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"La formazione per i lavoratori di giovane età e per gli apprendisti"
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
27/05/2013 -
Il dovere di sicurezza a carico del datore di lavoro a norma
dell’art. 2087 del codice civile assume una particolare importanza nei
confronti dei lavoratori di giovane età e
professionalmente inesperti esaltandosi in presenza di apprendisti nei
cui confronti la legge pone precisi obblighi di formazione e di
addestramento in materia di salute e di sicurezza sul lavoro senza che
in contrario possa assumere rilievo l’imprudenza dell’infortunato nel
prendere una iniziativa di collaborazione nel cui ambito l’infortunio si
sia verificato. E’ quanto emerge da questa sentenza della Corte di
Cassazione Sezione Lavoro che ha rigettato il ricorso avanzato da una
società la quale aveva sostenuto nello stesso che la responsabilità del
datore di lavoroper
la mancata adozione delle misure di sicurezza è esclusa in caso di dolo
o di rischio elettivo dell’infortunato ovvero quando sono presenti
nella sua condotta i caratteri della abnormità e della assoluta
imprevedibilità.
L’evento infortunistico e l’iter giudiziario.
La Corte di Appello, in riforma di una sentenza di primo
grado che aveva respinto la domanda di regresso proposta dall'Inail nei
confronti di una società a seguito dell'infortunio sul lavoro subito da un
dipendente della stessa, l’ha condannata invece al pagamento a favore
dell'Istituto della somma di euro 80.750,31 quale costo dell'infortunio
indennizzato dall'Istituto. La Corte territoriale ha messo in evidenza che, in
tema di azione di regresso, la responsabilità del datore di lavoro per la
mancata adozione delle misure di sicurezza è esclusa nel caso di dolo o di
rischio elettivo dell'infortunato ovvero quando sono presenti nella condotta
del medesimo i caratteri della abnormità e della assoluta imprevedibilità,
mentre l'eventuale concorso di colpa del lavoratore, dovuta a negligenza,
imprudenza o imperizia, non assume alcun valore esimente per l'imprenditore.
Nel caso particolare la Corte di Appello non aveva
individuata nella condotta del lavoratore, infortunatosi per aver ricevuto una scheggia in un occhio nel mentre piegava
un tondino di ferro, un comportamento abnorme o imprevedibile. Inoltre, pur
essendo stato accertato che il datore di lavoro aveva messo a disposizione del
lavoratore gli occhiali
protettivi, non era risultato che il capo officina o altri avessero
vigilato e preteso che tali occhiali venissero indossati. Tutto ciò ha
comportata la responsabilità del datore di lavoro, considerato altresì che il
lavoratore era stato assunto da poco tempo, che era giovanissimo ed inesperto
e, quale apprendista, avrebbe dovuto essere informato dei rischi che correva e
delle cautele da adottare nell'esecuzione del lavoro in questione.
Il
ricorso in Cassazione e le motivazioni.
La società ha proposto
ricorso in cassazione avverso la sentenza di condanna della Corte
di Appello sostenendo che la stessa da un lato ha ritenuto il datore di lavoro
responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore per avere omesso di provare
di avere fatto tutto il possibile per evitare l'evento mentre dall'altro ha
affermato, sulla scorta della prova testimoniale, che gli occhiali
protettivi si trovavano nel luogo di lavoro, che il loro uso era
obbligatorio per disposizione dell'imprenditore, che il capo officina aveva
addestrato il lavoratore per l'esecuzione del lavoro cui era stato addetto,
consistente nel piegare tondini di ferro lunghi 10-12 cm. con un martello dopo
averli bloccati con una morsa, e che tale lavoro era di facile esecuzione e non
comportava rischi. Tali elementi, secondo il ricorrente, dimostravano che il
datore di lavoro, contrariamente a quanto affermato dal giudice d'appello,
aveva assolto all'onere probatorio posto a suo carico, e cioè di avere adottato
tutte le precauzioni atte a scongiurare l'evento e che non era necessario l'uso
degli occhiali protettivi, che pure erano presenti in officina, trattandosi di
lavoro che non comportava produzione di schegge. Nella sentenza impugnata,
inoltre, era stato escluso il rischio elettivo da parte del dipendente mentre,
viceversa, il lavoratore aveva tenuto un comportamento
anomalo e imprevedibile utilizzando per piegare il ferro non
già la morsa bensì l'incudine, lavoro questo al quale non era stato adibito.
Le
decisioni della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione ha
rigettato il ricorso non avendolo ritenuto fondato. “
È principio consolidato di questa Corte”,
ha sostenuto la Sezione Lavoro, “
che le
norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad
impedire l'insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il
lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche
da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con
la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio
occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure
protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto
effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun
effetto esimente, per l'imprenditore, all'eventuale
concorso di colpa del lavoratore
, la cui condotta può comportare,
invece, l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo
quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza,
necessariamente riferiti al procedimento lavorativo ‘tipico’ ed alle direttive ricevute,
così da porsi come causa esclusiva dell'evento”.
“
È altresì pacifico”,
ha proseguito la suprema Corte, “
che il
dovere di sicurezza a carico del datore di lavoro a norma dell'articolo 2087
cod. civ., si atteggia in maniera particolarmente intensa
nei confronti dei lavoratori di giovane età e professionalmente
inesperti, esaltandosi in presenza di apprendisti nei cui confronti la
legge pone precisi obblighi di formazione e addestramento, senza che in
contrario possa assumere rilievo l'imprudenza dell'infortunato nell'assumere
un'iniziativa di collaborazione nel cui ambito l'infortunio si sia verificato”.
Correttamente quindi la Corte di Appello aveva ritenuto che l'infortunio si
fosse verificato a seguito di una condotta non certo imprevedibile e abnorme
del lavoratore, consistita nel piegare i tondini di ferro utilizzando
l'incudine ed un martello anziché la morsa.
La suprema Corte ha ribadito infine che nel caso particolare la
responsabilità del datore di lavoro era stata fatta discendere dalla violazione
dell'articolo 2087 c.c., secondo cui l'imprenditore è tenuto ad adottare
nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro,
l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la
personalità morale dei prestatori di lavoro, nonché dalla violazione del
generale obbligo di vigilanza ed in particolare dalla specifica violazione
dell’articolo 4, lettera c), del D.P.R. n. 547 del 1955 in base al quale il
datore di lavoro deve disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le
norme di sicurezza ed usino i mezzi di
protezione messi a loro disposizione.
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