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"Gli ambienti di lavoro e la regolazione dei fattori microclimatici"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
24/06/2013 - Spesso nelle aziende non si attribuisce la giusta importanza al
microclima dell’ambiente lavorativo e non ci si rende conto che un microclima non adeguato non
solo può compromettere la sicurezza e la salute dei lavoratori, ma può
creare sensazioni di disagio e diminuire la produttività. Ad esempio
durante le stagioni estive, laddove l’eccesso di umidità e di calore non
sono corretti da un’adeguata climatizzazione.
Per parlare di
rischi microclimatici riprendiamo il contenuto di una pubblicazione, già presentata da PuntoSicuro, elaborata dall’ Ente Bilaterale Nazionale del Turismo (EBNT): il “ Vademecum della sicurezza. Manuale per la informazione e la formazione degli operatori del settore Turismo”.
Nel Vademecum
alcune
schede sono dedicate
all’ambiente di lavoro e al microclima.
I
luoghi di lavoro – definiti nel D.Lgs.
81/2008 come
luoghi destinati a ospitare
posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva,
nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva
accessibile dal lavoratore nell’ambito del proprio lavoro - devono essere
conformi ai requisiti indicati nell’allegato IV del D.Lgs. 81/2008.
Riprendiamo alcune
delle
indicazioni riportate sulla
scheda:
- “i locali chiusi
destinati o da destinarsi al lavoro hanno dei requisiti minimi di altezza,
cubatura e superficie, stabiliti dai regolamenti comunali. Nelle situazioni in
cui i limiti di altezza non possono essere rispettati, è compito dell’autorità
di controllo competente per territorio consentire altezze minime inferiori e
prescrivere adeguati mezzi di ventilazione o rilasciare deroghe”;
- “i locali devono:
essere ben difesi dagli agenti atmosferici e provvisti di un sufficiente
isolamento termico; essere ben asciutti e difesi dall’umidità; avere aperture
sufficienti per un rapido ricambio d’aria, con pavimenti e pareti pulite e
facilmente sanificabili;
- i pavimenti
devono essere stabili, impermeabili, antisdrucciolevoli, senza inciampi o
avvallamenti. Se si lavora nel bagnato, nel caso in cui ai lavoratori non siano
state fornite calzature impermeabili, la pavimentazione deve essere dotata di
palchetti o graticolati;
- le pareti dei
locali devono essere preferibilmente tinteggiate di chiaro. Occorre segnalare le pareti vetrate, le quali devono
essere costruite con materiali di sicurezza, sicché, nel caso si rompano, non
feriscano i lavoratori”;
- “se particolari
esigenze tecniche lo esigono, si deve provvedere a disporre adeguati sistemi di
aerazione, di illuminazione e di protezione contro l’umidità;
- nei luoghi di
lavoro chiusi è necessario che vi sia aria salubre in quantità sufficiente. Se
è in uso un impianto di aerazione in zone a rischio (per esempio in cucine,
toilette e zone fumatori), deve essere sempre tenuto in funzione e deve avere
un sistema di allarme per la segnalazione di eventuali guasti. In caso ci sia
un impianto di condizionamento d’aria, di climatizzazione o di ventilazione i
lavoratori non devono essere esposti a correnti d’aria fastidiosa, né a livelli
di rumore eccessivi e dannosi. Per tutelare la salute dei lavoratori, tutti gli
impianti devono essere sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e
sanificazione periodici”;
- i locali devono
avere sufficiente luce naturale o
artificiale,
in modo da assicurare sufficiente visibilità: infatti l’illuminazione deve
essere tale da salvaguardare non solo la salute e la sicurezza, ma anche il
benessere. Quando le lavorazioni sono tali che un eventuale guasto all’impianto
di illuminazione potrebbe rappresentare un rischio per i lavoratori, si deve
disporre di un’illuminazione di sicurezza di intensità adeguata”;
- “il microclima dei
locali chiusi
deve essere commisurato al tipo di lavoro, agli sforzi fisici richiesti al
lavoratore, al grado di umidità e ai movimenti d’aria. Si devono adottare
misure tecniche localizzate e mezzi di protezione individuali, in caso non
fosse possibile assicurare temperature adeguate in tutto l’ambiente”.
Ricordando che il
vademecum si sofferma anche sulle uscite di emergenza e sull’importanza
dell’igiene nell’ambiente di lavoro, esaminiamo più da vicino i
fattori microclimatici.
La scheda ricorda
che la
temperatura media interna del nostro
corpo, intorno ai 37 °C, “indica la condizione alla quale devono trovarsi,
per svolgere le reazioni necessarie alla vita, le nostre cellule, che sono
sensibili anche alle più piccole variazioni di temperatura”.
Questo dimostra
l’importanza “di quello che viene chiamato il microclima, cioè il clima -
temperatura, umidità e ventilazione - presente sul posto di lavoro”: se c’è
equilibrio fra produzione e dispersione di calore, “la temperatura del nostro
corpo sarà relativamente costante, con bassissime oscillazioni. Al contrario,
se questo equilibrio viene turbato attraverso accumulo o dispersione di calore,
la temperatura media del corpo aumenta o diminuisce, con conseguenze
potenzialmente gravi sul benessere e sulla salute”.
I
fattori che qualificano il microclima
sono:
- la
temperatura (si misura in gradi
centigradi: °C);
- l’
umidità relativa (UR %: quantità di
vapore acqueo presente nell’ambiente, che aumenta con l’aumentare della
temperatura);
- l’
irraggiamento termico (quantità di
calore che si trasmette da corpo a corpo per mezzo di onde elettromagnetiche);
- la
velocità dell’aria (favorisce il
raffreddamento del corpo).
Quando in un
ambiente c’è troppa
umidità “la tolleranza al calore diventa
estremamente limitata perché l’organismo non riesce a disperdere il calore
assorbito: non riesce, tanto per intenderci, a sudare quanto il caldo
richiederebbe, e quindi ad abbassare la temperatura grazie all’evaporazione.
Diciamo che il livello ottimale di umidità per il nostro organismo si trova tra
valori pari al 40 e il 60% e ad una temperatura fra i 19 e i 24°”.
E dunque negli
ambienti lavorativi in cui “una grande umidità è condizione essenziale per le
lavorazioni, essa va eliminata attraverso cappe che la convoglino verso
l’esterno, possibilmente isolando con pareti le fonti di eccessiva umidità. Ma
c’è anche un’umidità sicuramente eliminabile, che è quella dei locali, delle
pareti, del suolo (infiltrazioni di acqua piovana,
cattiva manutenzione
e via di seguito) e quella dovuta al sovraffollamento: gli effetti negativi si
vedranno a lunga scadenza ma non mancheranno, sotto forma di sindromi
artrosiche, inabilità temporanee o permanenti, allergie, infezioni”.
Sicuramente ha un
ruolo importante anche il
tipo di
abbigliamento indossato, sia che si tratti degli “indumenti obbligatori o
consigliati da utilizzare in funzione del lavoro che si svolge o dell’abituale
e personale rapporto con l’abbigliamento”.
Quanto al
calore non solo è importante che esso
sia contenuto entro i limiti di temperatura dell’aria indicati. “Si dovrebbe
infatti badare anche alle differenze verticali oltre che a quelle orizzontali
della temperatura, perché i piedi dovrebbero stare più al caldo della testa: un
fattore di non poco conto per rendere confortevole il lavoro d’ufficio. È anche
per questo motivo che i locali di lavoro dovrebbero avere circa 3 metri di
altezza (sono sconsigliabili i locali troppo alti o troppo bassi)”.
È molto importante
anche il
ricambio dell’aria: “l’aria
confinata subisce alterazioni di ordine fisico, chimico e biologico dovute sia
al tipo di lavorazioni sia alla biologia dell’organismo umano. Si accumuleranno
così nell’ambiente da una parte polveri, gas, fumi, microrganismi, sostanze
organiche volatili, e dall’altra odori sgradevoli, residui organici (forfora,
peli) e vere e proprie tossine biologiche e veleni chimici”.
Ognuno di noi
“consuma circa 250-300 millilitri di ossigeno all’ora per ogni chilogrammo di
peso corporeo, ed elimina altrettanto volume di anidride carbonica, oltre a
30-40 grammi di vapor acqueo: è bene quindi che i locali di lavoro dispongano
per ogni persona di almeno 10 mc (m3, ndr) di aria respirabile e
rinnovata”.
In particolare i
ricambi d’aria “dovrebbero avvenire almeno una volta ogni ora, e con maggior
frequenza - fino a 15 volte all’ora - se c’è emissione di fumi e vapori” (ad
esempio, in relazione al settore del Turismo – in nightclub, discoteche, sale
fumatori, cucine e ristoranti, soprattutto dove si fanno delle fritture o si
cuociono cibi alla piastra o in forni a legna) o produzione di polvere (ad
esempio quando si fanno le pulizie di fondo, quando si rifanno i letti, quando
c’è movimento di folla, ecc.).
Una conquista per
la salubrità ambientale sono infine il
condizionamento
e, meglio ancora, la
climatizzazione:
“se realizzati al meglio della tecnologia disponibile ottimizzano tutti i
fattori microclimatici (temperatura, umidità, movimento e purezza dell’aria)
dando vita ad ambienti con temperatura fra i 22° e i 23°, umidità relativa tra
il 40% e il 60%, velocità dell’aria di circa 0,30 metri al secondo ed un
abbattimento degli inquinanti nella misura di almeno il 70% in volume”.
Concludiamo
ricordando che riguardo al microclima e alla salubrità degli ambienti di lavoro nel
settore turistico gli ambienti più
critici sono discoteche e sale da ballo, cucine e zone lavaggio, bar, ristoranti,
sale per conferenze, zone di preparazione delle derrate, piccoli uffici e
locali di servizio.
Ente Bilaterale
Nazionale del Turismo, “ Vademecum
della sicurezza. Manuale per la informazione e la formazione degli operatori
del settore Turismo”,
documento aggiornato a cura di A.G.S.G. s.r.l., l’autore dell’aggiornamento è
l’Ing. Carmine Moretti con la collaborazione di Parmenio Stroppa e Sara Vasta
(formato PDF, 2.09 MB).
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