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"Sulla non responsabilità del direttore dei lavori in materia di sicurezza"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
17/02/2014 -
Il commento
Un’altra sentenza della Corte di Cassazione che individua ma che in
sostanza ribadisce quanto già dalla stessa espresso in precedenza e
cioè quali sono i
limiti delle responsabilità del direttore dei lavori nel caso di inosservanze alle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro. La qualifica di direttore dei lavori per
conto del committente, ha sostenuto la suprema Corte nella sentenza,
non comporta automaticamente la sua responsabilità per la sicurezza sul
lavoro ben potendo l’incarico allo stesso affidato limitarsi alla
sorveglianza tecnica attinente alla esecuzione del progetto. Il direttore dei lavori,
infatti, non può essere chiamato a rispondere dell’inosservanza di
norme antinfortunistiche ove non sia accertata, provata e documentata
rigorosamente la sua ingerenza nell’organizzazione del cantiere.
Il caso e il
ricorso in Cassazione
La Corte d'Appello, quale giudice di rinvio a seguito di
una sentenza di annullamento della Sezione IV della Corte di Cassazione, in
parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale, ha ridotto la pena a mesi
sette di reclusione ciascuno nei confronti del preposto di un’impresa edile
impegnata nella costruzione di un fabbricato rurale e del direttore dei lavori
per conto del committente per il reato di cui all'art. 589, commi 1 e 2, c.p.
per avere cagionato per colpa, nelle rispettive vesti, la morte di un
lavoratore a seguito di lesioni da precipitazione, dichiarando il concorso di
colpa della persona offesa nella misura del 25%.
Sia il preposto che il direttore
dei lavori hanno ricorso per cassazione. Il
preposto in particolare, dopo avere premesso che i compiti
spettanti al preposto stesso, in relazione a quanto disposto dagli artt. 2 e 19
del D. Lgs. n. 81 del 2008 (ed in particolare l'obbligo di sovrintendere e
vigilare sull'osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di
legge e delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul
lavoro e dell’uso dei mezzi di protezione collettivi e di protezione
individuale), presuppongono la presenza del preposto stesso nel cantiere, si è
lamentato del fatto che la Corte di Appello ha ribadito che allo stesso dovesse
attribuirsi la responsabilità del fatto per avere omesso di sorvegliare e
vigilare costantemente sull'operato dei lavoratori, non tenendo conto che al
momento dell’infortunio per legittimi motivi si era dovuto allontanare dal
cantiere.
Il
direttore dei
lavori dal canto suo ha posto in evidenza nel ricorso che le inosservanze
riscontrate in materia di sicurezza sul lavoro, quali l’omessa formazione ed
informazione dei lavoratori sui rischi e sulle norme antinfortunistiche e
l’omessa vigilanza sull’uso da parte del lavoratore infortunato del casco
protettivo, non erano attribuibili a lui ma al datore di lavoro ed al
responsabile della sicurezza in cantiere. Lo stesso ha altresì osservato che
l'unico modo per impedire concretamente l'evento, considerato il comportamento
palesemente anomalo, imprevedibile ed imprevisto del lavoratore infortunato,
sarebbe stato quello di un controllo fisico diretto, continuo e costante
spettante al solo caposquadra dell’impresa che infatti era già stato
riconosciuto come definitivamente colpevole e che inoltre nella attività di montaggio del
ponteggio nessun accorgimento tecnico sulla base di un piano
precedentemente redatto avrebbe impedito che la persona offesa salisse
scriteriatamente sul muro per passare delle tavole ai colleghi.
Le decisioni
della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto
in parte fondati i ricorsi presentati dagli
imputati. La stessa, nel porre in evidenza che secondo la dinamica
dell'accaduto il lavoratore, senza casco protettivo e privo di imbracatura
facendo forse affidamento sulle proprie capacità di equilibrio e agendo senza
il dovuto controllo da parte del preposto e del direttore dei lavori oltre che
del caposquadra, si era avventurato sul cordolo alla sommità del muro in
costruzione allo scopo di passare ai compagni di lavoro alcune tavole di lavoro
per montare un ponteggio così contribuendo al verificarsi dell'evento, ha
precisato che “
in tanto può essere
addebitata agli imputati una condotta omissiva colposa in quanto siano
individuate a loro carico condotte omissive (rispetto a doveri sugli stessi
incombenti per legge) che si pongano in relazione di causalità con tale evento
secondo il necessario parametro del giudizio cosiddetto ‘controfattuale’ nel
senso della necessità di verificare se lo stesso, ipotizzandosi come realizzata
la condotta dovuta (ma omessa), si sarebbe ugualmente verificato”. Secondo
la Sez. IV quindi la Corte territoriale, per necessaria coerenza con quanto da
essa stessa ricostruito in ordine alla dinamica dell'infortunio, avrebbe dovuto
individuare, all'interno di un percorso motivazionale che tenesse conto altresì
delle indicazioni evidenziate dalla stessa Sez. IV nella sentenza di
annullamento, specifiche condotte che, ove tenute, avrebbero evitato che il
lavoratore si "avventurasse", appunto, sulla sommità del muro pur in
mancanza delle necessarie misure protettive (casco ed imbracatura) e cadesse
così a terra dall'alto.
Con riferimento in particolare alla
posizione del preposto la Corte suprema
ha posto in rilievo la necessità di stabilire se la temporanea sua assenza,
comunque giustificata, avesse potuto dare luogo a valido esonero dalle
obbligazioni di garanzia sullo stesso gravanti.
Con riferimento invece alla
posizione del direttore dei lavori la
stessa Corte ha tenuto a ribadire che “
la
qualifica di direttore dei lavori non comporta automaticamente la
responsabilità per la sicurezza sul lavoro ben potendo l’incarico di direttore
limitarsi alla sorveglianza tecnica attinente alla esecuzione del progetto
(Sez. 4, n. 49462 del 26/03/2003, Viscovo, Rv. 227070;Sez. 4, n. 12993 del
25/06/1999, Galeotti, Rv. 215165; Sez.3, n. 11593 del 01/10/1993, Telesca,
Rv.196929). Si è infatti chiarito, sia pure con riferimento agli artt. 4 e 5
del D.P.R. n. 547 del 1955 (essendo sotto tale profilo analogo il disposto
degli attuali art. 17, 18 e 19 del d. Lgs. n. 81 del 2008), che destinatari
delle norme antinfortunistiche sono i datori di lavoro, i dirigenti e i
preposti, mentre il direttore dei lavori
per conto del committente è tenuto alla vigilanza dell'esecuzione fedele del
capitolato di appalto nell'interesse di quello e non può essere chiamato a
rispondere dell'osservanza di norme antinfortunistiche ove non sia accertata
una sua ingerenza nell'organizzazione del cantiere”. “Ne consegue”, ha
quindi proseguito la Sez. IV
, “ che una
diversa e più ampia estensione dei compiti del direttore dei lavori,
comprensiva anche degli obblighi di prevenzione degli infortuni, deve essere
rigorosamente provata, attraverso l’individuazione di comportamenti che possano
testimoniare in modo inequivoco l'ingerenza nell'organizzazione del cantiere o
l'esercizio di tali funzioni”.
Quindi in definitiva la Corte di Cassazione,
avendo finito la sentenza impugnata con il riproporre un ragionamento già
ritenuto dalla stessa Corte non correttamente motivato, ha
annullata nuovamente la sentenza della Corte di Appello disponendo
il rinvio ad altra sezione della stessa Corte d'Appello affinché tenesse conto
dei principi sopra evidenziati.
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