News
"Imparare dagli errori: infortuni e incidenti mortali nelle vasche"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
11/07/2013 - Una ricerca dell’Inail/ex Ispesl ha mostrato come tra il 2005 e il 2010 in alcuni ambienti confinati come le
vasche siano avvenuti 7 incidenti che hanno provocato 14 decessi.
La seconda tappa di “Imparare dagli errori” attraverso i racconti,
le dinamiche di incidenti e le misure di prevenzione relative agli
ambienti confinati, non poteva dunque non passare attraverso l’analisi degli infortuni avvenuti in questa tipologia di ambiente di lavoro.
Nelle diverse tipologie di vasche non avvengono, come vedremo, solo
infortuni che hanno a che fare con i pericoli correlati
all’inquinamento, ma anche più “semplicemente” alle cadute dall’alto.
A parte il primo, gli incidenti presentati sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
I
casi
Il
primo caso è tratto dall’intervento di
Adriano Paolo Bacchetta, dal titolo “ DPR 177/2011 e
criticità operative”,
al seminario “Attuazione del DPR 177/2011: lavoro in ambienti sospetti di inquinamento
o confinati. Prime esperienze tra buone prassi e criticità”. E fa riferimento
ad un
incidente in Francia (1960)
riportato nel documento "Il pericolo di incidenti nelle attività
galvanotecniche – Scenari incidentali".
L’incidente è
avvenuto “all’interno di una
piccola
vasca per la ramatura di oggetti di alluminio, profonda 1,2 m, larga 1 m e
lunga 2 m, completamente vuota, che in precedenza aveva contenuto un bagno con
la seguente composizione: 72 g/l di KCN, 45 g/l di CuCN e 15 g/l di KOH. Purtroppo
in un angolo sul fondo si era raccolto circa 1 litro di soluzione che non era
stato possibile drenare e le pareti erano ricoperte con un sottile strato di
cristalli insolubili. Un operatore è incaricato di rimuovere queste
incrostazioni con una spugna e un secchiello di acido solforico diluito al 15%:
per compiere l’operazione, l’uomo entra nella vasca, nella quale è ritrovato
dai colleghi senza vita, dopo circa una decina di minuti”.
L’infortunio è
stato causato “dalla miscelazione intenzionale tra un acido e una quantità
residua di cianuri. Un rapido calcolo permette di verificare come siano
sufficienti semplici tracce di cianuri a originare un’atmosfera mortale
all’interno di una vasca vuota e a trasformarla in una vera e propria ‘camera a
gas’. Nel caso in esame infatti, il volume di aria nella vasca vuota è di soli
2,4 m³, trascurando quello dell’uomo che lavora al suo interno, che lo riduce
ulteriormente. Poiché 250 mg/m³ rappresentano la concentrazione mortale, per
2,4 m³ sono sufficienti 600 mg di HCN, quantità che può liberarsi in circa 5
minuti”.
Il
secondo caso è relativo ad attività in
un
bunker per le prove criogeniche
che si trova in un’area confinata di uno stabilimento.
Il bunker è
“costituito da una grossa buca delle dimensioni di circa 4,05x4,05 m e 4,10 m
di profondità. La buca per le prove viene utilizzata come contenitore per le
‘vasche’ nelle quali è inserita la valvola da provare a bassa temperatura. La
vasca è costituita da una struttura in cemento fasciata da una gabbia metallica
ed ha un foro sul fondo, dotato di valvola, per svuotarla”.
Nel bunker si deve
effettuare una “prova di tenuta, a bassa temperatura, circa –200 °C, con gas in
pressione di una valvola prodotta dalla ditta. La valvola da provare era stata
predisposta in mattinata dall’infortunato con altri colleghi e si era aperta la
valvola che immette azoto liquido nella vasca. Gli addetti si erano allontanati
dall’area bunker in quanto erano necessarie alcune ore perché la vasca si
riempisse di azoto e quindi si potesse eseguire la prova”. Terminata la pausa
pranzo una collega “prova a contattare l’infortunato telefonicamente ma questi
non risponde; cominciano le ricerche dell’infortunato che viene ritrovato, dopo
quasi due ore di ricerche, ‘ghiacciato’ sul fondo della buca dell’area bunker.
Il foro presente sul fondo della vasca è stato trovato aperto consentendo
all’azoto liquido immesso nella vasca di uscire e riversarsi nella buca del
bunker dove l’infortunato è stato ritrovato. L’azoto liquido in alta
concentrazione può causare asfissia, i sintomi possono includere perdita di
mobilità e/o conoscenza. Le vittime possono non rendersi conto dell’asfissia, e
la concentrazione
dell’azoto
all’interno della buca era molto probabilmente elevata. L’infortunato,
verosimilmente, si era calato nella buca attraverso una apertura minima perché
probabilmente si era accorto o ricordato che il foro di scarico della vasca era
aperto e faceva fuoriuscire l’azoto nella buca del bunker e quindi voleva porre
rimedio a questa situazione. L’infortunato ricopriva l’incarico di supervisore
dei collaudi speciali ed era stato informato sulle procedure per l’accesso a
tali zone”.
Il
terzo caso è relativo ad un incidente
in una
vasca di liquami.
Un lavoratore deve
accompagnare i bovini nella sala mungitura e di seguito effettuare la pulizia
degli attrezzi e provvedere al riassetto delle stalle. Successivamente viene
ritrovato il secchio, che il lavoratore stava utilizzando, in prossimità di
un'apertura nel muretto di contenimento della vasca dei liquami. Il suo corpo, ormai privo di vita, viene estratto
dalla vasca dai Vigili del Fuoco. L’incidente avviene perché la vasca era priva
di parapetti.
Infine un
quarto caso relativo alla
vasca di sedimentazione dei fanghi di un
depuratore.
Durante
l'operazione di estrazione di un diffusore di ossigeno posto all'interno della
vasca di sedimentazione dei fanghi nel depuratore comunale, il dipendente sale
sul muretto a bordo vasca, perde l'equilibrio e cade da un'altezza di circa 4
metri. Muore per contusione agli organi addominali.
La
prevenzione
Sono molti gli
elementi di prevenzione, in parte già accennati, che potrebbero suggerire le
dinamiche riportate.
Ci soffermiamo oggi
su alcune indicazioni tratte dal “ Manuale illustrato
per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art.
3 comma 3 del dpr 177/2011”, documento approvato dalla Commissione consultiva
permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, relative ai
dispositivi di protezione individuale.
Il personale che
accede in ambiente sospetto di inquinamento o confinato deve essere provvisto
dei DPI idonei, secondo le valutazioni e le verifiche effettuate.
Ad esempio il
personale deve poter disporre all’occorrenza di dispositivi come:
- “maschere con
filtro o respiratori isolanti;
- elmetto per la
protezione della testa da caduta di materiale dall’alto o dall’urto con
oggetti;
- imbragatura di
sicurezza;
- protezione degli
occhi se si è esposti a sostanze pericolose, proiezione di schegge, ecc.,
- indumenti di
protezione”.
Secondo quanto
evidenziato dall’analisi dei rischi potranno essere necessari ulteriori DPI,
quali ad esempio i
dispositivi per la
protezione dalle cadute dall’alto (con riferimento a imbragature,
dispositivi di discesa, dispositivi di ancoraggio, sistemi di arresto
caduta,
...).
In particolare per
stabilire qual è il dispositivo più idoneo per la
protezione delle vie respiratorie è necessario:
- “identificare gli
agenti chimici contaminanti eventualmente presenti, il loro stato fisico
(polveri, fibre, nebbie, fumi, vapori, gas) e la concentrazione;
- stabilire la
concentrazione di ossigeno (O2).
Ciò è utile al fine
di stabilire se utilizzare
DPI
respiratori dipendenti (a filtro) o indipendenti dall’atmosfera ambiente
(isolanti):
-
DPI a filtro, dipendenti dall'atmosfera
ambiente, quando il tasso di O2 è superiore al 19,5% (facciali
filtranti; semimaschere, maschere intere); possono essere usati al posto degli
autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione dei gas o
vapori nocivi o asfissianti, offrano garanzia di sicurezza e sia assicurata una
efficace e continua aerazione;
-
DPI isolanti (respiratori alimentati ad
aria o autorespiratori), indipendenti dall'atmosfera ambiente, nel caso che il
tasso di O2 risulti inferiore al 19,5%. Il principio di
funzionamento si basa sulla fornitura di aria respirabile prelevata da “zone
pulite” oppure da bombole o fonti esterne quali reti di aria compressa. Proteggono
sia da carenza d’ossigeno che da elevate concentrazioni di contaminanti”.
Il manuale
sottolinea poi che
se l’ambiente è
sospetto di inquinamento “è necessario un monitoraggio in continuo della
qualità dell’aria”.
Per un uso corretto
dei DPI per la protezione delle vie respiratorie riportiamo infine le seguenti
indicazioni:
-
durata dei filtri: “vanno utilizzati
filtri di tipo e classi appropriati; poiché possono facilmente andare incontro
a saturazione e non fornire più la giusta protezione, vanno regolarmente
sostituiti per garantire le prestazioni di protezione, secondo le istruzioni
del fabbricante”;
-
addestramento: “i DPI delle vie aeree sono di categoria
III, per cui i lavoratori devono essere addestrati all’uso corretto secondo le
vigenti disposizioni in materia di salute e sicurezza”;
-
pulizia e manutenzione: “ad eccezione
di quelli monouso, la manutenzione dei dispositivi deve essere eseguita da
persone competenti, secondo le istruzioni del fabbricante, e prevedere
ispezioni per l'individuazione dei difetti, eventuale sostituzione e controllo
delle prestazioni”.
Pagina introduttiva
del sito web di
INFOR.MO.:
nell’articolo abbiamo presentato le schede numero
2342,
2713 e
2543 (archivio incidenti 2002/2010).
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1336 volte.
Pubblicità