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"I compiti indelegabili del datore di lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
17/04/2013 - L’art. 17 del D.Lgs. n. 81/2008 (“obblighi del datore di lavoro non delegabili”) individua gli
obblighi indelegabili da parte del datore di lavoro, stabilendo che “il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi”.
Qualora una
delega dovesse includere anche questi obblighi indelegabili, si potranno presentare due situazioni diverse:
1) al delegato
vengono imputati fatti collegati ai poteri conferiti con delega. La delega è parzialmente valida, nella misura in cui
conferisce non solo compiti indelegabili vietati ma anche compiti di gestione
antinfortunistica perfettamente
delegabili, e la responsabilità penale eventuale sarà acclarata se
dipendente dall'omissione o dall'errato svolgimento dei compiti
antinfortunistici validamente delegati;
2) al delegato vengono
imputati fatti collegati a compiti non validamente delegati, ad esempio
per mancanza di autonomia di spesa necessaria al loro svolgimento,
oppure perché correlati a compiti indelegabili come la valutazione dei rischi lavorativi, in tal caso la delega non è liberatoria nei confronti del delegante.Il tema degli obblighi indelegabili è ben chiarito in una
sentenza esemplare ( Cass. Pen. Sez. IV, sent. 28 gennaio 2009, n. 4123),
una delle prime decisioni emanate alla luce del D.Lgs. 81/08, in cui la
Suprema Corte si è pronunciata sull’incendio colposo scoppiato il 24
marzo 2002 presso lo stabilimento Thyssenkrupp di Torino.
Il
reato di incendio colposo è previsto dall’art. 449 c. 1 cod. pen.: “
chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell’articolo 423-bis (incendio boschivo colposo, n.d.r.),
cagiona
per colpa un incendio o un altro disastro preveduto dal capo primo di
questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
In
tale pronuncia la Cassazione ricorda che “è vero che nelle imprese di grandi
dimensioni, come sostenuto dalla difesa, si pone la
delicata questione, attinente all’individuazione del soggetto che
assume su di sé, in via immediata e diretta, la
posizione di garanzia,
la cui soluzione
precede, logicamente e giuridicamente, quella della (eventuale)
delega di funzioni
. In
imprese di tal genere, infatti, non può individuarsi questo soggetto,
automaticamente, in colui o in coloro che occupano la posizione di vertice,
occorrendo un puntuale accertamento, in concreto, dell’
effettiva situazione della gerarchia delle responsabilità all’interno
dell’apparato strutturale, così da verificare la eventuale predisposizione
di un adeguato
organigramma dirigenziale
ed esecutivo il cui corretto funzionamento esonera l’organo di vertice da
responsabilità di livello intermedio e finale
(così, esattamente, Sezione IV, 9 luglio
2003, Boncompagni; Sezione IV, 27 marzo 2001, Fornaciari, nonché Sezione IV, 26
aprile 2000, Mantero)”.
E
ancora, “
il datore di lavoro è il primo e principale destinatario degli obblighi
di assicurazione, osservanza e sorveglianza delle misure e dei presidi di
prevenzione antinfortunistica
.
Ciò dovendolo desumere, anche a non voler considerare gli obblighi specifici in
tal senso posti a carico dello stesso datore di lavoro dal decreto legislativo
in commento, dalla “norma di chiusura” stabilita nell’articolo 2087 del codice
civile, che integra tuttora la legislazione speciale di prevenzione, imponendo
al datore di lavoro di farsi tout court garante dell’incolumità del lavoratore”.
Tutto
ciò “
con la già rilevata conseguenza che,
ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l’evento lesivo gli viene
addebitato in forza del principio che ‘non impedire un evento che si ha
l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo’ (articolo 40, comma 2,
c.p.)”.
Viene
quindi ribadito “
il principio che
la delega non
può essere illimitata quanto all’oggetto delle attività trasferibili. In
vero, pur a fronte di una delega corretta ed efficace, non potrebbe andare
esente da responsabilità il datore di lavoro allorché le carenze nella
disciplina antinfortunistica e, più in generale, nella materia della sicurezza,
attengano a
scelte di carattere generale
della politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali
nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato
alla sicurezza (v., tra le altre, Sez. IV, 6 febbraio 2007, Proc. gen. App.
Messina ed altro in proc. Chirafisi ed altro)”.
Ciò
giustifica e motiva dunque, come detto, la previsione da parte del legislatore
di una
categoria di obblighi
intrasferibili in virtù della loro natura di attività afferenti alla fase
primaria di impostazione e predisposizione del sistema stesso di prevenzione
aziendale, e che in quanto tali presuppongono un amplissimo e generale potere
di disposizione economica che non è ne ragionevolmente ne realisticamente
ipotizzabile a favore di un delegato di
funzioni.
Tutto
ciò trova ora un puntuale riscontro nel D.Lgs. 81/08 (artt. 17 e 28), che su
questi temi (ma non solo su questi) si iscrive in una linea di continuità con la giurisprudenza
della Suprema Corte, come ricordato nella pronuncia in commento che sottolinea
che “
tali principi hanno trovato conferma
nel decreto legislativo n. 81 del 2008, che prevede, infatti, gli obblighi del
datore di lavoro non delegabili per l’importanza e, all’evidenza, per l’
intima correlazione con le scelte aziendali
di fondo che sono e rimangono attribuite al potere/dovere del datore di
lavoro
(v. art. 17). Trattasi: a) dell’attività di valutazione di
tutti i rischi per la salute e la sicurezza al fine della redazione del
documento previsto dall’articolo 28 del decreto cit., contenente non solo
l’analisi valutativa dei rischi, ma anche l’indicazione delle misure di
prevenzione e di protezione attuate; nonché b) della designazione del
responsabile del servizio di prevenzione e protezione dal rischi (RSPP)”.
Pertanto
la pronuncia della Corte d’Appello è “
in
linea con i principi sopra tratteggiati, tenuto conto che il profilo di colpa
contestato all’imputato e ritenuto dai giudici di merito era stato ravvisato,
in sostanza, nella mancata analisi del
rischio
incendio
e nella violazione
degli obblighi di individuare le misure di protezione, di definire il programma
per migliorare i livelli di sicurezza, di fornire gli impianti ed i dispositivi
di protezione individuali, tutti aspetti che riguardano le complessive scelte
aziendali inerenti alla sicurezza delle lavorazioni e che, quindi, coinvolge
appieno la sfera di responsabilità del datore di lavoro”.
La
soluzione del legislatore prevede dunque l’
assoluta
intrasferibilità dei compiti primari del datore di lavoro e la completa
delegabilità - con conseguente liberazione da ogni responsabilità di tipo
penale -
di tutti gli altri adempimenti
di natura esecutiva ed attuativa, come sottolineato dalla Suprema Corte: “
in materia di prevenzione degli infortuni
sul lavoro, quando le misure antinfortunistiche devono essere apprestate a
livello direttivo, l’imprenditore, essendo destinatario dell’obbligo per le
precise ed inequivoche prescrizioni dell’art. 2087 cod. civ., non può delegarne
ad altri l’osservanza.
In sede di
materiale attuazione delle misure, può esservi la
delega a preposti
a
singoli incarichi, ma costoro di regola non si sostituiscono alle mansioni
direttive dell’imprenditore, tranne che, per le grandissime dimensioni
dell’impresa, non vi sia la nomina di un direttore qualificato e capace e
soprattutto dotato di poteri di ampia iniziativa nel campo della prevenzione” (Cass. IV, sent.
8337 del 17 luglio 1987).
La
delega conferita per l’adempimento degli
obblighi indelegabili previsti dall’art. 17 del D.Lgs. n. 81/2008, quindi
al di fuori dei casi ammessi dall’ordinamento,
è da considerarsi nulla e quindi improduttiva di effetti giuridici
(al pari di quella priva dei necessari presupposti di sostanza e di forma),
laddove tale nullità determina la riconduzione delle responsabilità penali
connesse agli obblighi che si volevano trasferire alla sfera giuridica del
datore di lavoro.
Ovviamente
improduttiva nella misura in cui la si voglia liberatoria per gli obblighi
indelegabili, mentre qualora contenga anche obblighi delegabili, resterà valida
per la parte di obblighi delegabili.
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