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"I rischi nel mondo del lavoro: videoterminali, rumore e radiazioni"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
18/09/2013 - Sono diversi i rischi lavorativi particolarmente diffusi nei luoghi di lavoro. Ad esempio i rischi correlati all’
attività dei videoterminalisti, attività sempre più presente in molti ambienti lavorativi, o alla
presenza di rumore,
un vero e proprio inquinante che coinvolge buona parte dell’organismo
umano. Ci soffermiamo inoltre su un pericolo meno diffuso, ma anche meno
visibile, quello correlato alla
presenza di radiazioni.
Per presentare brevemente questi tre rischi possiamo sfogliare una pubblicazione elaborata dall’ Ente Bilaterale Nazionale del Turismo (EBNT), il “ Vademecum della sicurezza. Manuale per la informazione e la formazione degli operatori del settore Turismo”.
Nella
scheda dedicata ai
videoterminali
si sottolinea che se quasi in ogni luogo di lavoro sono presenti i
videoterminali, è tuttavia necessario definire con esattezza il
campo di applicazione della normativa
(Titolo VII, D.Lgs. 81/2008).
Bisogna chiarire, ad esempio, di
cosa non stiamo parlando:
- “non stiamo parlando di tutte
quelle attrezzature (come le calcolatrici o i registratori di cassa) che hanno
un piccolo schermo per la visualizzazione dei dati forniti dalla macchina;
- non stiamo parlando dei
portatili e neppure dei sistemi informatici a disposizione del pubblico (per
esempio, per la ricerca degli orari dei treni);
- non stiamo parlando dei sistemi
informatici montati a bordo di mezzi di trasporto (per esempio, ai posti guida
delle vetture della metropolitana)”.
Un videoterminale è uno schermo
alfanumerico o grafico che prescinde dal tipo di procedimento di
visualizzazione utilizzato e dunque, riguardo al campo di applicazione della
normativa, stiamo parlando di:
- “un
lavoratore che utilizza l’ attrezzatura
munita di videoterminale in modo
sistematico e abituale per 20 ore settimanali, dedotte delle
interruzioni previste dalla norma stessa (per es.: un controllore di volo, un
quadrista - scambista di una stazione ferroviaria, un addetto ai dati di borsa);
- un
luogo di lavoro che è l’insieme delle attrezzature munite di
videoterminale, eventualmente con tastiera e/o con altro sistema di immissione
dati (incluso il mouse), il software per l’interfaccia uomo-macchina, gli
accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l’unità a
dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la
sedia, il piano di lavoro, nonché l’ambiente di lavoro immediatamente
circostante”.
Premesso tutto questo la scheda,
dopo aver riportato gli obblighi del datore di lavoro, segnala che il
legislatore “traccia un
profilo
prescrittivo per l’ambiente nel quale dovrebbe svolgersi il lavoro con uso
sistematico di videoterminali:
-
schermo: caratteri ben definiti, di forma chiara e grandezza
sufficiente; immagine stabile, senza sfarfallamento; contrasto e luminosità
regolabili; schermo orientabile e inclinabile, senza riflessi e riverberi
molesti;
-
tastiera: inclinabile e separata dallo schermo (per motivi di
comodità); spazio sufficiente per l’appoggio delle mani e delle braccia;
superficie non riflettente; buona leggibilità dei simboli sui tasti;
-
piano di lavoro: abbastanza grande da consentire una disposizione
flessibile di schermo e tastiera, dei documenti e del materiale accessorio
e una posizione comoda; con supporto per documenti stabile e regolabile per
ridurre al minimo i movimenti della testa e degli occhi;
-
sedile di lavoro: stabile, ma tale da consentire al lavoratore una
posizione comoda e una certa libertà di movimenti; altezza regolabile;
schienale regolabile in altezza e inclinazione; poggiapiedi a richiesta”.
Nella scheda sul
rischio rumore si sottolinea che “se si
sommano le conseguenze dirette permanenti e temporanee (danni irreversibili
all’udito e al sistema nervoso, mal di testa, disturbi dell’equilibrio, del
comportamento e dell’umore) e quelle indirette (assenteismo e diminuzione della
produttività), nessuna malattia professionale provoca tanto danno individuale e
sociale quanto quelle dovute all’eccesso di rumore”.
L’
eccesso di rumore oltre agli effetti sull’udito e extrauditivi
(sono interessati il cuore, l’apparato respiratorio, l’apparato
gastrointestinale, il sistema nervoso, la sfera psichica, ...), ha anche
effetti sull’attività lavorativa: “difficoltà della comunicazione verbale, diminuzione
della vigilanza e dell’attenzione, calo di efficienza dovuto all’azione
stancante esercitata dal rumore, perdita del controllo sull’ambiente”.
La scheda, dopo aver segnalato
che “il rumore viene analizzato all’interno del Titolo VIII, Capo II del D.Lgs.
81/2008, ricorda che il livello del
rumore viene misurato in dB “e, senza entrare in descrizioni tecniche,
dobbiamo almeno sapere che il rumore diminuisce di 3 dB per metro, e che i dB
sono logaritmici. Questo significa che quando, per esempio, si passa da 80 a 81
dB, il rumore aumenta non di una volta ma di 10 volte: un’unità in più indica
un’energia 10 volte superiore”.
Vengono riportati i vari
valori limite indicati dalla normativa
e si ricorda che l’allarme in azienda scatta “quando l’esposizione quotidiana
del lavoratore è pari o superiore a 80 dB: il datore di lavoro è allora tenuto
a informare i lavoratori sui rischi che corrono, sulle misure adottate per
mitigarli, sulle misure di protezione predisposte per i singoli lavoratori,
sulla funzione dei DPI che mette loro a diposizione, sul significato del
controllo sanitario esercitato dal medico competente. Se l’esposizione quotidiana supera gli 85 dB
scatta l’obbligo della formazione: sull’uso corretto dei dispositivi
individuali per la protezione dell’udito e per un uso corretto degli
utensili, delle macchine e delle apparecchiature che producono il rumore. In
questo caso il datore di lavoro esige che i lavoratori usino i dispositivi di
protezione individuale da lui forniti. Il controllo sanitario è obbligatorio
quando il rumore supera la soglia degli 85 dB e comprende una visita medica
preventiva, per accertare l’assenza di controindicazioni allo specifico lavoro,
e visite periodiche, per controllare nel tempo lo stato di salute del
lavoratore (di norma una volta all’anno o con periodicità stabilita dal medico
competente). Il controllo sanitario è esteso anche ai lavoratori la cui
esposizione al rumore sia compresa fra gli 80 e gli 85 dB, se questi ne fanno
richiesta e il medico ne conferma l’opportunità”.
Riguardo poi alla
prevenzione e protezione è necessario
realizzare “un insieme convergente di iniziative, che riguardano la
progettazione dei macchinari e dei locali, la manutenzione e il singolo
lavoratore (con le sue personali esigenze e difficoltà)”. Ad esempio:
- “i locali rumorosi dovrebbero sempre
poter essere separati e isolati dagli altri e, in una certa misura,
insonorizzati con spessori, con pareti pesanti che non consentano la
trasmissione di vibrazioni o con strutture in grado di spezzare l’onda sonora”;
- “i locali aziendali in cui i lavoratori
possono essere esposti a un rumore al di sopra dei valori superiori di azione
devono essere indicati da appositi segnali. Tali aree devono inoltre essere
delimitate e, ove ciò sia tecnicamente possibile e giustificato dal rischio di
esposizione, l’accesso alle stesse deve essere limitato”;
- “le macchine non dovrebbero mai
trasmettere le vibrazioni
sonore direttamente alle pareti (alle quali spesso vengono addossate) e
quasi sempre possono in qualche modo venire schermate o rivestite e protette
con materiali fonoassorbenti (materiali porosi come la lana di vetro, o
pannelli vibranti di modesto spessore come il compensato e la masonite, o
ancora materiali risonanti assorbenti come certi pannelli forati)”.
Tuttavia gli aspetti sui quali
“più direttamente e immediatamente possiamo agire per limitare gli effetti
dannosi del rumore sono l’
organizzazione
generale del lavoro e l’adozione di
dispositivi
individuali di protezione”:
- quanto all’
organizzazione “le misure riguardano essenzialmente la riduzione
del tempo di esposizione al rumore: riducendo la durata dei turni, studiando
accuratamente gli avvicendamenti delle squadre, concedendo delle pause,
frazionando i giorni lavorativi e i periodi di ferie”;
- quanto ai
DPI, si segnala che tali dispositivi sono “ormai tecnicamente
progrediti, di facile applicazione e tanto vari da venire incontro alla maggior
parte delle esigenze. I protettori auricolari non eliminano completamente il
rumore: il che sarebbe d’altra parte inopportuno, dal momento che la
possibilità della comunicazione verbale deve rimanere intatta. In genere,
riducono la rumorosità di 50 dB (mentre i caschi isolanti, decisamente più
scomodi da indossare, la riducono di ulteriori 10 dB). I migliori sono quelli
che proteggono l’orecchio dalle alte frequenze lasciando inalterate quelle tra
125 e 250 Hz, che sono le frequenze della voce parlata”.
Rimandando i lettori ad una
lettura integrale delle schede, ricordiamo che ci sono tre tipi di
protettori uditivi: gli inserti, le
cuffie, i caschi.
Infine qualche cenno sulle
radiazioni, in particolare le
radiazioni non ionizzanti - che sono da
una parte i raggi laser, e dall’altra alcune radiazioni non visibili come le
onde hertziane, i raggi infrarossi e i raggi ultravioletti - e le
radiazioni ionizzanti naturali.
In particolare, laddove è
presente il rischio, la
protezione
contro i
raggi laser “si ottiene
tenendo il locale schermato e chiuso con divieto di ingresso agli estranei,
illuminato intensamente, ben ventilato (per smaltire le sostanze inquinanti
spesso impiegate per i laser) e con superfici non riflettenti. Gli operatori
devono portare appositi occhiali
protettivi caratterizzati dalla capacità di assorbire tutti i raggi
utilizzati lasciando passare solo quelli luminosi visibili, e devono essere sottoposti
comunque sia a visite preventive (per evitare che lavorino a contatto col laser
persone con lesioni oculari o dermatiche) sia a visite periodiche”.
Le
onde hertziane “sono anche chiamate campi elettromagnetici, e può
trattarsi di campi elettromagnetici deboli (CED) o intensi (CEI)”. Trovano
applicazione in vari campi e le microonde sono la loro più recente evoluzione
applicativa: la prevenzione può essere affidata alla “schermatura delle
apparecchiature, all’automatizzazione dei comandi (in modo che si possa agire a
distanza), all’installazione delle macchine in ambienti larghi senza
riflessioni e senza strutture di ferro, all’uso regolare di tute, occhiali,
cappucci e a tempi di esposizione limitati”.
La
scheda si occupa anche di raggi infrarossi, raggi ultravioletti, radiazioni
solari e
radon, radiazione ionizzante data “dal decadimento
naturale degli isotopi dell’uranio presenti nella crosta terrestre”, presente
specialmente nelle aree più vicine al terreno, “soprattutto se c’è scorrimento
di acqua e la ventilazione di ricambio è scarsa o assente”.
Concludiamo questa breve rassegna
ricordando le
attività nel settore del
Turismo che possono essere interessate dal rischio radiazioni:
- “tutte le attività svolte nei
piani bassi degli edifici e nei seminterrati sono potenzialmente esposte al rischio
del radon. Vanno tenuti sotto controllo gli addetti alle terme e alle attività
termali”;
- “le microonde sono presenti nei
forni delle cucine moderne;
- i CED sono presenti nelle
cabine dei disc-jockeys, nelle cabine elettriche con grandi quadri, nei centri
di calcolo con videoterminali;
- i CEI sono presenti negli
elettrodotti dell’Enel che portano l’energia nei grandi insediamenti turistici,
nei campeggi, nei villaggi: dovrebbero essere ad almeno 20 m da terra e
distanti almeno 25 m dai limiti delle aree interessate (particolare attenzione
si raccomanda ai portatori di pacemaker e di altri salvavita personali);
- gli infrarossi sono presenti
nelle cucine, negli snack-bar, nei cosiddetti centri della salute;
-
gli UV (ultravioletti) interessano i centri di salute e di bellezza e i lavoratori
all’aria aperta: sono consigliati occhiali, divisa (per i bagnini),
cappello”
Ente Bilaterale Nazionale del
Turismo, “ Vademecum della sicurezza. Manuale per la informazione e la
formazione degli operatori del settore Turismo”, documento aggiornato a
cura di A.G.S.G. s.r.l., l’autore dell’aggiornamento è l’Ing. Carmine Moretti
con la collaborazione di Parmenio Stroppa e Sara Vasta (formato PDF, 2.09 MB).
RTM
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