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"Organismi paritetici: riflessioni su formazione e asseverazione"

fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione

24/04/2013 - In merito alle funzioni e compiti attribuiti dal Decreto legislativo 81/2008 agli  organismi paritetici, con particolare riferimento alla formazione e all’ asseverazione dei modelli di organizzazione e di gestione, più volte sono state sottolineate e sollevate potenzialità e criticità.
 
È quanto fa anche un  working paper dell’ Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro ( Olympus) inserito sul sito di Olympus il 22 gennaio 2013.
 
Il contributo, dal titolo “ Gli organismi paritetici nel decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”, a cura di Chiara Lazzari (ricercatrice t.d. di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino “Carlo Bo”), riproduce, con alcune aggiunte, la relazione presentata al seminario “ L’evoluzione della disciplina della salute e sicurezza sul lavoro: il ruolo degli attori collettivi e della formazione”, svoltosi presso l’Università degli Studi di Urbino il 4 dicembre 2012 ed organizzato, con il concorso dell’Osservatorio Olympus, nell’ambito del progetto “L’ABC per la crescita: Artigianato, Bilateralità, Competitività”.
 
L’autrice parte innanzitutto dall’esame della  definizione degli  organismi paritetici (OP) presente nel D.Lgs. 81/2008, definizione che si ispira “a quella di enti bilaterali, con competenza in materia di mercato del lavoro, posta dal d.lgs. n. 276/2003”, rispetto ai quali gli OP vengono a rappresentare l’istanza specialistica sui temi della salute e sicurezza sul lavoro.
In particolare l’intervento affronta il tema dell’ individuazione degli organismi  paritetici che, agli effetti del d.lgs. 81/2008, sono solo quelli  costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. E dunque laddove le associazioni “non presentino la caratteristica della maggiore rappresentatività comparata”, valutata a livello nazionale, “l’eventuale OP non avrà la legittimazione necessaria per esercitare le prerogative che gli sono attribuite dalla legge”. E in mancanza di criteri legali di  verifica della rappresentatività, “pare che questa debba essere vagliata, come ha avuto modo di puntualizzare anche il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali con la  circolare 29 luglio 2011, n. 20, alla luce dei consolidati indicatori elaborati dalla giurisprudenza” e che “richiamano variamente la consistenza del numero degli iscritti, la diffusione sul territorio e nei diversi settori produttivi, lo svolgimento dell’attività di contrattazione collettiva con caratteri di effettività, continuità e sistematicità”.

Dopo aver messo in luce alcune criticità relative agli aspetti relativi all’individuazione degli OP, l’intervento mostra come il ruolo assegnato dalla normativa “sia qualificabile in termini collaborativi e promozionali, del resto coerentemente con la natura propria di tali organismi così come emersa nella prassi delle relazioni industriali italiane, rispetto alla cui tradizionale conflittualità essi si pongono infatti quali istanze di tipo partecipativo”. E si spiega in quest’ottica la scelta del D.Lgs. 81/2008 di abrogare l’art. 7 della legge delega n. 123/2007, “il quale aveva invece attribuito agli OP compiti simil-ispettivi”, investendoli di “un ruolo para-pubblico di ausilio all’autorità di vigilanza”.
 
Riguardo alle funzioni assegnate agli OP dalla normativa, l’intervento si sofferma in particolare sulla formazione e sull’asseverazione dei modelli di organizzazione e di gestione.
 
Riguardo alla formazione viene ad esempio riportato l’art. 37, comma 12 del D.Lgs. 81/2008 che indica che la formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
 
Come “affermato dalla maggior parte degli interpreti” sembra che “il coinvolgimento degli organismi in questione sia da intendersi come necessario, pur trattandosi di obbligo datoriale privo di sanzione”. Sempre che vi siano OP operanti nel settore in cui si svolge l’attività del datore di lavoro e “la loro presenza si riscontri nel territorio di riferimento, e non in differente contesto geografico”. In proposito le linee guida approvate dalla Conferenza Stato-Regioni il 25 luglio 2012 ritengono che detto territorio possa essere individuato nella Provincia, contesto nel quale usualmente operano gli organismi paritetici.
Inoltre la Nota alla Premessa dell’ Accordo del 21 dicembre 2011 indica che:

in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 37, comma 12, del D.Lgs n 81/08 i corsi di formazione per i lavoratori vanno realizzati previa richiesta di collaborazione agli enti bilaterali, quelli definiti all'articolo 2, comma 1. lettera h), dal D.Lgs. 10 settembre 2003,n. 276, a successive modifiche e integrazioni e agli organismi paritetici, cosi come definiti all' articolo 2, comma 1, lettera ее), del D Lgs 81/08, ove esistenti sia nel territorio che nel settore nel quale opera l'azienda. In mancanza, il datore di lavoro procede alla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione. Ove la richiesta riceva riscontro da parte dell'ente bilaterale о dell'organismo paritetico, delle relative indicazioni occorre tener conto nella pianificazione e realizzazione delle attività di formazione, anche ove tale realizzazione non sia affidata agli enti bilaterali о agli organismi paritetici. Ove la richiesta di cui al precederne periodo non riceva riscontro dall'ente bilaterale о dall'organismo paritetico entro quindici giorni dal suo invio, il datore di lavoro procede autonomamente alla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione.

L’intervento, al di là del giudizio positivo sulla definizione di una tempistica – per evitare che il datore di lavoro sia costretto “ad attendere sine die la risposta dell’organismo cui si è rivolto” – trae due conclusioni:
- “ il necessario coinvolgimento degli OP non si traduce nell’obbligo datoriale di affidare la formazione ad essi, né totalmente, né in parte, in linea, del resto, con la nuova previsione dell’art. 51, comma 3 bis, sopra ricordata, che, pur attribuendo agli stessi, come detto, un ruolo più operativo in materia, non ne fa esclusivi depositari delle competenze formative”;
- “ eventuali indicazioni da parte degli OP non assumono carattere di vincolatività per il datore di lavoro, visto che egli deve limitarsi a ‘tenerne conto’. Il che appare del tutto condivisibile, nella misura in cui è solo il datore a dover rispondere penalmente circa la sufficienza ed adeguatezza della formazione”.
 
Infine il documento si sofferma ampiamente sul tema dell’ asseverazione dei modelli di organizzazione e di gestione.
 
Dopo essersi soffermato sul significato del termine “asseverazione”, affronta la questione concernente “l’eventuale efficacia esimente della responsabilità penale della suddetta asseverazione in caso di infortunio" e “i contorni della responsabilità, civile e penale, del soggetto asseverante in caso di valutazione non corretta”.
 
Rimandando a una lettura integrale dell’intervento e delle argomentazioni, riportiamo brevemente alcune considerazioni.
 
Intanto Chiara Lazzari indica che “sarebbe stato probabilmente opportuno attribuire alla Commissione consultiva permanente, oltre al compito di elaborare procedure semplificate per l’adozione e l’efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di gestione nelle piccole e medie imprese (art. 30, comma 5 bis, d.lgs. n. 81/2008), anche quello di indicare criteri univoci” per l’attività di asseverazione, “magari ispirati agli standard internazionali già utilizzati per valutare l’idoneità dei sistemi di controllo dei modelli di gestione, così da ridurre tra l’altro il rischio di divergenze fra le valutazioni dei vari organismi [1]”.
E una soluzione del genere “si sarebbe collocata nel solco di una collaborazione fra OP e Commissione consultiva – e, più in generale, fra OP ed organismi pubblici preposti al sistema della prevenzione – che lo stesso legislatore del 2008-2009 mostra altrove di voler valorizzare”.
 
Invece è stata seguita una strada diversa, una strada “che lascia aperto, per l’appunto, l’essenziale problema delle competenze tecniche necessarie a svolgere la suddetta attività, come emerge palesemente dall’art. 51, comma 3 ter, d.lgs. n. 81/2008, laddove si richiede l’istituzione di specifiche commissioni paritetiche, tecnicamente competenti; problema che deve fare i conti, ancora una volta, con la mancanza di standard normativi di riferimento sulle conoscenze ed abilità specifiche richieste agli asseveratori, e di cui sono perfettamente consapevoli le stesse parti sociali”.
 
Infatti l’ Accordo interconfederale per l’Artigianato del 13 settembre 2011 ha tentato di offrire una soluzione attribuendo all’Opna (Organismo Paritetico Nazionale Artigianato), il compito di predisporre, in collaborazione con gli Opra (Organismi Paritetici Regionali Artigianato), criteri relativi alle ‘specifiche commissioni paritetiche, tecnicamente competenti’…nonché sulle procedure e sulle modalità per il rilascio delle attestazioni relative allo svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese.
 
Tale mancanza di standard di riferimento, conclude l’intervento, costituisce “una ragione di più per negare all’asseverazione – almeno allo stato attuale – ogni valenza esimente sia sul piano delle responsabilità individuali che su quello delle responsabilità collettive”.       
 
 
 
Olympus - Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, “ Gli organismi paritetici nel decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”, a cura di Chiara Lazzari (ricercatrice t.d. di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino “Carlo Bo”), in Working Paper di Olympus 21/2013 (formato PDF, 224 kB).


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