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"Sui limiti dei poteri e delle responsabilità del RSPP e del delegato"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
16/06/2014 -
Commento a cura di G.Porreca.
Vengono
formulate dalla Corte di Cassazione in questa sentenza delle osservazioni e
delle riflessioni che sono ben utili per determinare i limiti dei poteri e delle
responsabilità sia del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’azienda
che delle figure provviste di delega
da parte del datore di lavoro. La figura del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione, ha messo in evidenza la suprema Corte, è obbligatoria
ai sensi delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro e la
stessa non può incidere in via diretta sulla struttura aziendale ma ha solo una
funzione di ausilio finalizzata a supportare e non sostituire il datore di
lavoro nella individuazione dei fattori dei rischi nelle lavorazioni, nella
scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e
formazione dei dipendenti, ragione per cui il datore di lavoro conserva
comunque l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il
relativo documento. Il delegato per la sicurezza, invece, è figura del tutto
eventuale ed è destinatario di poteri e responsabilità che originariamente ed
istituzionalmente gravano sul datore di lavoro e che gli possono venire
trasferiti solo se è stato individuato ed investito del ruolo con le rigorose
modalità previste dalle disposizioni di legge.
Il caso, l’iter giudiziario e il
ricorso in Cassazione
Il
Tribunale ha dichiarato il datore di lavoro di una società responsabile dei
reati di cui agli artt. 589 c. 1 e 2 c.p. (capo A), artt. 48 c. 3 e 89 c. 2 lett. a del D. Lgs. n. 626/94 (capo B), artt. 49 c.
1 e 2 e 89 c. 2 lett. a del D. Lgs. n. 626/94 (capo C), artt. 22 c. 1 e 89 c. 2 lett. a del D. Lgs. n. 626/94 (capo D) in
quanto per colpa ha cagionata la morte di un proprio dipendente, colpa
consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e nella violazione di alcune norme
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e lo ha condannato alla pena di un
anno di reclusione e dell’ammenda di euro 3.000,00 oltre alle spese, con
sospensione condizionale della pena.
Il
giudice del Tribunale, in particolare, ha ritenuto sussistente la penale
responsabilità del datore di lavoro in ordine ai reati ascritti per la
posizione di garanzia dallo stesso rivestita in qualità di titolare
dell’obbligo giuridico di impedire l’evento verificatosi. Era emerso, infatti
dalle risultanze processuali che il lavoratore era rimasto vittima di un
infortunio mentre provvedeva con un collega a caricare alcuni infissi in PVC,
completi di vetro, su di una pedana per il successivo trasporto, all’interno
della società cooperativa presso la quale prestava la sua attività lavorativa.
Nel dibattimento era stato anche accertato che l’imputato all’epoca dei fatti
rivestiva la qualifica di presidente e legale rappresentante della società e
che con un atto privo di data aveva delegato ad un socio della società stessa
la qualifica di responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Era
emerso, inoltre nel corso dell’istruttoria che la procedura utilizzata per il
carico degli infissi si era rivelata pericolosa e scorretta, che agli operatori
non era stata fornita un’adeguata formazione in relazione alla movimentazione dei
carichi ed ai rischi inerenti nonché in materia di salute e sicurezza sul
posto di lavoro, che non era stato predisposto un ambiente sicuro e che i
dipendenti non erano provvisti di protezioni individuali atte ad evitare
eventuali infortuni o, comunque, a limitarne i danni.
Proposto
dall’imputato appello avverso la sentenza di primo grado, la Corte di Appello
ha dichiarato il non doversi procedere nei suoi confronti in relazione ai reati
di cui agli artt. artt. 48 c. 3 e 89 c. 2 lett. a del D. Lgs. n. 626/94 (capo
B), artt. 49 c. 1 e 2 e 89 c. 2 lett. a del D. Lgs. n. 626/94 (capo C), artt.
22 c. 1 e 89 c. 2 lett. a del D. Lgs. n. 626/94 (capo D) in quanto prescritti e
ha rideterminato la pena allo stesso inflitta in un anno di reclusione.
Contro
la pronuncia della Corte di Appello il difensore dell’imputato ha presentato
ricorso per cassazione per vizio di motivazione, inosservanza ed erronea
applicazione di legge in relazione agli artt. 48
c. 3, 49 c. 1 e 2, 22 del D. Lgs. n. 626/94 nonché in
relazione agli artt. 16 e 17 del D. Lgs. n. 81/2008. Il ricorrente, in
particolare, ha censurata la riconosciuta inidoneità della
delega effettuata al RSPP dei poteri e delle facoltà in materia di
sicurezza
sul luogo di lavoro secondo quanto previsto dal D. Lgs. n. 626/94
osservando altresì
che la Corte di appello non aveva attribuito adeguata importanza al
fatto che
lo stesso era anche socio della società e munito, quindi, di tutti i
requisiti
normativi e fattuali non solo per essere delegato ma anche per essere
considerato ab origine diretto dirigente e datore di lavoro
dell’infortunato
nonché soggetto preposto ad assicurare la sicurezza sul luogo di lavoro.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il
ricorso è stato respinto dalla Corte di Cassazione perché ritenuto infondato.
Con riferimento in particolare all’osservazione dell’insussistenza delle
contravvenzioni di cui al D. Lgs. n. 626/94 ed all’incidenza delle omissioni
ivi sanzionate sul tragico incidente che aveva determinata la morte
dell’infortunato la suprema Corte ha messo in evidenza che sia il Tribunale che
la Corte di Appello avevano fondata la ritenuta sussistenza dei reati
contestati sulla base di plurime ed univoche risultanze processuali,
diffusamente illustrate nel testo della sentenza, tra le quali le dichiarazioni
di altri lavoratori nonché una foto dalla quale emergeva che il lavoratore non
portava il casco di protezione al momento dell’infortunio. La Corte territoriale
aveva inoltre correttamente evidenziato il nesso causale tra l’omissione delle
precauzioni da adottare sul luogo di lavoro e della valutazione del rischio
nella predisposizione della procedura di carico in questione ed il fatale
infortunio, essendo gli infissi caduti addosso al lavoratore schiacciandolo in
quanto non erano autonomamente assicurati alla pedana ma erano ad essa connessi
da un semplice cordino che, di volta in volta, veniva slegato per aggiungere
ulteriori elementi. E questo è stato il motivo per cui, al momento del carico
dell’ultimo infisso, tutti gli altri, essendo liberi, sono scivolati addosso al
lavoratore travolgendolo. Peraltro la stretta correlazione causale tra
l’incidente e l’inadeguata valutazione dei rischi (nonché l’insufficienza del
relativo documento) era stata resa evidente da una circostanza giustamente
posta in luce dai giudici di appello e cioè che dopo il sinistro la fase del
carico degli infissi è stata sensibilmente modificata.
Per
quanto concerne, invece, la lamentela inerente l’obbligo di garanzia e
l’inefficacia ai fini dell’esclusione della responsabilità del datore di lavoro
attribuita dai giudici di merito alla delega conferita al RSPP, la Sez. IV ha
rilevato che, così come è emerso dalla sentenza di appello, la delega era
risulta priva di data, con conseguente impossibilità di collocarla con certezza
in un momento antecedente al sinistro, ed era finalizzata alla nomina di RSPP e
non era una delega
della posizione datoriale oltre a non contenere alcuna attribuzione di poteri
finanziari né di alcun altro potere proprio del datore di lavoro e tali
comunque da consentire al delegato di far fronte, in via diretta, alle esigenze
in materia di prevenzione degli infortuni.
“
Come è noto, infatti”, ha precisato la
Corte di Cassazione, “
in materia di
infortuni sul lavoro, il datore di lavoro non può andare esente da
responsabilità, sostenendo esservi stata una delega di funzioni a tal fine
utile, per il solo fatto che abbia provveduto a designare il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione. Difatti la presenza di un RSPP è
obbligatoria ai sensi dell’art.
8
del D. Lgs. 626/1994 per l’osservanza di quanto previsto dal successivo art.
9
, ma tale figura non coincide con quella,
peraltro facoltativa, del dirigente delegato all’osservanza delle norme
antinfortunistiche ed alla sicurezza dei lavoratori”.
“
In particolare”, ha proseguito la Sez.
IV, “
il RSPP non può incidere in via
diretta sulla struttura aziendale ma ha solo una funzione di ausilio
finalizzata a supportare (e non a sostituire) il datore di lavoro
nell’individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta
delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione
dei dipendenti. Dunque nonostante si proceda, come nel caso di specie, alla
nomina di un RSPP il datore di lavoro conserva l’obbligo di effettuare la
valutazione dei rischi e di elaborare il documento relativo alle misure di
prevenzione e protezione”.
“
Il delegato per la sicurezza”, ha quindi
concluso la Sez. IV, “
è figura come già
detto del tutto eventuale ed è invece destinatario di poteri e responsabilità
originariamente ed istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro e, perciò,
deve essere formalmente individuato ed investito del suo ruolo con modalità
rigorose, non ricorrenti nel caso in esame (Cass., Sez. IV, n.
37861
/2009).
Peraltro in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai sensi
dell’art. 17 D. Lgs. n, 81 del 2008, il datore di lavoro non può delegare,
neanche nell’ambito di imprese di grandi dimensioni, l’attività di valutazione
dei rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e la designazione del
responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi (Cass. Sez.
IV, n.
4123
/2008)”.
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