"La società può essere condannata al pagamento delle sanzioni previste dal D.Lgs. n° 231/2001, anche se il suo amministratore ottiene la prescrizione per il reato “presupposto”."
fonte Nicola Pignatelli, avvocato in Barletta / Responsabilità degli Enti
In una complessa vicenda che aveva visto coinvolti (per episodi di concussione e corruzione) amministratori e funzionari di un Comune, nonché i responsabili di una società di costruzioni, in relazione ad una pratica edilizia, la Corte d’Appello di Genova aveva riconosciuto la responsabilità amministrativa della società di costruzioni per più fatti (di corruzione) commessi dal legale rappresentante, pronunciando condanna della stessa al pagamento di quattrocento quote (pari alla somma di euro 400.000,00).
La Corte di Cassazione, per un primo fatto di corruzione, pur riconoscendo fondata la condanna che la Corte di Appello aveva inflitto al legale rappresentante della società, ha tuttavia rilevato che, nelle more dell’intero giudizio, lo stesso reato doveva ritenersi prescritto per il decorso del termine massimo previsto dalla legge.
La stessa declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, ha portato poi la Corte di Cassazione ad “eliminare” anche la confisca per equivalente già disposta nei confronti del legale rappresentante della società, appunto perché – non essendovi una condanna, bensì una declaratoria di prescrizione – veniva a mancare il presupposto al quale ancorare la misura afflittiva della confisca.
Rimaneva, quindi, da considerare “le sorti” della società: poteva questa essere condannata “in via autonoma” per la responsabilità amministrativa di cui al decreto legislativo n° 231 del 2001, anche nel caso in cui fosse venuta a mancare una condanna per il reato commesso dalla persona fisica posta al suo vertice?
In altri termini, una volta dichiarata la prescrizione del reato contestato all’amministratore della società, quest’ultima poteva subire la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria, espressa in quote?
La Corte di Cassazione ha risposto positivamente, sottolineando come – nel caso in cui il reato presupposto sia dichiarato prescritto – il giudice debba comunque valutare autonomamente la posizione della società ed eventualmente condannarla, anche quando nessuna condanna sia stata pronunciata per la persona fisica posta al suo vertice.
Unica “condizione” alla quale il giudice deve adeguarsi è quella che gli impone comunque di valutare se “in astratto”, i fatti contestati all’amministratore siano stati in ogni caso commessi, a prescindere dalla circostanza per cui – per il decorso del termine di prescrizione – il giudice non abbia potuto emettere una condanna nel merito.
Questa valutazione che il giudice dovrà compiere, quindi, pur non sfociando in una condanna dell’amministratore della società che abbia agito nell’interesse della stessa, permette di ancorare la “autonoma” condanna della società al comportamento del suo vertice operativo.
[a cura di Nicola Pignatelli, avvocato in Barletta - avvocatonicolapignatelli@gmail.com]Segnala questa news ad un amico
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