News
"L’importanza delle prove di carico sulle attrezzature di sollevamento"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
01/08/2013 - Se ne parla sempre, ma spesso non si considerano adeguatamente le
ragioni che sono alla base di determinate necessità tecniche. Vorremmo
provare a ricapitolare il motivo tecnico (fisico) per cui determinate
prove possono essere utili, ovvero perché è necessaria la esecuzione di controlli o di manovre con carico applicato.
Possiamo distinguere la vita di una attrezzatura di sollevamento in
momenti fondamentali per garantire la integrità e la sicurezza della stessa:
-
Progettazione, fabbricazione e collaudo (collaudi del fabbricante e dell’installatore e verifica di primo impianto da parte dell’INAIL);
-
Esercizio, durante il quale vengono eseguiti controlli periodici (da parte dell’utilizzatore) e verifiche periodiche (da parte di enti terzi preposti);
-
Riqualifica “di mezza vita” dove vengono
eseguiti controlli eccezionali e verifiche di vita residua (da parte di
un terzo incaricato dall’utilizzatore).
Prima di tutto vogliamo chiarire che le finalità sono diverse fra i
tre momenti; quindi anche i controlli / verifiche hanno modalità e
logiche diverse.
Per chiarezza le esamineremo una per una, in sequenza.
Progettazione, fabbricazione, collaudo e messa in servizio
Un po’ di progettazione di
macchine: la
progettazione ha la
finalità di ideare e disegnare macchine idonee all’impiego previsto e
correttamente dimensionate per garantire (anche) la sicurezza delle persone.
Evidentemente chi progetta non è
perfetto, può commettere errori che possono comportare una insufficiente
resistenza meccanica della apparecchiatura
di sollevamento. E questo è il primo punto.
Naturalmente dalla progettazione
devono emergere tutte le informazioni necessarie per la fabbricazione.
Ammettendo che la progettazione sia corretta resta sempre una ampia possibilità
di errori in fase di esecuzione. Pensiamo solo alla esecuzione delle saldature
(e al loro controllo mediante tecniche non distruttive, ove opportuno). In
alcuni processi speciali la perfezione è difficile da raggiungere, e anche i
controlli NDT possono fallire. Quindi oltre agli errori di progettazione
nell’apparecchio di sollevamento progettato potrebbero sussistere errori in
fase di fabbricazione.
E quindi? Semplice, i
collaudi servono proprio per questo.
Alcuni collaudi servono solo per verificare la corretta esecuzione di un
passaggio (p. es. ultrasuoni sulle saldature, dimensionale sui finiti di
lavorazione meccanica), altri servono per una verifica più generale, per così
dire complessiva, del manufatto, sia sotto il profilo progettuale che sotto
quello di realizzazione.
Parliamo delle
prove di carico: le prove non sono un
controllo su un singolo aspetto ma tendono piuttosto a garantire la bontà
dell’insieme. Quindi controllano contemporaneamente che il progetto e la
fabbricazione, come somma di fattori, siano idonei rispetto all’uso previsto.
Resta un dettaglio: siamo sicuri
che una prova di carico effettuata al carico nominale sia adeguata rispetto
all’obiettivo che ci poniamo? Ovvio che una prova sotto il valore di carico
nominale sia inadeguata. Ma, ripetiamo, basta il carico nominale? La risposta è
negativa, perché
una prova statica non è
rappresentativa del fenomeno della fatica che è quello caratteristico dei
mezzi di sollevamento. Allora cosa possiamo fare? La scelta un po’ grossolana
che è stata fatta agli albori della progettazione meccanica strutturale (primi
anni del ‘900), è stata quella di collaudare con un carico superiore rispetto a
quello nominale, e poi dopo verificare che la struttura sia integra. Intendendo
priva di deformazioni permanenti (non basta che, semplicemente, non sia
crollata). Il concetto è molto semplice: se con un sovra carico singolo (NON è
fatica, quindi), ad un valore molto più elevato di quello nominale, non
introduco deformazioni permanenti è molto improbabile che a carico nominale
entri nel campo della fatica, quanto meno non in quello della fatica a basso
numero di cicli. Quindi posso utilizzare con ragionevole fiducia il mio mezzo
di sollevamento.
Ovviamente molto dipende da
quanto aumento il carico; immaginate per assurdo che io decida di aumentare il
carico dell’1%, ovvero un carroponte da 10 ton lo provo applicando 10.100 kg …
è ovvio che non serve a nulla. Un aumento del 50% comincia ad essere un discorso
ragionevole per distinguere le due condizioni, quella di collaudo da quella di
esercizio.
Invitiamo a rivedere il diagramma
tensioni / deformazioni di un acciaio da costruzione per capire da dove viene
questa giustificazione. Ricordiamo inoltre che i principali elementi
strutturali (travi, vie di corsa ecc.) che supportano il carico in mezzo di
sollevamento sono sollecitate principalmente a flessione, la componente di
taglio può essere considerata trascurabile. Questo significa che le tensioni si
allineano lungo l’asse delle travi e sono (internamente) di trazione o di
compressione, con i valori massimi alle estremità inferiore (trazione) e
superiore (compressione) delle travi stesse, dove ovviamente dal punto del
danno la trazione ha un (eventuale) impatto molto maggiore. Questa è una
conferma ulteriore della bontà della prova di carico a un valore sensibilmente
superiore a quello nominale che, se provoca snervamento, è destinata a lasciare
una deformazione permanente a livello globale (freccia) facilmente misurabile.
Evidentemente i coefficienti di
maggiorazione del carico non saranno necessariamente gli stessi per i vari tipi
di apparecchi di sollevamento e di accessori; questo semplicemente perché in
alcuni casi l’impiego, per la natura dell’oggetto, è necessariamente conforme
alla progettazione, mentre in altri l’impiego (vietato ma possibile) può
comportare distribuzioni del carico sensibilmente diverse da quelle previste;
per la verità questo ha ancora più valenza se si ragiona sui coefficienti di
sicurezza applicati in progettazione ai vari componenti degli apparecchi di
sollevamento.
Controlli e verifiche periodiche durante l’esercizio
Controlli e verifiche, due
termini utilizzati all’articolo 71 del D.Lgs. 81/2008 per indicare lo stesso
tipo di intervento tecnico, solo eseguito da
due soggetti diversi:
- il datore di lavoro, o qualcuno che opera per
conto dello stesso;
- un soggetto terzo
autorizzato dallo stato a svolgere tali verifiche.
Come dicevo dal punto di vista
tecnico la finalità è la stessa: verificare lo stato di usura / deterioramento
del mezzo di sollevamento al fine di stabilire se siano necessari interventi di
riparazione o sostituzione di componenti usurati, o se invece si possa procedere
con l’esercizio sino al controllo / verifica successiva.
In questa fase il
punto chiave da controllare sono le
arti di usura ( funi, catene, ganci,
freni), quelle parti che possono subire danneggiamenti a crescita progressiva
(saldature), gli elementi che possono essere stati danneggiati da grossi
incidenti, gli elementi che svolgono funzioni di sicurezza (limitatore di
carico, sistema di emergenza) insomma tutto quello che può ragionevolmente
essere cambiato da una ispezione a quella successiva.
Sotto questo profilo eseguire con
estrema frequenza (ogni tre mesi per esempio) una prova di carico avrebbe poco
senso. Ma vale il contrario, ovvero possiamo dire che nella fase di controlli e
verifiche durante l’esercizio le prove di carico non servono?
Da ingegneri non ce la sentiamo
di affermarlo perché le
prove di carico
possono fare emergere problemi non visibili tramite controlli non distruttivi o
indagini visive. Le prove di carico evidenziano la risposta della struttura
come insieme complesso di parti delle quali solo alcune sono ispezionabili senza
smontare nulla e utilizzando tecniche reversibili (NDT o visive).
OK, OK, forse se dicessi di fare
la prova di carico al carico nominale ogni tre mesi mi prendereste giustamente
per pazzo, ma ogni anno? Attenzione, la prova di carico NON serve a tarare il
limitatore di carico (volendo esistono altri modi per fare tarature rigorose
dal punto di vista scientifico); la prova di carico serve per vedere come
reagisce la struttura, in condizioni quasi statiche e dinamiche, quando viene
utilizzata in condizioni di massimo carico, quindi nella situazione più
sfavorevole fra quelle possibili.
Ora si apre una questione
delicata:
la prova di carico è parte dei
controlli del datore di lavoro, o piuttosto delle verifiche del soggetto terzo?
Sarebbero del soggetto terzo, situazione che può illudere il datore di lavoro
di essere mallevato da tutta la faccenda. Nulla di più sbagliato! Scusate se il
tecnico si deve trasformare in leguleio. Il comma 8 dell’articolo 71 già citato
dice che i controlli devono essere fatti dal datore di lavoro per prevenire i
deterioramenti pericolosi. Peraltro al comma 4 dice anche che il datore di
lavoro attua la manutenzione
necessaria a mantenere le attrezzature di lavoro (incluse quelle di
sollevamento) in condizioni di sicurezza.
Quindi, poniamo che nessuno mai
faccia prove di carico, che il datore di lavoro si senta comunque tranquillo
per le ragioni sopra accennate. Ma se il mezzo di sollevamento collassa, cade
il carico danneggiando gravemente alcuni lavoratori, e si scopre che il
difetto che ha provocato il collasso sarebbe stato notato se si fossero fatte
le prove di carico almeno una volta negli ultimi tre anni, in questa situazione
il datore di lavoro è davvero libero da ogni responsabilità? ASSOLUTAMENTE NO,
ha omesso una azione possibile, tecnicamente perfettamente definita, che
avrebbe potuto evitare un incidente con gravi conseguenze per le persone:
articolo 590 del codice di procedura penale: lesioni colpose gravi o
gravissime.
Quindi su questo caso particolare
vogliamo dare un forte messaggio di attenzione; fatevi sempre la domanda: ma se
dovesse succedere qualcosa di chi è la responsabilità?
Poi chi ha, e sa di avere, la
responsabilità ha tutto il diritto di decidere secondo la sua “scienza e
coscienza”.
Riqualifica tramite controlli eccezionali
Tutte le volte che parliamo di
questo argomento ci troviamo costretti a ricordare che gli apparecchi di
sollevamento non sono definiti solo in base alla portata ma anche per lo
spettro di carico che caratterizza l’impiego ciclico che ne viene fatto. Il
concetto è elementare: il
dimensionamento
statico deve rispettare come minimo quanto discende dal carico massimo
previsto, con tutti gli opportuni coefficienti di sicurezza (vi risparmiamo la
diatriba fra chi parla di coefficienti di sicurezza e coefficienti di
ignoranza, tanto più che si tratta di valori stabiliti chiaramente dalla
normativa tecnica o dalla letteratura), ma esistono sia aspetti dinamici che a
fatica che dipendono invece da una sorta di percentuale di utilizzo del mezzo
nel corso dei successivi sollevamenti rispetto a quello che sarebbe l’utilizzo
se si lavorasse sempre a carico massimo. Questo rapporto (espresso come numero
di cicli alle diverse percentuali di carico) definisce il dimensionamento del
mezzo tanto quanto il carico massimo, e viene espresso con la “classe” del
mezzo di sollevamento. Quindi a parità di carico massimo il dimensionamento
varia in funzione della classe di utilizzo prevista.
Sino a qui sotto il profilo
ingegneristico nulla di particolare; è evidente che io nell’esercizio non potrò
poi utilizzare un mezzo con una certa portata con profili di carico più gravosi
di quelli previsti in progettazione. È ovvio a chi progetta, è scritto sui
manuali, ma è sempre davvero così? Io oggi ho un capannone dotato di due carroponti
bitrave che affitto ad una altra azienda; gli passo tutta la documentazione
(forse), ma cosa farà davvero questa azienda, come utilizzerà i carroponte che
le cedo in comodato d’uso? Capirà cosa significa il concetto di classe del
mezzo di sollevamento?
Se consideriamo che questi
controlli eccezionali sono una sorta di
reverse
engineering dove si considera la originale progettazione unitamente alla
vita pregressa del mezzo, per capire se il mezzo può essere ancora esercito e
per quanto … bene allora i concetti appena espressi sono fondamentali come
elemento di guida del soggetto (ingegnere esperto) che coordina il controllo
eccezionale e che rilascia il giudizio finale.
Ma può l’ingegnere esperto o chi
per lui essere certo che tutto quanto sia in uno stato noto (buono o
deteriorato) solo tramite controlli visivi, non distruttivi e, anche, dove
necessario, effettuando smontaggi di particolari critici? La risposta è
negativa in quanto non si può comunque arrivare a riesaminare tutto con lo
stesso livello di informazioni che a suo tempo hanno avuto il progettista e il
fabbricante.
Da questa la necessità di una
conferma tramite
prove strutturali e
funzionali sotto carico di quello che è stato ricostruito per via visiva,
teorica e “testimoniale”. Ora, per evitare brutte sorprese forse la prova di
carico con lo stesso coefficiente di sicurezza della prova di collaudo
originale non è opportuna. Le indicazioni sono nella direzione di prove
eseguite a carico nominale. Possiamo serenamente (tecnicamente) affermare che
senza tali prove nessun ingegnere esperto può dare un giudizio completo sulla
possibilità di continuare ad utilizzare un mezzo di sollevamento.
Conclusione
Le prove di carico non sono “la
soluzione” assoluta del tema delle verifiche degli apparecchi di sollevamento,
dalla progettazione ai controlli straordinari, ma sono un ausilio
indispensabile a completamento di tutte le altre verifiche / controlli
periodici. Di questo i committenti e gli specialisti devono tenere conto quando
si pongono di fronte alla tematica.
Alessandro
Mazzeranghi e Luca Belgero
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1418 volte.
Pubblicità