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"La non responsabilità del costruttore per cessione di macchina non sicura"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
21/10/2013 -
Commento a cura di G. Porreca.
All’attenzione della Corte di Cassazione in questa
sentenza è posto l’art. 23 comma 1 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 con il quale il
legislatore ha vietata la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la
concessione in uso di attrezzature di lavoro non rispondenti alle disposizioni legislative e
regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Nella
sentenza che si riferisce in particolare alla vendita di una macchina per la
quale il Tribunale aveva condannato il concedente essendo risultata la stessa
irregolare dal punto di vista della sicurezza, la suprema Corte ha precisato
che il costruttore non risponde nel caso in cui la macchina sia stata ceduta
non per venire utilizzata ma per essere sottoposta a riparazione per la sua
successiva immissione in mercato.
Il caso ed il
ricorso in Cassazione
Il Tribunale ha dichiarato il costruttore di una macchina
fresatrice colpevole della contravvenzione di cui all'art. 23 comma 1° del D.
Lgs. n. 81/2008, e lo ha , condannato, previa concessione delle attenuanti
generiche, alla pena di € 1.000,00 di ammenda. Il Tribunale, dopo aver
sommariamente ricostruito i tratti salienti della vicenda, ha disattesa la tesi
difensiva dell’imputato basata sulla pretesa inapplicabilità della norma
violata in quanto non aderente al dettato normativo che dispone una tutela anticipata
del bene-sicurezza al momento della costruzione e/o vendita, noleggio,
concessione in uso del macchinario e sull’affermazione, quindi, che il momento
consumativo del reato si perfeziona all'atto di una di dette circostanze
(costruzione, vendita, ecc).
L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione avverso la
sentenza del Tribunale mettendo in evidenza, fra le altre motivazioni,
l'inosservanza e/o l’erronea applicazione della legge penale (art. 3 del D.
Lgs. n. 81/2008) in quanto nella circostanza il giudice ha erroneamente
equiparata la cessione della macchina ad una sua messa in circolazione non
tenendo conto che, in realtà, la stessa era destinata ad altra società non per
poi utilizzarla ma con la specifica ed unica finalità di essere assoggetta a riparazione
dalla stessa società per poterla poi mettere successivamente in commercio.
Le decisioni
della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso
presentato dall’imputato ed ha annullata la sentenza impugnata con rinvio della
stessa al Tribunale di provenienza per la sua revisione. La suprema Corte si è
chiesto per prima cosa se il concetto di vendita come esplicitato nell'art. 23
del D. Lgs. n. 81/2008 debba interpretarsi in modo assoluto, come divieto di
messa in commercio o in circolazione di macchina non a norma, oppure possa
essere soggetto ad una deroga laddove la vendita stessa venga effettuata per un
esclusivo fine riparatorio della macchina in vista di una futura utilizzazione
una volta ripristinata e messa a norma ed è giunta alla conclusione che la
risposta è certamente positiva, a condizione, però, che siano state accertate
in concreto quali siano state le condizioni di vendita e gli obblighi
gravanti sia sul venditore che sul
diretto destinatario nonché il ruolo da questi esercitato (se, cioè,
autorizzato a mettere a sua volta in circolazione il macchinario una volta
riparato, ovvero a riconsegnarlo al venditore che può poi venderlo a terzi per
un utilizzo sul mercato).
“
E' evidente,
infatti”, ha sostenuto la Sez. III, “
che
se la cessione del macchinario non a norma è effettuata unicamente con il
proposito di non metterlo in circolazione ma di affidarlo ad un soggetto (il
cessionario) per la riparazione, la previsione normativa non potrà più trovare
applicazione”. “
Invero”, ha
proseguito la suprema Corte, “
è un
principio di ragionevolezza, non disgiunto da una regola di ordine economico
generale, quello che sta alla base della norma contestata, nel senso che, fermo
restando che è vietato l'impiego di macchinari non a norma con la conseguenza
che una vendita di prodotti di tal fatta è, di regola, vietata stante la
conseguenzialità e normalità dell'impiego della macchina nel ciclo produttivo,
nell'ottica del passaggio del prodotto industriale alla fase economica
successiva (l'utilizzo), laddove quest'ultimo passaggio non vi sia (come nel
caso dello stazionamento del macchinario presso una ditta specializzata
esclusivamente nella riparazione per la messa a norma con compiti ben
specificati che inibiscono una utilizzazione successiva mediata tramite il
venditore all'origine), non può ritenersi vietata la vendita di un macchinario
in quanto avente uno scopo ben circoscritto, senza alcuna previsione di
utilizzazione”.
La Corte di Cassazione ha ritenuta quindi la motivazione
addotta dal GUP nella sua sentenza quanto meno insufficiente avendo avuto lo
stesso il dovere di accertare, previa escussione del teste, come richiesto
dall'imputato, le modalità della cessione e le sue effettive finalità, se non
proprio illogica nel momento in cui ha attribuito alla vendita del macchinario,
sulla base della documentazione disponibile, un significato assoluto che la
certificazione escludeva. La suprema Corte ha quindi in conclusione annullata
la sentenza impugnata con rinvio al primo giudice affinché lo stesso
verificasse in concreto quali fossero le modalità della vendita e se in effetti
la ditta cessionaria svolgesse o meno attività di riparazione e di messa a
norma di macchinari non in regola secondo le prescrizioni antinfortunistiche
del mercato interno.
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