”.
Secondo
l’autore la questione della dimensione collettiva del modello organizzativo
deve non solo essere riproposta, ma deve
esserlo “con riguardo ai luoghi e alle tecniche del controllo emerse proprio
nello specifico della disciplina legislativa del modello organizzativo/esimente”.
Riguardo
alla centralità dei
sistemi di controllo
e del ruolo/composizione dell’
organismo
di vigilanza, il documento, che vi invitiamo a leggere, propone due
considerazioni che riassumiamo:
-
“per la composizione dell’OdV il d.lgs. n. 231/2001 non prevede particolari
requisiti negli enti di piccole dimensioni dal momento che la funzione può
essere svolta dall’organo dirigente, che, in linea di massima, sarà il medesimo
imprenditore”. Ma è proprio nelle piccole imprese che gli infortuni sono più frequenti
e il “controllo sociale/sindacale assai più problematico e non di rado del
tutto assente”;
-
riguardo alla composizione dell’OdV è certamente preferibile “una composizione
plurisoggettiva viste le professionalità richieste dalla lunga lista di reati
prevista dal d.lgs. n. 231/2001 29 e, in particolare, dalla necessità di
controllare i numerosi adempimenti previsti dalla normativa antinfortunistica”.
Ed è pure condivisibile “l’opinione secondo cui
non possono far parte dell’OdV soggetti pienamente inseriti
nell’organizzazione aziendale, il cui operato costituisce oggetto precipuo del
controllo che l’organismo deve svolgere (es.: il responsabile
del servizio di prevenzione e protezione). Tale preclusione non appare
riferibile ai RLS, che non sono a rigore uno snodo organizzativo dell’azienda
bensì portatori di interessi anche contrastanti con gli obiettivi organizzativi”.
L’autore
sostiene che “per garantire l’
effettiva
autonomia dell’OdV, si deve escludere che la sua composizione o
l’affidamento delle relative funzioni ad un determinato organismo societario
possa essere frutto di una determinazione unilaterale dell’ente”.
Se
controverso può essere “il problema della modalità di coinvolgimento delle
rappresentanze collettive dei lavoratori nella definizione della composizione
dell’OdV e/o nella sua concreta individuazione/nomina”, rimane la consultazione dei RLS. Anche se in
questo modo si assicura soltanto una “
dimensione
collettiva minimale”.
Il
saggio si conclude indicando che “molto di più potrebbe fare al riguardo la
contrattazione collettiva”, anche se l’autore ritiene un’occasione mancata la recente
riforma dei meccanismi partecipativi introdotta dalla l. n. 92/2012 (c.d.
riforma Monti/Fornero) “diretta a favorire le forme di coinvolgimento dei
lavoratori nell’impresa, attivate attraverso la stipulazione di un contratto
collettivo aziendale”.
Olympus
- Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e
giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, “ Il controllo collettivo sull’efficace attuazione del modello
organizzativo diretto ad assicurare la sicurezza nei luoghi di lavoro”, a
cura di Lorenzo Zoppoli (professore ordinario di Diritto del lavoro
nell'Università di Napoli “Federico II”), in Working Paper di Olympus 18/2012
(formato PDF, 211 kB).
RTM
[1]
Il saggio riprende, con alcune integrazioni e note bibliografiche, la relazione
tenuta al convegno “Modello organizzativo e responsabilità amministrativa
dell’impresa”, organizzato dal Centro di ricerca in Diritto del lavoro “Giorgio
Ghezzi, Federico Mancini”, presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna,
il 28 settembre 2012
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