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"Le responsabilità per infortunio di un lavoratore in stato di ubriachezza"

fonte www.puntosicuro.it / Responsabilità sociale

07/10/2013 -
Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 38129 del 17 settembre 2013 -  Pres. Brusco – Est. Dovere– P.M. Lettieri - Ric. omissis.  
 
Commento a cura di G. Porreca.
 
Singolare è questa sentenza della Corte di Cassazione perché finalizzata ad individuare la responsabilità o meno del datore di lavoro nel caso in cui un lavoratore alle sue dipendenze si infortuni in azienda in uno  stato di ebbrezza alcolica. La condizione di ubriachezza di un lavoratore sul luogo di lavoro, ha sostenuto la suprema Corte in tale occasione, non è circostanza eccezionale e non prevedibile per cui il datore di lavoro può rispondere per l’infortunio allo stesso accaduto pure in presenza di uno stato di ebbrezza alcolica. Il datore di lavoro, infatti, nell'affidare i compiti ai suoi lavoratori, deve tenere conto della loro "salute" oltre che della loro "sicurezza" ed è questa la ragione per cui la Corte di Cassazione stessa ha reso definitiva con questa sentenza una condanna per omicidio colposo nei confronti di un datore di lavoro colpevole di non avere vigilato sulle condizioni nelle quali il lavoratore poi infortunatosi si era messo al lavoro.

L’evento infortunistico ed il ricorso in Cassazione
La Corte di Appello ha confermata la sentenza pronunciata dal Tribunale nei confronti del rappresentante legale di una cooperativa sociale con la quale lo stesso era stato ritenuto responsabile di omicidio colposo in danno di un lavoratore stagionale rimasto mortalmente infortunato nella sua azienda. Secondo l'accertamento processuale il lavoratore, nel corso delle operazioni di lavorazione del mosto, era caduto all'interno di una vasca contenente il mosto stesso ed era deceduto a seguito dell'insufficienza respiratoria acuta determinata dalla sua permanenza in un ambiente privo di ossigeno e ricco di CO2, di anidride solforosa e di altri gas. Le cause della caduta non erano state precisamente individuate, dal momento che non vi erano stati testimoni oculari e tenuto conto altresì del fatto che nel sangue della vittima era stato trovato un tasso alcolemico compatibile con uno stato di ubriachezza patologica. La stessa Corte di Appello era pervenuta alla conferma del giudizio di responsabilità del rappresentante legale sulla scorta della individuazione di una precisa violazione cautelare quale antecedente causale del sinistro, ovvero la mancata predisposizione di barriere atte a prevenire la caduta dei lavoratore nel corso della lavorazione e il mancato controllo in ordine alle condizioni con cui venivano svolte le singole operazioni di frollatura del mosto.
 
Con il ricorso in Cassazione l’imputato, in relazione all’accusa di non aver fornito i DPI al lavoratore infortunato quali le scarpe antiscivolo, la maschera e la cintura di sicurezza, ha fatto presente che l’attività alla quale era addetto il lavoratore stesso non richiedeva l'uso dei DPI, da usare solo a cisterne vuote per operazioni di pulizia e che inoltre sul piano di calpestio non esisteva alcun rischio chimico e l'ambiente era sufficientemente areato. L’imputato ha poi prospettato uno stato di ubriachezza volontaria del lavoratore sulla base della deposizione di un professore che aveva parlato di assunzione diretta dell'alcool. Lo stesso ha inoltre rilevato che i testi avevano riferito come la grata apposta sull'apertura della vasca dovesse essere spostata solo per la lavorazione e subito ricollocata alla fine della stessa ed ha richiamato, altresì, l'elevato grado di esperienza degli addetti concludendo che non si può rimproverare al datore di lavoro di non aver sorvegliato la fase della lavorazione alla luce del comportamento tenuto dall’infortunato. Ha censurato inoltre la fondazione della responsabilità sulla mancata dotazione di scarpe antiscivolo, posto che non era stato accertato che la caduta nel silos era avvenuta per scivolamento e che comunque il lavoratore aveva avuto in dotazione le scarpe antiscivolo. Quindi ha concluso il ricorrente sostenendo che il comportamento anomalo del lavoratore aveva comunque interrotto il nesso di causalità tra il sinistro e la condotta del datore di lavoro.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ritenuto infondato ed ha confermata la condanna dell’imputato. La stessa ha ribadito che la Corte di Appello, così come aveva fatto la sentenza di primo grado,  aveva fondata l'affermazione di responsabilità dell’imputato sul fatto che egli, quale datore di lavoro, non si era preoccupato di verificare il rispetto dell'obbligo, prescritto dal piano di sicurezza, di circoscrivere il luogo e di impedire il passaggio nelle vicinanze dell'imboccatura identificando l'addebito nella mancata predisposizione di barriere atte a prevenire la caduta e nel mancato controllo in ordine alle condizioni in cui venivano svolte le singole operazioni di frollatura.
 
In merito all’incidenza da attribuire allo stato dì ubriachezza della persona offesa ed all’avviso da parte del ricorrente che tale stato concretizzasse una situazione eccezionale che recidesse il nesso causale tra la sua condotta antidoverosa ed il sinistro, la Sez. IV ha fatto presente che la Corte di Appello ha fatto proprie le argomentazioni del primo giudice vertenti sul fatto che nessun collega di lavoro della vittima aveva riferito di suoi comportamenti anomali e sull'impossibilità di eseguire le pesanti lavorazioni da parte di un lavoratore in stato di ubriachezza volontaria. “ Anche ad ammettere che l’infortunato si fosse reso ubriaco bevendo delle sostanze alcoliche”, ha sostenuto la suprema Corte, “ si sarebbe pur sempre in presenza di un comportamento imprudente del lavoratore, a prevenire e fronteggiare il quale è ancora una volta il datore di lavoro a doversi far carico, sicché pur ammettendo il pregresso stato di ubriachezza e che esso abbia aumentato la possibilità di verificazione della caduta, non si è comunque eliso il nesso causale tra evento e condotta del datore di lavoro”.
 
In merito alla prevedibilità ed al carattere non eccezionale dello stato di alterazione psico-fisica del lavoratore per effetto dell'assunzione di sostanze alcoliche la Sez. IV ha quindi sostenuto che il fatto che “il lavoratore possa trovarsi in via contingente in condizioni psico-fisiche tali da non renderlo idoneo a svolgere i compiti assegnatigli è evenienza prevedibile, che come tale non elide il nesso causale tra la condotta antidoverosa del datore del lavoro e l'infortunio occorso”.
 
La Corte suprema, pur mettendo in evidenza che dal panorama dottrinario e giurisprudenziale non è possibile trarre indicazioni univoche e persuasive in ordine alle risposte da offrire al quesito se la valutazione dei rischi debba contemplare anche quelli connessi alle abitudini sociali e/o individuali del lavoratore e, in caso affermativo, se ciò valga oltre che per l'alcoldipendenza (che solo in taluni casi è oggetto di sorveglianza sanitaria) anche per la sola assunzione di sostanze alcoliche, ha inteso a proposito rammentare la tesi della riconducibilità al novero dei rischi oggetto di valutazione, ai sensi dell'art. 28 comma 1 d.lgs. n. 81/2008, anche di quello connesso all'assunzione di alcolici da parte del lavoratore, ricordare ancora la previsione dell'art. 15 della legge n. 125/2001, che vieta la somministrazione e l'assunzione sul lavoro di bevande alcoliche e superalcoliche sia pure nelle sole attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumità o la salute dei terzi, e ha ricordato inoltre che l'art. 41 comma 4 D. Lgs. n 81/2008 prevede la sorveglianza sanitaria diretta all'accertamento di condizioni di alcoldipendenza (e di tossicodipendenza) e che l'Allegato IV, al punto 1.11.3.2. e 1.11.3.3., prende in esame l'uso di alcolici sul lavoro.
Né va ignorato, ha quindi proseguito la Sez. IV, che l'art. 18 lett. c) del D. Lgs. n. 81/2008 (come in precedenza già l'art 4 comma 5 lett. c del D. Lgs. n. 626/1994) dispone che il datore di lavoro ed il dirigente " nell'affidare i compiti ai lavoratori" deve " tenere conto della capacita e delle condizioni degli stessi, in rapporto alla loro salute e alla sicurezza” con l'obiettivo di assicurare che il lavoratore sia in condizioni che permettano lo svolgimento in sicurezza dell'attività lavorativa.
 
Le disposizioni sinora elencate”, ha quindi concluso la suprema Corte, “ permettono di ribadire che la condizione di ubriachezza del lavoratore sul luogo di lavoro non è circostanza eccezionale e quindi non prevedibile dal datore di lavoro, con l'ulteriore effetto della riconducibilità al medesimo dell'infortunio occorso, pur in presenza di uno stato di ebbrezza alcolica del lavoratore rimasto vittima del sinistro, essendo indiscutibile - nel caso che occupa - che la mancata chiusura della botola con la griglia in dotazione è essa stessa connessa allo svolgimento delle mansioni affidate al lavoratore come correttamente rimarcato dalla Corte di Appello”.
 
 
 
 

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