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"L’importanza della qualificazione tecnica del preposto"

fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione

07/02/2014 - Pubblichiamo alcuni estratti dal nuovo libro di Rolando Dubini, dal titolo “ Guida alla sicurezza per il Preposto e il Dirigente - I contenuti della formazione particolare aggiuntiva per il preposto e per il modulo giuridico per il dirigente ”, pubblicato da Punto Sicuro/Media Italia Media nel maggio del 2013. Ci soffermiamo oggi in particolare sulla qualificazione tecnica del preposto.

Le norme di tutela della sicurezza del lavoratore, in base alle quali si richiede che determinati lavori siano guidati da un capo squadra o da un preposto, “ sono soddisfatte solo quando un lavoratore dotato della necessaria qualificazione tecnica per lo svolgimento di tale incarico sia stato espressamente investito di un siffatto ruolo , non essendo sufficiente che uno dei lavoratori abbia una qualifica che in astratto lo abiliterebbe a svolgere mansioni diverse da quelle alle quali è di solito addetto” (Cassazione penale, sez. VI, 24 maggio 1977, Chezzi): qui il problema è a carico del dirigente, che deve dimostrare di aver assegnato il compito di sovraintendere all'attività dei lavoratori a persona competente e capace.
 
Nello stesso senso:
1) Cass. Pen. sez. IV, 10/3/1995, n. 4432: all’imprenditore che abbia [provveduto a] nominare un preposto per sovraintendere determinate specifiche operazioni [ad es. caposquadra, caporeparto], designando una persona capace ed idonea a sostenere il ruolo assegnatogli, non può essere addebitato l'evento dannoso che si sia verificato per inosservanza delle disposizioni che regolano quelle specifiche operazioni;
2) Cass. Pen. sez. IV, 18/03/1986: in tema di infortunio sul lavoro l’imprenditore non va esente da responsabilità penale solo perché abbia delegato ad un capo cantiere l'apprestamento delle disposizioni antinfortunistiche, dovendo comunque dimostrare che la persona delegata sia qualificata e capace.
 
Chiarificatrice la sottolineatura della Cassazione penale (sez. IV, 26 giugno 1996, n. 6468, Fera) laddove evidenzia l'esigenza, normativamente imposta, di non porre a carico del preposto compiti spettanti esclusivamente al datore di lavoro o al dirigente che lo rappresenta: “ il capo-squadra [quale preposto, n.d.r.], ha mansioni normalmente limitate alla sorveglianza sull'andamento dell'attività lavorativa, ha solamente il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione e si comportino in modo da non creare pericoli per sé e per gli altri, con la conseguenza che una responsabilità del preposto è inconcepibile allorché l'infortunio sia dipeso, non da omessa e insufficiente vigilanza nel senso suddetto, ma dalla mancanza degli strumenti, misure, cautele e accorgimenti antinfortunistici la cui predisposizione e attuazione spetta al datore di lavoro o al soggetto specificamente competente cui quest'ultimo abbia conferito apposita ed espressa delega”.
Questa sentenza mette in giusta evidenza la ripartizione funzionale, normativamente prevista, dei compiti prevenzionistici tra datore di lavoro, dirigente e preposto, e la non intercambiabilità dei compiti, che restano ognuno in capo al destinatario previsto dalla norma, in via generale e non derogabile, a meno che intervenga uno strumento specifico, ed esplicito, quale quello della delega.
 
La Cass. Pen. 21 dicembre 1995 n. 3483, aveva a suo tempo sottolineato che “ secondo la giurisprudenza anche delle sezioni civili di questa suprema corte (cfr. tra le altre, sez: lavoro, 29 marzo 1995, n. 3738), le finalità di tutela della sicurezza del lavoro, in considerazione delle quali si richiede che determinati lavori siano eseguiti sotto la direzione o la sovrintendenza di dirigenti o preposti, sono soddisfatte solo quando un soggetto, dotato dei necessari requisiti per lo svolgimento dell’incarico, sia espressamente investito di un siffatto ruolo e della conseguente responsabilità, non essendo sufficiente l’avere affidato alla prudente discrezione di operai, sia pure esperti, l’applicazione di cautele e provvidenze prescritte a tutela degli stessi operai ed essendo, a maggior ragione, escluso che detto incarico possa essere attribuito al medesimo lavoratore direttamente impegnato nelle operazioni della cui sicurezza si tratta”. Ovvero nessuno può essere preposto di se stesso.
 
Infine (Cass, Sez. IV, Sent. 40939 del 5/12/2002) “ in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, al fine di istituire una posizione di garanzia individuabile nella qualità di preposto non è sufficiente che il lavoratore abbia una qualifica superiore a quella degli altri dipendenti, ma è necessario che gli siano attribuiti, anche di fatto, poteri di sovraordinazione sugli altri dipendenti operanti in un determinato settore. Ne consegue che, nel caso in cui al dipendente è attribuito esclusivamente il compito di trasmettere gli ordini formulati da altri preposti o da un dirigente o dal datore di lavoro, non può egli divenire titolare della posizione di garante della salute e della sicurezza degli altri dipendenti”.
 
 
Rolando Dubini, avvocato in Milano
 

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