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"Sulla responsabilità del DdL e del RSPP per la mancata formazione"
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
18/11/2013 -
Commento a cura di Gerardo Porreca.
Una sentenza questa della Corte di Cassazione che pone in
evidenza l’importanza, ai fini della prevenzione degli infortuni, della
formazione dei lavoratori per lo svolgimento
della mansione alla quale sono adibiti nonché dell’addestramento degli
stessi all’uso di attrezzature di lavoro ad essi affidati. La suprema Corte ha
infatti confermata la sentenza di condanna inflitta nei gradi inferiori di
giudizio sia al Presidente di una cooperativa, in qualità di datore di lavoro,
che al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’azienda
ritenuti responsabili di un infortunio mortale occorso ad un dipendente della
cooperativa stessa durante alcuni lavori boschivi ed in particolare durante
l’abbattimento di un grosso pino mediante l’uso di una motosega. Al Presidente
della cooperativa era stata addebitata la colpa di non avere organizzato dei
corsi di formazione e addestramento dei neoassunti
che avrebbero richiesto l’impiego di risorse finanziarie e la riduzione delle
ore di lavoro attivo mentre al RSPP è stato imputato l’inadempimento a siffatto
obbligo pacificamente rientrante nelle proprie mansioni.
L’evento e le
condanne nei primi gradi di giudizio
Il Presidente del consiglio di amministrazione e legale
rappresentante di una società cooperativa a r.l. ed il responsabile del
servizio di prevenzione dei rischi e responsabile aziendale per la sicurezza
della cooperativa stessa sono stati tratti a giudizio dinanzi al Tribunale
per rispondere del delitto p. e p. dall'art. 113 c.p., art. 589 c.p., comma 2
perché, in cooperazione colposa tra loro, per colpa generica ovvero per
negligenza, imprudenza, hanno cagionata la morte di un operaio comune
avventizio, dipendente sella cooperativa, che, mentre era intento ad abbattere
con il solo uso della
motosega un pino del diametro di 25-30 cm. circa, la cui chioma era rimasta
impigliata nella vicina vegetazione, omettendo di adottare le corrette
procedure e di usare le anzidette attrezzature complementari che gli avrebbero
consentito di operare in condizioni di maggior sicurezza, veniva schiacciato
mortalmente dal peso del pino che improvvisamente si spostava dalla posizione
di stallo, rotolandogli addosso. L’imperizia contestata era consistita nell'aver
omesso di informare e formare adeguatamente l'operaio comune avventizio,
nell'avergli affidato un lavoro di taglio boschivo con uso di motosega,
nell'aver omesso di prevedere il caso del cosiddetto "albero
impigliato" nel piano operativo/sostitutivo di cantiere, trattandosi di
evenienza frequente nei lavori di diradamento boschivo, e nell'aver omesso
infine di fornire all'operaio le attrezzature complementari per affrontare la
procedura di abbattimento
di un albero impigliato quali la leva d'abbattimento, lo zappino ed il
"triforte".
Con riferimento alla dinamica dell’infortunio il
Tribunale, sulla base di quanto emerso dall'istruttoria, ha ritenuto che
l'operaio avesse erroneamente proceduto all'abbattimento dell'"albero
impigliato", avendo effettuato il secondo taglio dell'albero senza
lasciare la cosiddetta cerniera o lasciandone una insufficiente a sostenere il
peso dello stesso di guisa che questo, una volta libero, ha effettuata una
rotazione incontrollata attingendo la vittima all'addome ed ha ravvisato
peraltro il nesso di causa tra i comportamenti commissivi ed omissivi ascritti
agli imputati nel capo di imputazione e l'evento accaduto.
La Corte di Appello ha successivamente confermata la
pronunzia di primo grado, rimarcando, in particolare la sussistenza, al di là
di ogni ragionevole dubbio, del nesso di causa fra l'infortunio, cagionato
dalla mancata formazione e dall'omesso addestramento dell'operaio, incaricato
ciononostante di usare la motosega pur in difetto della necessaria qualifica di
operaio specializzato, così come contestato agli imputati, e l'evento.
Il ricorso in
Cassazione e le decisioni della suprema Corte
Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per
cassazione tramite lo stesso difensore adducendo una serie di motivazioni. Gli
imputati hanno sostenuto, in particolare,
che l'evento mortale non era stato cagionato dalla mancata formazione
del lavoratore infortunato il quale, grazie all'esperienza maturata nel taglio
boschivo, aveva operato correttamente nell'abbattimento dell'albero e nella
risoluzione delle difficoltà che presentava il caso del cosiddetto albero
appoggiato, ma da fatti sopravvenuti, imprevedibili ed eccezionali avendo
provocato la contro-spinta esercitata sul tronco dall'albero di appoggio, la
rottura della cerniera lasciata secondo la consueta prassi, una frazione di
secondo prima del previsto, allorché il lavoratore stava riponendo a terra la
motosega e che inoltre, dopo l'incidente, durante il ricovero in ospedale,
un'ulteriore serie di sfortunate circostanze ed in particolare la patologia
cardiaca avevano provocata la morte dell'operaio. Il Presidente della
cooperativa, in particolare, ha sostento di non essere consapevole degli
interventi in materia di sicurezza del personale e di limitarsi solo ad un
controllo sotto il profilo formale e che aveva delegato alle mansioni in
materia di attività formativa il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione, titolare di apposita delega di mansioni con possibilità di spesa e
di investimento.
La Corte di Cassazione ha ritenuto i ricorsi infondati e
li ha pertanto respinti. Secondo la stessa, la Corte distrettuale aveva
congruamente e logicamente ritenuto che la causa dell'infortunio fosse da
individuare "esclusivamente nella mancata formazione e nel mancato
addestramento dell'operaio" e nell'averlo adibito nell'impiego della
motosega (con la quale aveva svolto solo poche ore di lavoro) affidandogli in
tal modo mansioni proprie di un dipendente specializzato nonostante la
qualifica di operaio comune avventizio. ”
La
vittima pertanto”, ha ribadito la Sez. IV, ”
in difetto di adeguato addestramento nel taglio degli alberi di alto fusto
e di esperienza consolidata nel tempo nell'uso di detto strumento di lavoro,
non fu in grado di supplire a tale deficit formativo ed addestrativo, nel raffrontare
in sicurezza il "pur minimo imprevisto" presentatosi nella concreta
situazione di ‘albero impigliato’ (non caduto a terra, dopo il primo taglio del
tronco, perché sostenuto dalle chiome degli alberi esistenti a valle) nella
quale, trovandosi ad abbattere un pino di cm. 30 circa di diametro, cresciuto
su di un terreno in pendenza, ebbe ad effettuare un secondo taglio a circa un
metro dal primo senza lasciare la cerniera ovvero lasciando una cerniera
insufficiente a sostenere il peso dell'albero che, libero del peso del troncone
di un metro, ha effettuato una rotazione colpendo l'operaio all'addome".
“Ciò posto”, ha proseguito la suprema Corte, “
nessun dubbio poteva quindi sussistere in
ordine alla responsabilità per colpa, ascritta ad entrambi gli imputati in
ordine alle acclarate condotte commissive ed omissive per il mancato
svolgimento di apposti corsi di formazione sul taglio degli alberi con
l'ausilio della motosega, previsti solamente ‘sulla carta’ ed, invece,
‘significativamente tenuti ed organizzati solo dopo questo infortunio’ come
altresì sottolineato dalla sentenza di primo grado”.
Al responsabile del servizio di prevenzione e protezione
e responsabile aziendale della sicurezza, ha così proseguito la Sez. IV, “
si deve imputare il grave inadempimento a
siffatto obbligo pacificamente rientrante nelle proprie mansioni, a tanto non
potendo supplire il mero affiancamento ‘del neo assunto ad un operaio esperto’
quale procedura di addestramento impiegata fino alla data dell'infortunio”.
Neppure il rappresentante legale della cooperativa, ha quindi concluso la
suprema Corte, “
può andare esente da
responsabilità, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, per aver
tollerato (e di fatto avallato) la mancata effettuazione dei corsi di
addestramento per i neo - assunti che avrebbero reso necessario l'impiego di
risorse finanziarie e la riduzione delle ore di lavoro attivo degli operai,
trattandosi di scelte in materia di organizzazione gestionale della
cooperativa, facente capo esclusivamente al suddetto imputato in posizione
apicale”.
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