News
" I buoni dispositivi di protezione e gli indumenti da lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
26/08/2013 - Sia i
dispositivi di protezione individuale (DPI) che gli
indumenti da lavoro,
specialmente quando hanno una specifica funzione protettiva, concorrono
nel prevenire ed evitare infortuni e problemi di salute nel mondo del
lavoro.
Per affrontare il tema dei dispositivi di protezione, con
attenzione anche alla funzione protettiva di molti indumenti di lavoro,
possiamo sfogliare una pubblicazione elaborata dall’ Ente Bilaterale Nazionale del Turismo (EBNT), il “ Vademecum della sicurezza. Manuale per la informazione e la formazione degli operatori del settore Turismo”.
Nella
scheda dedicata ai
dispositivi di protezione individuale,
si segnala che tali dispositivi sono trattati in modo particolare nel
D.Lgs. 81/2008, Titolo III, Capo II. E si indica che l’ adozione dei DPI è
in realtà una misura estrema: “quando tutto il possibile è stato fatto
(in termini di organizzazione del lavoro e di adozione di mezzi di
prevenzione e protezione collettiva) per eliminare o ridurre al minimo i
rischi, e rimane tuttavia un certo rischio a carico del singolo
lavoratore, allora si deve obbligatoriamente ricorrere al dispositivo di protezione individuale”.
La normativa coglie anche un
problema: i DPI oltre che una necessità possono in molti casi essere anche un
fastidio, un ingombro: “un corpo estraneo che limita la libertà dei movimenti e
l’abitabilità dello spazio”. Dunque il legislatore prescrive che i DPI “devono
essere adeguati alle condizioni di lavoro, non devono comportare un rischio
maggiore di quello che dovrebbero prevenire, devono tener conto delle esigenze
ergonomiche e fisiologiche del lavoratore e devono adattarsi alle necessità del
singolo utilizzatore. Se, in presenza di rischi multipli, si rende necessario
usare più DPI simultaneamente, si deve fare in modo che siano fra loro
compatibili”.
Due sono gli
obblighi principali di legge:
- “per il
datore di lavoro: fornire ai lavoratori i necessari e idonei mezzi
di protezione, dopo avere eseguito accurate valutazioni (che riguardano
l’entità dei possibili rischi, la frequenza dell’esposizione del lavoratore a
tale rischio, la caratteristiche dei posti di lavoro e le prestazioni dei DPI);
- per i
lavoratori: di osservare le norme e le disposizioni aziendali in
materia di sicurezza e di uso dei mezzi di protezione individuale messi a
propria disposizione (avendo cura dei DPI a propria disposizione, non
apportandovi modifiche di propria iniziativa e segnalando a chi di competenza
ogni difetto o inconveniente)”.
La scheda, che vi invitiamo a
visionare, riporta sia le sanzioni che altri obblighi più specifici a carico
del
datore di lavoro:
- “un’istruttoria completa sui
rischi che non possono essere evitati se non con l’uso dei DPI;
- una scelta oculata
dei dispositivi autorizzati disponibili sul mercato e l’aggiornamento degli
stessi, in caso di significative variazioni di esposizione al rischio e/o di
evoluzione tecnologica dei dispositivi stessi;
- l’individuazione delle
condizioni di impiego dei dispositivi, in particolare per quanto riguarda la durata;
- il mantenimento dell’efficienza
e dell’igiene, nonché la manutenzione dei dispositivi;
- la disponibilità in azienda e
sul posto di lavoro di adeguate informazioni su ogni DPI;
- l’informazione del lavoratore
circa i rischi dai quali il DPI lo protegge e una formazione adeguata che può
comportare, in taluni casi obbligatoriamente, anche specifici corsi di
addestramento”.
Inoltre “per tutti vi è l’
obbligo di sorveglianza: dal datore di
lavoro ai dirigenti e ai preposti, dal responsabile del servizio di prevenzione
e protezione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e ai colleghi
tutti”. E, non dimentichiamoci: il lavoratore “non può sottrarsi
all’informazione – formazione - addestramento, né tanto meno all’uso corretto,
consapevole e collaborativo del dispositivo”.
La scheda sintetizza molte
indicazioni normative segnalando che se l’ adozione dei DPI è
dettata dall’ambiente, dai suoi rischi, dalle sue caratteristiche, tuttavia in
generale è possibile dire che i “
buoni
dispositivi” possiedono le seguenti caratteristiche:
- “sono efficaci ed efficienti:
raggiungono lo scopo per cui sono stati costruiti e lo fanno con la maggiore
possibile economia di mezzi;
- sono certificati/autorizzati:
un’autorità tecnica li ha passati al vaglio;
- sono appropriati all’uso: non
sono mai generici;
- sono ergonomici e confortevoli:
adatti alla personalità fisica e psicologica destinata ad indossarli;
- sono facili da pulire e
disinfettare;
- sono personali o
personalizzabili, adattabili alle esigenze personali”.
Anche agli
indumenti da lavoro è dedicata una specifica scheda, con
particolare riferimento alle situazioni lavorative e agli indumenti degli
operatori del settore Turismo.
Se il modo di vestirsi sul luogo
di lavoro “tende a essere sempre più libero, legato al gusto personale e sempre
meno ‘legato’ all’uniforme, è bene tuttavia prestare attenzione alle
controindicazioni che l’ambiente di lavoro contiene.
Intanto è bene ricordare che un vestito serve almeno a tre
cose:
- “
protegge (ad esempio dal freddo), avvicinandosi così ad un DPI;
-
identifica un ruolo, in quanto rende riconoscibile chi lo indossa
come appartenente a una certa categoria di persone, avvicinandosi così ad una
divisa;
-
abbiglia, diventando esclusivamente espressione del gusto”.
In particolare Il riconoscimento
della funzione (l’effetto divisa) “è indispensabile quando si opera su un
fronte esposto al pubblico, ma il più delle volte è la stessa
funzione di riconoscimento a contenere
elementi di prevenzione e protezione:
- il cappello e la canottiera del
bagnino (obbligatoria) proteggono e identificano;
- il grembiule del cuoco protegge
dalle macchie e identifica;
- il cappello del cuoco - oltre ad essere un potente creatore di
identità - protegge l’ambiente dai capelli,
ma è fatto anche in modo da lasciar traspirare la pelle; il giubbotto in uso
per lavorare nelle celle frigorifere è prima di tutto una protezione, ma è
anche il segnale di una funzione (per es. nelle barche a vela l’istruttore
indossa un giubbotto salvagente);
- le scarpe
antiscivolo, usate in certe situazioni lavorative, aggiungono alla funzione
principale (protettiva) una funzione non meno importante: sono igienizzabili”.
L’importante – sottolinea la
scheda – “è indossare il vestiario da lavoro come un vestito, non come un
impiccio; accettarlo come un’opportunità e non criticarlo come un’imposizione”.
Veniamo infine ai
materiali, distinguendo tra le diverse
tipologie di fibre:
-
fibre tessili naturali: “lana e cotone assicurano una buona protezione
igienica, resistono bene alle abrasioni e all’usura, presentano un buon
isolamento termico, ma assorbono molta umidità, quindi hanno una scarsa
capacità di isolamento elettrico. Il cotone non offre una sufficiente
protezione agli agenti chimici. Lino e seta sono materiali resistenti; buono
l’isolamento termico, scarso l’isolamento elettrico (assorbono umidità)”;
-
fibre tessili sintetiche e altri materiali: “le fibre acriliche sono resistenti agli
acidi, alla rottura, all’abrasione, bruciano lentamente, resistono bene al
calore, hanno un buon isolamento termico ed elettrico, ma si restringono al
lavaggio. I poliammidi (nylon), i poliesteri (dacron), le fluorfibre (teflon)
hanno le stesse caratteristiche, e per di più sono molto leggeri; infatti vengono
usati anche per il confezionamento dei normali vestiti. La gomma naturale e sintetica viene usata per
indumenti impermeabili, per calzature, maschere, guarnizioni e cinghie. Resiste
bene ad acidi e sostanze saline, ma in genere non è impermeabile ai solventi. Il cuoio non resiste né all’acqua
(non va usato in ambienti umidi), né alle sostanze corrosive. È utilizzato
principalmente in lavorazioni che comportano maneggio di lamiere, di oggetti da
punta e da taglio, di lastre di vetro. Le materie plastiche, infine, hanno
buona resistenza alle sostanze corrosive (acidi, alcali, sostanze saline,
solventi), ma hanno scarsa resistenza alle temperature e sono chimicamente
inerti. Inoltre, essendo meno porose della gomma, vengono impiegate per la protezione
della cute da sostanze tossiche”.
Ente Bilaterale Nazionale del
Turismo, “ Vademecum della sicurezza. Manuale per la informazione e la
formazione degli operatori del settore Turismo”, documento aggiornato a
cura di A.G.S.G. s.r.l., l’autore dell’aggiornamento è l’Ing. Carmine Moretti
con la collaborazione di Parmenio Stroppa e Sara Vasta (formato PDF, 2.09 MB).
Tiziano Menduto
Segnala questa news ad un amico
Questa news è stata letta 1076 volte.
Pubblicità