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"Il decreto "del fare" e la salute e sicurezza sul lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
23/07/2013 - Scriveva Nietzsche -vado a memoria- in uno dei suoi
folgoranti aforismi:
“Un
amico diceva di aver sentito un vecchio cinese affermare che quando gli stati
devono morire si danno molte leggi”.
Non sarebbe male
che i (diversi) legislatori/normatori avessero a mente questa lezione.
Non credo infatti
di essere l'unico a sentir montare insofferenza verso questa metastatizzazione
di norme. Condita, in più, da un susseguirsi poco coerente di “semplificazioni”
e condizioni interpretative che, a loro volta, sono destinate a conoscere
ulteriori “semplificazioni” e “interpretazioni”.
Emblematico -ma
solo perché ultimo-, e qui appena per gli aspetti relativi a salute e sicurezza sul lavoro, il caso
del Decreto
legge n. 69 del 21 giugno 2013.
Tuttavia vale
considerare con equilibrio -seppur con la dovuta severità, laddove necessario-
il contenuto degli interventi semplificatori del DL n.69.
Il 21 giugno stato
pubblicato in Gazzetta Ufficiale -ed è entrato in vigore il giorno successivo-
il cosiddetto “ Decreto
del FARE” (DL 69/2013).
Emanato sotto forma
di decreto legge, esso assume da subito valore di legge ordinaria ma è condizionato
all'approvazione Parlamentare in legge entro 60 giorni.
Il DL n. 69 assume
il compito di intervenire normativamente, con carattere di urgenza e con
intenti di semplificazione, su una diversità di materie. Tra le quali anche
quella di salute e sicurezza sul lavoro.
A questo aspetto si
rivolge la nostra attenzione; cercando di evidenziare -sia pure, qui, solo come
traccia considerativa- le problematicità manifeste nel provvedimento
legislativo.
Gli
articoli del DL n. 69 che intervengono a modifica di norme relative a SSL sono
sostanzialmente il 32 e il 35.
L'art. 32
(Semplificazione di adempimenti formali in
materia di lavoro) avrebbe potuto meglio titolarsi:
…
in materia
di salute e sicurezza sul lavoro. Esso interviene sui seguenti articoli
del D.Lgs. 81/08:
Art.
26 (Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione)
Vengono
sostituiti i commi 3 e 3-bis.
Nel comma 3, viene
tolto l'obbligo in capo al datore di lavoro committente di elaborazione del DUVRI
(Documento unico di valutazione per i rischi da interferenze).
Obbligo sostituito
con l'individuazione, nei settori a basso rischio, di un
incaricato
del committente medesimo che sia in possesso di formazione, esperienza e
competenza professionali tipiche di un preposto, nonché di periodico
aggiornamento e di conoscenza diretta dell'ambiente di lavoro.
Suo compito sarà
quello di sovrintendere alla cooperazione e coordinamento con le imprese
appaltatrici e i lavoratori autonomi in materia di misure di prevenzione e protezione.
Cooperazione e coordinamento che il datore di lavoro committente è tenuto a
promuovere.
Dell'individuazione
dell'incaricato, o della sua sostituzione deve esser data immediata evidenza
nel contratto di appalto o di opera.
Si
richiama come la violazione dell'obbligo di elaborazione del DUVRI prevedesse
per il datore di lavoro (committente) la sanzione dell'arresto da due a quattro
mesi o l'ammenda da 1.500 a 6.000 euro. Ciò a testimoniare l'importanza
attribuita dal legislatore alla corretta valutazione dei rischi da interferenze
tra le diverse lavorazioni.
Criticità
:
- viene detto che
l'individuazione dell'incaricato va fatta
"limitatamente ai settori di
attività a basso rischio infortunistico, con riferimento all'attività del
datore di lavoro committente"; la qual cosa rappresenta o un
riferimento (assai) criptico, o un nonsenso. Poiché potrebbe ben darsi che
l'attività del datore di lavoro committente sia a rischio basso e invece quella
dell'impresa appaltatrice, o del lavoratore autonomo, a rischio rilevante. E
dunque rilevanti possano risultare i rischi da interferenze.
- nel silenzio del
Decreto legge -che neppure rimanda a una normazione specifica-, si deve
presumere che la necessaria formazione dell'incaricato debba essere quella
prevista come coerente dall'Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011. Cioè
quella obbligatoria per i lavoratori di 4 + 4 ore per il rischio basso, quella
particolare aggiuntiva per il preposto di 8 ore e l'aggiornamento quinquennale
per il preposto di 6 ore.
Un po' poco, per
garantire una efficace condizione sostitutiva di una corretta valutazione dei
rischi da interferenze. A meno di considerare che il compito venga affidato a
figure (già) adeguatamente formate e aggiornate: ad esempio RSPP o ASPP.
Nessuna indicazione
viene fornita rispetto alle
"esperienza e competenza professionali,
tipiche
(?)
di un preposto". Quanto alla
condizione della
"conoscenza diretta dell'ambiente di lavoro"
è da presumersi che essa, in qualche caso, vada acquisita e non possa darsi
quale condizione predeterminata.
Resta indeciso il
quadro delle responsabilità legali della figura del rappresentante (e per
conseguenza del Datore di lavoro), posto che esso non è soggetto della delega
di funzioni e non è preposto (ed è escluso che possa essere il Coordinatore per
l’esecuzione [1]). Lo
stesso art. 299 (Esercizio di fatto di poteri direttivi), a volerlo applicare,
potrebbe conoscere una distorsione “espansiva” dell'obbligo/dell’aggravio.
- la qualificazione
di attività a rischio basso -meglio, l'individuazione dei settori di attività a
basso rischio infortunistico- viene demandata a un successivo decreto del
Ministro del lavoro, da adottarsi previo semplice parere (
“sentita”)
della Commissione consultiva permanente e successiva intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni.
Tale individuazione
dovrà avvenire
"sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti
dagli
indici infortunistici di settore dell'INAIL". Che questi
indici costituiscano esaustivamente criteri e parametri oggettivi, è cosa da
discutere. Lo stesso criterio di attingere solo agli indici infortunistici
INAIL è cosa da discutere. È assente il benché minimo accenno alle malattie da
lavoro, dunque anche quelle correlate ai cosiddetti rischi emergenti.
Sarà peraltro di un
qualche interesse verificare come e quanto gli individuandi settori si
discosteranno dalle macrocategorie -e dalle corrispondenze ATECO- individuate
nell'Allegato 2 dell'Accordo sulla formazione dei lavoratori del 21 dicembre
2011.
Il nuovo comma
3-bissi limita sostanzialmente a correggere una grossolanità di stesura nel
suo predecessore. Laddove veniva affermato che l'obbligo di stesura del DUVRI
non dovesse applicarsi, tra altro,
"ai lavori o servizi la cui durata
non sia superiore ai due giorni". Col bel risultato che quei due
giorni avrebbero potuto vedere una moltitudine indefinita di lavoratori... interferenti.
Art. 29 (Modalità
di effettuazione della valutazione dei rischi)
Viene inserito il
comma 6-ter che prevede un decreto del Ministro del lavoro per l'individuazione
dei settori di attività a basso rischio infortunistico.
Tale decreto
recherà in allegato un modello che, in buona sostanza, riporterà in auge (“
possono
attestare”) l'autocertificazione per la valutazione dei rischi nelle
aziende che occupano fino a 50 lavoratori.
Ciò rappresenta un
incomprensibile e grave arretramento. Interpretabile soltanto come un cedimento
alle -assai poco lungimiranti- pressioni di forti lobby datoriali. Oppure siamo
alla sciocchezza pura. Specialmente dopo l'uscita delle (invero non troppo
semplici) "Procedure standardizzate": compito assegnato dal
legislatore alla Commissione consultiva permanente, e da questa risolto.
Viene lasciata
facoltà, alle aziende in questione, di utilizzare le procedure standardizzate. È
da presumere che non ci sarà la corsa ad utilizzarle.
Inoltre, una
stesura meno che attenta della norma potrebbe (ri)portarci sotto procedura di
infrazione da parte dell'autorità europea.
Art. 32 (Capacità e
requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di
prevenzione e protezione)
Viene inserito un
non straordinariamente pregnante -forse non del tutto inutile, ma forse neppure
pratico- comma 5-bis. Il quale contempla un riconoscimento di crediti formativi
per RSPP e ASPP, nel caso i succedentesi contenuti dei percorsi formativi si
sovrappongano,
in tutto o in parte.
Art. 37 (Formazione
dei lavoratori e dei loro rappresentanti)
idem: Viene
inserito un non straordinariamente pregnante comma 14-bis che contempla un
riconoscimento di crediti formativi. Se la norma non venisse ben definita, non
è da escludere che si manifesti una tendenza giustificativa delle
“sovrapposizioni”dei percorsi formativi. Ciò introduce un aspetto problematico, soprattutto, a mio avviso, in
relazione alla formazione/aggiornamento del RLS.
Entrambe
le norme, è da riconoscere, hanno una ratio positiva.
TITOLO III Uso
delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuali
Art. 71 (Obblighi
del datore di lavoro)
Vengono sostituiti
i commi 11 e 12.
Il comma 11,
relativo alle verifiche periodiche per determinate attrezzature di lavoro,
stabilisce che la prima di tali verifiche è effettuata dall'INAIL (è finalmente
tolto uno dei tanti ISPESL ancora disseminati nel D.Lgs. 81/08; ...e pensare
che basterebbe una formuletta inserita in una qualsiasi legge).
L'Agenzia regionale
per la protezione ambientale (ARPA) acquisisce anch'essa -dietro previsione di
legge regionale- la facoltà di effettuare le verifiche, insieme all'ASL e ai
soggetti pubblici o privati abilitati.
Rispetto alla
precedente formulazione:
“le successive verifiche sono effettuate dai
soggetti di cui al precedente periodo..”, scompare l'INAIL
(meglio: l'ex ISPESL, ora incorporato nell'INAIL) tra i soggetti deputati alle
verifiche successive alla prima.
Il comma 12, è
costituito dal secondo periodo del suo predecessore. Laddove veniva stabilito
che
"I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di incaricati
di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura pubblica titolare
della funzione"
TITOLO IV Cantieri
temporanei o mobili
Capo I Misure per
la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili
Al Capo I del Titolo IV
è aggiunto, in fine, l'art. 104-bis. Esso prevede che con decreto
interministeriale -sentite la Commissione Consultiva permanente e la Conferenza
Stato-Regioni- sono individuati Modelli semplificati del piano operativo di
sicurezza (POS), del piano di sicurezza e coordinamento (PSC) e del fascicolo
dell'opera.
Già sono stati
pubblicati alcuni modelli semplificati sperimentali, di buon interesse. Si
dovrà però considerare con grande attenzione che si va a intervenire su una
strumentazione preventiva e protettiva nel settore che conosce il più alto
tasso di infortunistica, spesso mortale. Oltre che di sottonotifica di malattie
professionali.
Nel periodo
aggiunto agli Artt.
225, 240, 250 e 277, pare manifestarsi un intento di
valorizzazione degli organismi paritetici, anche se non si capisce bene dove
sia la semplificazione/velocizzazione.
(Sono comunque
tolti, giustamente, gli enti bilaterali. In questo permanente balletto di
presenze-assenze).
Il periodo, recita:
"Tale comunicazione può essere effettuata in via telematica, anche per mezzo
degli organismi paritetici o delle organizzazioni sindacali dei datori di
lavoro."
Gli specifici commi
degli articoli richiamati, riferiscono tutti all'obbligo di comunicazione
“
senza
indugio” -o di notifica preliminare, nel caso di lavorazioni che espongano
ad amianto- all'organo di vigilanza territorialmente competente.
Precisamente.
–
art.
225, comma 8: comunicazione del superamento dei valori limite di esposizione a
sostanze pericolose,
–
art.
240, comma 3: comunicazione di eventi imprevedibili, o incidenti, che
comportino un'esposizione anomala ad agenti cancerogeni o mutageni;
–
art.
250, comma 1: notifica preliminare per lavori comportanti esposizione ad
amianto;
–
art.
277, comma 2: comunicazioni di incidenti che possono provocare la dispersione
nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4.
D.P.R. 30 giugno
1965 n. 1124 - Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
Viene abrogato
l'art. 54 e viene modificato l'art. 56.
L'art. 54 stabiliva
i termini per la denuncia all'autorità locale di pubblica sicurezza nel caso di
infortunio sul lavoro che avesse per conseguenza la morte o l'inabilità al
lavoro per più di tre giorni.
Il nuovo art. 56
toglie il dovere da parte dell'autorità di pubblica sicurezza che ha ricevuta
la denuncia, di inoltrarne copia al
pretore (testo
'65)/
alla
DPL (modifica introdotta dall' art. 236 del D.Lgs.
51/98) competente ai fini dell'inchiesta rispetto all'infortunio mortale
o comportante un'inabilità superiore ai 30 giorni. Adesso il primo comma è
sostituito dal seguente.
“Le
autorità di pubblica sicurezza, le aziende sanitarie locali, le autorità
portuali e consolari, le direzioni territoriali del lavoro e i corrispondenti
uffici della Regione Siciliana e delle provincie autonome di Trento e di
Bolzano competenti per territorio, acquisiscono dall'INAIL, mediante accesso
telematico, i dati relativi alle denunce di infortuni sul lavoro mortali e di
quelli con prognosi superiori a trenta giorni.”
Al secondo comma,
l'alinea [il primo periodo] è sostituito dal seguente:
“Nel
più breve tempo possibile, e in ogni caso entro quattro giorni dalla presa
visione, mediante accesso alla banca dati INAIL, dei dati relativi alle denunce
di infortuni di cui al primo comma, la
direzione territoriale del lavoro -
settore ispezione del lavoro
procede, su richiesta del lavoratore
infortunato, di un superstite o dell'INAIL, ad un'inchiesta al fine di accertare:
..” (il
precedente testo -come modificato dal D.Lgs. 51/98- concludeva così l'alinea:
"..,
la
direzione provinciale del lavoro – settore ispezione del lavoro
procede
ad un'inchiesta al fine di accertare: .." )
Non è chiarita,
anzitutto, la modalità -anche temporale- di acquisizione. La quale sembra
demandata alla “libera iniziativa” dell'autorità di pubblica sicurezza, delle
ASL etc. (
“acquisiscono”,
“
mediante accesso alla banca dati
INAIL”). Sulla base di quali informazioni? Entro quali termini? (anche se,
nella pratica, si andrebbe a protocolli tra gli Enti).
Comunque,
l'accertamento concerne:
1) la natura del
lavoro al quale era addetto l'infortunato;
2)
le
circostanze in cui è avvenuto l'infortunio e la causa e la natura di esso,
anche
in riferimento ad eventuali deficienze di misure di igiene e di prevenzione;
3)
l'identità
dell'infortunato e il luogo dove esso si trova;
4)
la
natura e l'entità delle lesioni;
5)
lo
stato dell'infortunato;
6)
la
retribuzione;
7)
in
caso di morte, le condizioni di famiglia dell'infortunato, i superstiti aventi
diritto a rendita e la residenza di questi ultimi.
Allora
ingiustificata appare la commistione di fatto tra (il pur abrogato) art. 54 e
l'art. 56 del DPR 1124/65 smi .
Sembrerebbe
che si porti nell'art. 56 lo scopo assicurativo (e statistico/monitoratorio)
che è proprio dell'art. 54. Ignorando che l'art. 56, e successivi, persegue
anche lo scopo di accertare
“eventuali deficienze di misure di igiene e
prevenzione”.
Persegue
dunque un fine penale [2] e deve perciò valere
-dandosi le condizioni- il principio della obbligatorietà dell'azione penale.
Mentre il nuovo comma 2 dell'art. 56 pone la discrezionalità dell'inchiesta (
“procede
su richiesta”) da parte della DTL-Sezione ispezione del lavoro [3].
Ciò
avviene, a mio parere, in conseguenza della equivoca ed errata commistione di
scopo tra art. 54 e art. 56. Anche se, per fortuna, nella pratica le cose vanno
diversamente (…ed è bene continuare a lasciarle funzionare così, senza
introdurre contorte semplificazioni).
Cinzia Frascheri
sottolinea inoltre, giustamente, l'esiziale postilla rappresentata dal nuovo
comma dopo il 4 (..4-bis?, .. 5?), secondo la quale
“Agli adempimenti di cui
al presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica”. Chi sia a conoscenza delle attuali risorse
umane, strumentali e finanziarie (e di specializzazione, e di tenuta sul
procedimento) presso le Procure, potrà farsi un'idea dell'efficacia di questa
norma.
Pare insomma
trattarsi di una norma che non presenta davvero i caratteri della limpidezza e
dell'efficacia e che meriterebbe una disanima approfondita, prima del passaggio
parlamentare.
L'art.
35
(Misure di semplificazione per le prestazioni di breve durata) interviene
a modifica dell'
art. 3 (Campo di applicazione ) del D.Lgs. 81/08,
aggiungendo, in fine, il comma 13-bis.
Tale
comma stabilisce che con decreto interministeriale -sentite la Commissione
consultiva permanente e la Conferenza Stato-Regioni-
"fermi restando
gli obblighi di cui agli art.
36 [Informazione dei lavoratori],
37[Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti] e
41
[Sorveglianza sanitaria]
sono definite misure di semplificazione degli
adempimenti relativi all''informazione, formazione e sorveglianza sanitaria
applicabili alle prestazioni che implicano una permanenza del lavoratore in
azienda per un periodo non superiore a cinquanta giornate lavorative nell'anno
solare di riferimento, al fine di tener conto, mediante idonee attestazioni,
degli obblighi assolti dallo stesso o da altri datori di lavoro durante l'anno
solare in corso."
Questo
utilizzo estenuato della sintassi, va tradotto così: si tratta, in relazione
alle suindicate prestazioni, di sgravare i datori di lavoro da una serie di
adempimenti.
Certo
in relazione alla formazione ci troviamo di fronte a un quadro paradossale, o a
una qualitas legislativa discutibile: si è posta una norma di legge, l'art. 37;
la quale ha rimandato a un accordo da stabilirsi in sede di Conferenza S-R;
rispetto al raggiunto accordo si è reso necessario un ulteriore accordo,
interpretativo; le regioni hanno poi posto loro interventi direttivi; in
seguito è intervenuta la disposizione interministeriale per la formazione dei
lavoratori stagionali in agricoltura, la cui prestazione non superi le 50
giornate lavorative annue; ora si attende un decreto di semplificazione per la
formazione dei lavoratori che non superino le 50 giornate lavorative annue.
Uno dei
timori addotti da questa modifica/aggiunta -la quale interviene su un ambito
distinto da quello della stagionalità- è che essa certamente non contribuirà a
dissuadere dall'utilizzo delle forme contrattuali "precarie". Inoltre
potrebbe porsi il problema -soprattutto con riguardo alla sorveglianza
sanitaria- della uniformità delle tutele.
V'è da
dire che si intuisce un criterio di ragionevolezza. Molto dipenderà dalla
stesura della norma.
Anche
in questo caso è da sperare che gli estensori tengano conto della particolare
vulnerabilità dei lavoratori di primo ingresso, ricordando, al proposito, la
casistica degli infortuni al primo/nei primi giorno/i di lavoro.
Speriamo
vengano evitate le incongruenze presenti nel disposto tra artt. 1 e 2 del
Decreto interministeriale di semplificazione del 27 marzo 2013. E che si tenga
conto che questi lavoratori -diversamente da quelli stagionali in agricoltura-
possono venire a trovarsi in condizioni lavorative ad alto rischio.
Come da
molte parti posto in evidenza, il testo del decreto legge avrà bisogno di un
serio intervento parlamentare (soprattutto in commissione) prima della sua
conversione in legge. Eppoi di un'accurata normazione, secondo delega.
A tale
ultimo proposito, va rilevato che la stessa CIIP (Consulta Interassociativa
Italiana per la Prevenzione), propositrice di propri emendamenti, incorre in un
errore (invece, da scongiurarsi).
Essa
-nelle sue prime proposte- mostra infatti grande considerazione per la
facoltà/qualità concorrente e di leale collaborazione in materia di SSL, col
continuo rimando alle intese in sede di Conferenza Stato-regioni. Ne mostra
assai meno per la qualità esaminativa e propositiva assegnata dal legislatore
primario, nel quadro tripartito, alla Commissione Consultiva Permanente.
Eppure
l'art. 6, comma 8, lett. a), non manca né di precisione né di cogenza quando
stabilisce che è compito della CCP
“esaminare i problemi della normativa di
salute e sicurezza sul lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il
perfezionamento della legislazione vigente”.
Da
parte dei diversi “propositori” -siano essi parti sociali, associazioni od
altro-, meglio sarebbe contemperare i due aspetti. Come peraltro ha fatto il DL
69; il quale però, per contro, abusa della limitativa modalità del “sentire” (
sentita
la CCP; sentita la CCP e la C.S-R).
NB:
Dalla originaria
stesura di queste note, sono intervenuti il Parere della Commissione X (
Lavoro)
della Camera (11 luglio) ed il Parere delle Commissioni I (
Costituzionale)
e V (
Bilancio) della Camera (17 luglio).
Il primo aveva
accolto parte di una serie di osservazioni e di critiche da più parti avanzate
(forse le maggiormente organiche quelle della CIIP).
Il secondo, ha
certo migliorato determinati contenuti del DL 69, relativi a SSL, ma non ha
accolto tutte le indicazioni della Commissione Lavoro. Mantenendo, peraltro,
alcune problematicità.
Segnalo, come del
parzialmente inutile, la previsione che permane nel novellato/sostituito comma
3 dell'art. 26, D.Lgs. 81/08. Laddove stabilisce che
“ In caso di redazione
del documento [il DUVRI]
esso è allegato al contratto di appalto o di
opera e deve essere adeguato in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e
forniture.”. Fin qui tutto bene, in quanto ripete i medesimi contenuti del
“vecchio” comma 3.
Di parziale
inutilità
e di possibile pericolosità è la prosecuzione:
“A tali dati
accedono il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli
organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente
più rappresentative a livello nazionale.”
Tale espressione,
letteralmente mutuata dall'ultimo periodo del comma 5 dell'art. 26, D.Lgs.
81/08, sembra non tener conto che quanto al RLS (o RLST o RLS di sito) ben due,
come ampiamente risaputo, sono le norme di legge che gli consentono di
acquisire
“tali dati”.
Precisamente:
l'art. 18 comma 1, lett. p), secondo il quale datore di lavoro e il dirigente
“devono”
consegnare
“tempestivamente” al RLS copia del DUVRI (sia pure “
su
richiesta”); e l'art. 50, comma 5, D.Lgs. 81/08, secondo il quale il RLS ha
diritto a ricevere copia del DUVRI( sia pure
“su richiesta”).
Decisamente
innovativa, invece, la previsione che al DVRI possano accedere anche le OO.SS.
territoriali.
Nel nuovo comma
3-bis), si abbassa da dieci a
cinque uomini-giorno la durata
presunta di
“lavori” che escludono l'obbligo di elaborazione del DUVRI
(obbligo in realtà già tolto dalla facoltà,
“nei settori di attività a basso
rischio di infortuni e malattie professionali”, di individuare
“un
proprio incaricato”).
Tuttavia il comma
1, lett. g), a sostituzione della lett. g-bis) nel comma 2 dell'art. 88, D.Lgs.
81/08, applica a questi lavori -sia pur
“piccoli” (ed anzi proprio perché
piccoli e non soggetti a rischi rilevanti)- il discrimine della durata presunta
“non superiore ai
dieci uomini-giorno.
...Forse a riprova
che il vero discrimine non sia rappresentato da dieci o meno di dieci
uomini-giorno.
Viene introdotta,
con la lett. a-bis), una modifica all'art. 6 (Commissione consultiva permanente
per la salute e la sicurezza sul lavoro) comma 8, lett. g), il quale recitava:
“La
Commissione consultiva permanente.. ha il compito di:
g)
definire criteri finalizzati alla definizione del sistema di
qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi...”
mentre ora recita:
“g)
discutere in ordine ai criteri finalizzati alla definizione... etc.”
Torno a sostenere
che la CCP non ha il compito di ritrovarsi a
“discutere”, bensì quello
preciso -illuminato anche dalla posizione gerarchica nell'elencazione dei
compiti di cui al comma 8-
“di esaminare i problemi applicativi della
normativa di salute e sicurezza e
formulare proposte per lo sviluppo e
il perfezionamento della legislazione vigente;”.
Perciò di
“definire
criteri” e individuare
“settori” (
“tenendo conto delle
indicazioni provenienti da organismi paritetici”) per la definizione di un
sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi. Secondo
quanto recitava il comma 1 dell'art. 27, anch'esso ora sostituito dalla lett.
a-ter).
Eppure nulla vieta
che dopo il lavoro della CCP intervenga l'intervento “formalizzatore” del
decreto del Presidente della Repubblica
“su proposta del Ministro del lavoro
e delle politiche sociali” (come previsto dalla nuova lett. a-bis),
acquisito il parere della Conferenza Stato-Regioni. Parte, quest'ultima, che
non risulta cassata; se non ad eccezione della determinazione temporale per
l'emanazione, abbondantissimamente scaduta.
Si corregge
opportunamente la modifica dell'art. 56 del DPR 1124/65, ponendo in capo
all'INAIL il compito di trasmettere agli Enti ed autorità competenti
“i dati
relativi alle denunce di infortuni sul lavoro mortali e di quelli con prognosi
superiore a trenta giorni”.
Rimane
non affrontato il problema della
obbligatorietà dell'inchiesta da
parte della Direzione Territoriale del Lavoro.
Dipartimento Salute Sicurezza Ambiente
Camera del lavoro di Brescia
[1] È vero, verissimo, come afferma Rolando Dubini,
che le figure dell'incaricato e del CSE sono concettualmente coincidenti. Ma la
norma, ad oggi, non tratta di questo. Essa pone la distinzione tra settori di
attività a basso rischio (con riferimento all'attività del datore di lavoro
committente) e cantieri -non a basso rischio- in cui è prevista la presenza di
più imprese esecutrici; laddove v'è l'obbligo di designazione del CSE.
Non si
può inoltre trascurare, ripeto, come, ad oggi, nessun rimando venga dalla norma
rispetto alla specifica formazione dell'incaricato. Mentre , per contro, il CSE
deve svolgere una formazione specifica di 120 ore.
A ciò
si aggiungano i previsti, precisi requisiti professionali richiesti al CSE dal
primo comma dell'art. 98, cui si frontappone l'assoluta genericità di quelli
richiesti all'incaricato.
Forse
si può spiegare meglio e correttamente la nozione di “uomini-giorno”. Qui
diversamente da altri commentatori, ritengo personalmente che il limite dei
dieci uomini-giorno non sia troppo ampio. Anche se il vero snodo del problema
riguarda, al solito, la efficace valutazione dei rischi.
[2] Come ben chiarisce la circolare ML
n. 38 del 28 maggio 1999: “Qualora poi si configurino ipotesi di reato, il
processo verbale, mediante apposita informativa, dovrà essere trasmesso, ai
sensi dell'art. 331 del codice di procedura civile, alla competente Procura
della Repubblica circondariale. ...”
[3] Sostanzialmente diversa era la
previsione del comma 3, art. 56. Essa stabiliva l'obbligatorietà dell'inchiesta
da parte della DPL (comma 1) e riteneva discrezionale appena “l'inchiesta sul
luogo dell'infortunio” (comma 3), salvo che a richiederla fossero l'INAIL, o
l'infortunato, o i suoi superstiti.
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