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"Spazi confinati: l’accesso negli apparecchi a pressione"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
10/04/2014 - Un recente articolo pubblicato
sulla rivista della KAN [1]
a firma Dipl. - Ing. Rainer Schubert del BGRCI [2],
fornisce lo spunto per riprendere l’analisi di un tema di particolare rilevanza
per tutti quelli che mantengono in esercizio all’interno della propria
struttura produttiva
apparecchiature a
pressione, con particolare riferimento ai diffusi
generatori di vapore a tubi di fumo.
Nell’articolo, dal titolo “
Salvataggio di persone in serbatoi e spazi
angusti: un problema sottovalutato”, l’autore ricorda che per eseguire
operazioni di manutenzione, riparazione e controllo i lavoratori devono spesso
introdursi in serbatoi e
spazi angusti e, in molti casi le aperture di cisterne, serbatoi a
pressione, tombini o pale eoliche sono così piccole che, benché
si riesca a entrare, il recupero
di feriti risulta difficoltoso se non impossibile. Esercitazioni pratiche
svolte hanno, di fatto, dimostrato che a fronte di aperture da 300mm x 400mm o
320mm x 420mm, il salvataggio di un eventuale lavoratore privo di sensi è di
estrema difficoltà: per introdursi nell’apparecchio occorre infilarsi
attraverso un passo d’uomo ovale con le dimensioni sopraindicate, operazione
già complessa di per se stessa, se poi s’immagina di dover far passare una
persona priva di sensi attraverso quest’ultima è però difficilmente
immaginabile.
Almeno nei tempi che potrebbero
essere necessari per portare a termine, in alcune specifiche condizioni, un
salvataggio efficace.
Per questo, continua l’autore, la
soluzione di questo problema non può che coinvolgere soprattutto la
normazione; questo considerato che
alcune norme e specifiche (p. es. la DIN EN 12953 Caldaie a tubi da fumo, la
DIN 28136 Rührbehälter [Miscelatori] e il promemoria AD 2000 [3]
A51 sulle aperture dei serbatoi a pressione) fissano delle dimensioni minime
troppo ridotte. Nell’ambito della normativa nazionale, bisogna peraltro notare
che il D.Lgs. 81/08 all’art. 66 - Lavori in ambienti sospetti di inquinamento –
prevede che:
È vietato consentire
l’accesso dei lavoratori in pozzi
neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e
recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas
deleteri, senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per
la vita e l’integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo
risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando
possa esservi dubbio sulla pericolosità dell’atmosfera, i lavoratori devono
essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro
e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. L’apertura di accesso a
detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero
di un lavoratore privo di sensi.
Ovviamente quest’ultima parte
della prescrizione è, di fatto, inapplicabile considerato che fino all’entrata
in vigore del D.Lgs. 81/08, l’art. 235 del D.P.R. 547/55 prevedeva che le aperture
di entrata nei recipienti, comunemente denominate “
passo d’uomo”, dovevano avere dimensioni non inferiori a 30cm per
40cm o un diametro non inferiore a 40cm e la quasi totalità degli apparecchi a
pressione e le cisterne in uso sono ancora oggi dotati di passo d’uomo avente
le dimensioni indicate.
Sono state licenziate dal
gruppo di lavoro interistituzionale,
denominato
Ambienti Confinati
insediato dal Comitato Regionale di Coordinamento ex art. 7 del D.Lgs 81/08
della Regione Emilia Romagna, le “
Indicazioni
operative in materia d’igiene e sicurezza sul lavoro negli ambienti confinati”
e, al paragrafo 3.4 si analizza proprio questo problema.
Esistono alcune
norme tecniche che si occupano di
definire le
misure antropometriche medie
del corpo umano: UNI EN 547-1:1998 “Misure del corpo umano - Principi per
la determinazione delle dimensioni richieste per le aperture per l’accesso di
tutto il corpo nel macchinario”, UNI EN 547-2:1998 “Misure del corpo umano -
Principi per la determinazione delle dimensioni richieste per le aperture per
l’accesso” UNI EN 547 - 3:1998 “Misure del corpo umano – Dati antropometrici”,
UNI ISO EN 7250:2000 “Misurazioni di base del corpo umano per la progettazione
tecnologica”, UNI ISO EN 15537:2005 “Principi per la selezione e l’utilizzo di
soggetti di prova per la verifica degli aspetti antropometrici dei prodotti
industriali e della loro progettazione”, UNI ISO EN 15535:2007 “Requisiti
generali per la creazione di banche di dati antropometrici”.
Le misure in esse riportate, pur
non essendo riferite specificatamente agli ambienti
confinati, sono utili riferimenti per le dimensioni medie del corpo umano
da utilizzare per valutare la reale condizione degli accessi presenti nei
luoghi di lavoro, compresi i luoghi confinati. Utilizzando i riferimenti
riportati, è possibile ricavare la cosiddetta “
ellisse del corpo”, avente come asse maggiore la larghezza delle
spalle (60cm) e come asse minore la profondità
del corpo (45cm): l’ingombro del corpo umano immobile può essere
espresso attraverso tale ellisse. Se le dimensioni sono minori di quelle
indicate significa che vi è, con ragionevole sicurezza, una reale difficoltà
per l’accesso e di conseguenza una condizione di rischio anche tenuto conto
delle difficoltà che si presentano in caso di un eventuale salvataggio.
Sempre all’interno di tali norme
tecniche, si possono trovare ulteriori riferimenti alle
dimensioni di accesso differenziandole in base alla postura e al
movimento del corpo:
- passo d’uomo con necessità di effettuare
movimenti rapidi: lunghezza 67 cm, con una larghezza di 50 cm;
- apertura per l’entrata in
postura inginocchiata a terra: larghezza 85 cm, lunghezza 68 cm;
- apertura per movimento
verticale in un condotto circolare usando una scala interna: larghezza del
condotto 114 cm; spazio per il piede di 22 cm tra la scala e la parete;
larghezza dell’apertura (perpendicolarmente ai pioli della scala) non tenendo
conto delle necessità relative alla protezione contro le cadute, 92 cm;
larghezza dell’apertura (nel senso dei pioli della scala) 78 cm;
- apertura per un movimento
orizzontale in avanti in postura eretta: altezza dell’apertura 204 cm;
larghezza dell’apertura 78 cm;
- apertura per un movimento
laterale orizzontale in postura eretta per brevi tratti: altezza dell’apertura
204 cm, larghezza dell’apertura 54 cm.
Nel
corpo di regole tedesco e, più specificamente, nella
BGR 117, parte 1, Arbeiten in
Behältern, Silos und engen Räumen [Lavori in serbatoi, silos e spazi angusti]
sono consigliate dimensioni minime sufficientemente grandi da consentire il
salvataggio di persone.
La grandezza raccomandata per le
aperture dipende da vari fattori: ubicazione e raggiungibilità dell’apertura di
accesso; spazio libero sopra, davanti o sotto l’apertura; utilizzo di dispositivi
di protezione individuale (p. es. dispositivi
di protezione respiratoria, DPI per il salvataggio, DPI
contro le cadute); utilizzo di
piattaforme di lavoro o dispositivi d’ingresso; spessore delle pareti o altezza
dei raccordi.
E’ peraltro evidente che le
dimensioni minime di accesso dovrebbero tenere conto del possibile utilizzo di
autorespiratori o dispositivi di Protezione Individuale (DPI) che aumentano gli
ingombri riferibili al solo corpo umano.
Al solo scopo illustrativo, nelle
indicazioni operative del Gruppo di lavoro interistituzionale, sono riportati
alcuni casi da verificare in base alle dimensioni degli specifici prodotti dei
vari costruttori.
Ciò premesso, ritorniamo a
occuparci del problema pratico che il datore di lavoro di una qualsiasi
struttura produttiva nella quale siano installati apparecchi a
pressione, in particolare dove è prevista la
produzione di vapore mediante generatori a tubi di fumo, si trova
ad affrontare: ovvero l’onere della verifica interna degli apparecchi a
pressione con riferimento a quanto previsto dal D.M. 329/2004 “
Regolamento recante norme per la messa in
servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui
all’articolo 19 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93”. Per
questi generatori (siano essi insiemi o attrezzature), sono previste delle
specifiche
verifiche di riqualificazione
periodica che sono (art. 10 c2):
a) verifiche d’integrità (come
definite all’articolo 12)
b) verifiche di funzionamento
(come definite all’articolo 13).
Tali verifiche devono essere
eseguite con periodicità definita nell’allegato B tabella - frequenze della
riqualificazione periodica delle attrezzature a pressione (articolo 10, comma 3
e 5 attrezzature/insiemi contenenti fluidi del gruppo 2 - D.lgs. 93/2000 art.
3) che sono:
• ogni 2 anni: verifica di
funzionamento e visita interna
• ogni 10 anni: verifica di
integrità.
Quindi, ogni due anni (prassi
usuale è eseguire ad anni alterni la prova di funzionamento e la visita
interna), un verificatore deve accedere all’interno dell’apparecchio per
ispezionare lo stato delle membrature dell’apparecchio (fasciame e zona
focolare). E per farlo deve passare (quando ispeziona il fasciame) attraverso
un
passo d’uomo ellittico delle
dimensioni di 32x42cm [4]
(aperture maggiori per il passo d’uomo, comporterebbero la necessità di
membrature di maggior spessore con revisione dei codici di calcolo); inoltre la
distanza tra la volta superiore del mantello e il piano del primo livello dei
tubi è di circa 60 cm.
Quest’ operazione rientra
certamente tra quelle classificabili come attività in ambienti sospetti di inquinamento
o confinati di cui al D.P.R. 177/2011 .
Mentre la titolarità della prima verifica spetta all’INAIL, l’
attività di riqualificazione periodica
è un obbligo cogente per l’utilizzatore e la competenza è delle ASL o delle
Agenzie regionali per l’ambiente (ARPA) nelle regioni dove sono state
attribuite loro tali funzioni. Inoltre, è concessa la possibilità di avvalersi
di soggetti pubblici o privati abilitati e iscritti nell’elenco di cui al comma
4 dell’art. 2 del D.M. 11/04/2011 che, nel caso specifico, devono essere
abilitati alle verifiche delle attrezzature che rientrano nel gruppo GVR - Gas
- Vapore - Riscaldamento.
La sequenza delle varie procedure
con cui sono previste le operazioni di riqualificazione è riportata nel
diagramma in basso.
Che sia eseguito direttamente
dall’Organo di vigilanza (ASL o ARPA) o dai soggetti pubblici o privati
abilitati [5]
si prevede che il datore di lavoro debba mettere a disposizione del
verificatore il personale occorrente sotto la vigilanza di un preposto e i mezzi
necessari per l’esecuzione delle operazioni stesse, esclusi gli apparecchi di
misurazione.
Ora si tratta di capire come, in
questo caso, possa trovare
applicazione
quanto previsto dal D.P.R. 177/2011 e quali siano gli effettivi obblighi
dell’azienda ai sensi del Decreto (verifica preliminare qualificazione
operatore, procedure di lavoro, attrezzature di protezione e salvataggio,
procedura e presenza squadra di emergenza, ecc..) per garantire la sicurezza
del verificatore che s’introduce nell’apparecchio per compiere il controllo.
Inoltre, i servizi ASL o ARPA [6]
come devono essere considerati ove effettuino con proprio personale verifiche
ispettive che prevedono l’accesso all’interno degli apparecchi a pressione?
Sono tenuti a rilasciare al datore di lavoro richiedente una
dichiarazione di possesso dei requisiti
di cui all’art. 2 c1 del D.P.R.
177/2011 per operare?
Devono predisporre una
procedura operativa specifica per
l’attività [7]?
Poiché è il datore di lavoro che
deve mettere a disposizione del verificatore i mezzi necessari e il personale
occorrente per l’esecuzione delle operazioni sotto la
vigilanza di un preposto, non vengono a mancare alcuni dei
requisiti di qualificazione previsti dal D.P.R. 177/2011 (art 2. C.1 lettere
e/f)?
Quale tipo d’informazione
preliminare dev’essere effettuata ai sensi dell’art. 3 comma 1 e, tra l’altro,
di quale durata (ricordiamo che nell’articolo si parla di un tempo sufficiente
e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e,
comunque, non inferiore ad un giorno)?
A chi spetta elaborare la
procedura di lavoro specificamente
diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle
attività in ambienti confinati, comprensiva dell’eventuale fase di soccorso e
di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e
dei Vigili del Fuoco?
E quindi chi deve verificarne la
piena applicazione da parte di tutti i soggetti obbligati (compreso
evidentemente anche il verificatore)?
C’è poi da considerare che se
l’Ente non effettua direttamente l’intervento può semplicemente fare decorrere
i tempi previsti (30 o 60 giorni) lasciando che il datore di lavoro, una volta
trascorso questo periodo, disponga l’incarico al soggetto abilitato
eventualmente già indicato in sede di richiesta; oppure può rispondere alla
richiesta dell’utente incaricando un verificatore esterno alla propria
struttura (sempre rientrante negli elenchi dei soggetti abilitati disponibili
presso INAIL).
In queste diverse situazioni il
rapporto tra i vari soggetti viene a
modificarsi radicalmente secondo i
casi possibili: si può configurare un rapporto datore di lavoro
committente/appaltatore oppure datore di lavoro/appaltatore/subappaltatore?
E come si configurano questi
rapporti nell’ambito del D.P.R. 177/2011? E ancora, anche nel caso dei Soggetti
Abilitati [8]
iscritti negli elenchi regionali presso l’INAIL, bisogna comprendere quali
siano gli obblighi cui sono sottoposti in relazione al D.P.R. 177/2011.
Fine prima parte. Il seguito dell’articolo verrà pubblicato la prossima
settimana.
Ing. Adriano Paolo Bacchetta
Coordinatore del network www.spazioconfinato.it
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