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"Accordo sulla prevenzione della tubercolosi negli operatori sanitari"

fonte www.puntosicuro.it / Salute

26/04/2013 - L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha indicato nella  tubercolosi (TB), già dal 1993, un  rischio riemergente. Ogni anno infatti si registrano nel mondo più di 9 milioni di nuovi casi e 2 milioni di decessi: si stima che circa un terzo della popolazione mondiale ospiti il Micobatterio tubercolare allo stato di latenza (ITBL).
E nei 53 Paesi della Regione Europea sono stati segnalati, nel 2010, poco più di 300.000 nuovi casi di TBC, a fronte di 418.000 casi stimati, la maggior parte dei quali dai 18 Paesi, cosiddetti “ad alta priorità”, localizzati nell’area orientale e centrale della Regione.
 
In considerazione di questi dati sono stati recentemente approvati, in sede di Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, alcuni documenti che si inseriscono nell’ambito della  lotta alla tubercolosi.
In particolare il  7 febbraio 2013 è stato approvato l’ Accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante «Prevenzione della tubercolosi negli operatori sanitari e soggetti ad essi equiparati».
 
Un documento il cui obiettivo è quello di fornire precise indicazioni in merito alle misure di prevenzione e controllo della TBC da adottarsi nei confronti di  operatori sanitari - e dei soggetti equiparati - esposti ad un maggior rischio di contrarre l’infezione per l’attività svolta.

A questo proposito il documento “ Prevenzione della tubercolosi negli operatori sanitari e soggetti ad essi equiparati” segnala che se l’Italia (con incidenza di TB negli ultimi anni inferiore a 10 casi di malattia/100.000 abitanti) è una paese a “bassa incidenza”, pur tuttavia tra i soggetti più a rischio di contrarre la tubercolosi figurano gli operatori sanitari.
 
Infatti in ambiente sanitario “l’ esposizione ad agenti biologici rappresenta, di fatto, uno dei principali fattori di rischio occupazionale presente”. E gli operatori sanitari “vengono spesso a contatto, nello svolgimento della loro attività, sia con soggetti affetti da malattie causate da agenti patogeni trasmissibili che con materiali potenzialmente contaminati”.
Non dimenticando che un operatore sanitario può contrarre una malattia contagiosa anche al di fuori del luogo di lavoro, si sottolinea che “una valutazione delle condizioni di salute degli operatori sanitari e dei soggetti ad essi equiparati risulta particolarmente importante ai fini dell’individuazione e della realizzazione delle più efficaci strategie di prevenzione e controllo, compresa la corretta applicazione delle misure di profilassi”.
 
In particolare la valutazione del rischio, parte del Documento di valutazione dei rischi, deve essere svolta a più livelli:
- “ a livello di area (p.es. Presidio Ospedaliero). A questo livello sono in genere da riferire criteri quali: incidenza della TB nel bacino di utenza; adeguatezza generale degli impianti di aerazione al contenimento del rischio; presenza di adeguato numero di stanze di isolamento; criteri di accettazione; posti letto disponibili;
- a livello di struttura (entro area): dedicata o no al trattamento di malati di TB; dove si svolgono attività a rischio (aerosolterapia , broncoscopia , etc.);
- a livello di singolo operatore: probabilità di contatto col malato potenzialmente contagioso  mansione specifica (personale amministrativo, medico, infermieristico, etc...); condizioni personali (stato immunologico, gravidanza, fattori di rischio o appartenenza a gruppi a rischio, etc..)”.
Il documento di valutazione dei rischi deve poi contenere “analisi di eventuali carenze strutturali, edilizie o di organizzazione del lavoro che impediscano o rendano difficoltosa l’adozione di misure di contenimento del rischio ove previste”.
Vi rimandiamo al documento approvato in relazione alle classificazione delle strutture in base al rischio e alla classificazione individuale del rischio ai fini della sorveglianza sanitaria.
 
Riguardo alle misure di controllo della trasmissione vengono presentate alcune misure generali per tutte le patologie aerodiffuse.
Inoltre si indica che ogni istituzione sanitaria che si trovi a fornire assistenza sanitaria a pazienti con TB sospetta o accertata dovrebbe sviluppare politiche scritte che specifichino:
- le indicazioni per l’attuazione dell’isolamento respiratorio;
- le persone preposte a porre le indicazioni per l’inizio e la sospensione dell’isolamento respiratorio;
- le specifiche precauzioni previste dall’isolamento respiratorio;
- le eventuali procedure di trasferimento per i pazienti che non sia possibile isolare presso l’istituzione stessa;
- le procedure da attuarsi per i pazienti che non si attengano alle indicazioni dell’isolamento respiratorio;
- i criteri per la sospensione dell’isolamento respiratorio;
 
Vengono poi riportate le misure di triage (i sistemi di triage “sono volti ad identificare pazienti con malattie trasmissibili per via aerea, accertate o sospette, che richiedano precauzioni per via aerea”), le misure di isolamento e alcune indicazioni sui dispositivi di protezione individuale (DPI).
 
L’ uso dei DPI rientra nelle:
- “ Precauzioni Standard, pratiche di prevenzione delle infezioni che si applicano a tutti i pazienti in qualunque ambito di una struttura sanitaria, indipendentemente dal tipo di paziente e dal sospetto o dalla conferma di uno stato infettivo, ma in dipendenza delle manovre da eseguire. Le Precauzioni Standard includono l’igiene delle mani e l’ utilizzo di DPI, quali guanti, sovracamici, mascherina chirurgica, schermo facciale, maschere filtranti, che vanno indossati differentemente in base al tipo di esposizione e di rischio previsto, secondo il principio che liquidi biologici (sangue, altri materiali contaminati da sangue, secrezioni), lesioni cutanee e mucose possono contenere agenti infettivi trasmissibili; 
- Precauzioni Aggiuntive, che devono essere messe in atto in presenza di casi sospetti o diagnosticati di patologie che richiedano specifiche precauzioni da trasmissione respiratoria o da contatto”.
 
Riguardo ai DPI si fa particolare riferimento alle maschere filtranti.
 
Si ricorda ad esempio che i DPI per la protezione delle vie respiratorie sono dispositivi di terza categoria (CAT. III). E riguardo ai filtranti facciali antipolvere, “la garanzia che soddisfino i requisiti essenziali di salute e sicurezza e la conseguente certificazione CE sono determinati facendo ricorso alla norma tecnica EN 149:2001, che prevede tre differenti classi di protezione ad efficienza filtrante crescente (da P1 a P3)”. In particolare il DPI scelto deve corrispondere a criteri di efficienza protettiva e di confort: per l’assistenza a pazienti in isolamento è sufficiente l’utilizzo di facciali filtranti FFP2 (anche con valvola espiratoria). L’utilizzo di facciali filtranti di livello di protezione superiore (FFP3 – 99% filtraggio) deve essere considerato in situazioni di rischio elevato ad esempio nell’assistenza a pazienti con TB - MDR (in particolare ove questa avvenga in locali non dotati di un alto numero di ricambi d’aria) o durante manovre che inducano la tosse in pazienti con TB contagiosa sospetta o accertata”.
 
Il documento, dopo aver riportato le procedure per ridurre la probabilità di trasmissione della TB ai pazienti da parte di visitatori e operatori, si sofferma ampiamente sulla sorveglianza sanitaria con particolare riferimento a:
- sorveglianza dell’infezione tubercolare latente;
- sorveglianza sanitaria negli studenti esposti a rischio biologico.
 
Infine il documento si sofferma sulla vaccinazione, ricordando che la necessità o meno di vaccinazione antitubercolare discende da una specifica valutazione del rischio, così come previsto dal D.lgs. 81/2008.
Da questo punto di vista viene presentato il quadro normativo, la sua evoluzione e il raffronto tra il regolamento di cui al DPR 465/2001 e il D.Lgs. 81/2008.
 
Il documento approvato si conclude con alcune indicazioni relative alla terapia della ITBL e alla necessaria formazione e informazione per tutti gli operatori sanitari sul rischio, sulle misure di prevenzione tecnica e individuale, sulle misure di isolamento.
In particolare la formazione frontale e/o FAD deve “essere estesa a tutti i lavoratori intesi nell’accezione dell’art 2 del D.lgs. 81/08 (compresi gli studenti, i tirocinanti ed i volontari), con particolare cura per i neoassunti, e deve essere reiterata nel tempo (formazione continua)”.
 
 
 

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