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"Guida Sicura: il rischio legato guida di un autoveicolo aziendale "
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza Macchine ed Attrezzature
17/06/2014 - Nella sentenza Cassazione
penale, Sezione IV, 8 ottobre 2008, Proc. Gen. Venezia in proc. Da Tio, si
mette in evidenza un aspetto fondamentale e preliminare, ovvero che
il datore di lavoro, quale responsabile
della sicurezza deve operare un controllo costante e pressante, diretto o per
interposta persona, per imporre che i lavoratori rispettino la normativa e
sfuggano alla tentazione, sempre presente, di sottrarvisi, anche instaurando
prassi di lavoro non corrette, qual'è la condotta imprudente dei mezzi.
Ma quando parliamo di uso
dell'auto, o furgone, o autocarro aziendali per lo svolgimento dell'attività
lavorativa, che tipo di implicazioni intendiamo dal punto di vista della
sicurezza e igiene del lavoro? L’uso di questi mezzi implica la
definizione delle modalità corrette di uso
dell'auto aziendale sulla base dell'analisi del rischio di cui agli articoli
17 e 28 e 29 e altri del D.Lgs. n. 81/2008, nel contesto più generale di
perseguire la massima sicurezza tecnica, organizzativa e procedurale imposta
dall'articolo 2087 del Codice Civile secondo cui l’imprenditore è tenuto ad
attuare tutte “
le misure che secondo la
particolarità del lavoro, esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare
l’integrità fisica dei prestatori di lavoro”. La guida, le vibrazioni, la posizione
seduta per ore, l'idoneità psico-fisica, sono tutti argomenti che devono essere
valutati e gestiti.
Va pure ricordato, in linea di
principio, che è comunque escluso che il datore vada esente da colpa in
presenza di una mera distrazione del lavoratore, atteso che la distrazione non
connota di abnormità il comportamento assunto, essendo essa facilmente
prevedibile dal datore di lavoro tenuto a fare il possibile per proteggere il
lavoratore anche dalla sua stessa imprudenza (v. sentenza Sezione IV, 26 giugno
2007, n. 24869).
In un caso accaduto a porto Marghera
(Sezione IV, 17 maggio 2006, n. 4676/07, P.G. in proc. Bartalini ed altri) un
conducente percorre una strada in senso vietato ed il veicolo da lui guidato va
ad urtare un veicolo che procede nel senso di marcia consentito. Il conducente
che contravveniva la regola cautelare di legge (rispettare il senso di marcia)
risponderà delle lesioni subite dal conducente di quel veicolo perché l’evento
era prevedibile (la regola cautelare imponeva il rispetto del senso di marcia)
e l’incidente realizza la concretizzazione del rischio (la regola cautelare
violata era preordinata proprio ad evitare quel tipo di incidente).
Per
andare esente da responsabilità, il datore di lavoro "in colpa" non
potrebbe invocare la "legittima aspettativa" riposta nella doverosa
diligenza del lavoratore, ed in tal senso è stato escluso che presenti le caratteristiche dell’abnormità
il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente
dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono
utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l’osservanza
delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni
da parte del lavoratore, trattandosi di comportamento "connesso"
all'attività lavorativa o da essa non esorbitante e, pertanto, non
imprevedibile (cfr., per utili riferimenti, tra le altre, Sezione IV, 5
dicembre 2007, San Martino).
Nel definire il campo di
applicazione il D.Lgs. n. 81/2008 al comma 1 dell’articolo 3 testualmente
dispone “il presente Decreto Legislativo si applica a tutti i settori di
attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio”, e l'articolo
28 comma 1 prevede l'obbligo di valutare “tutti” i rischi, con ciò imponendo
l'obbligo di valutare qualunque fattore di rischio, incluso quello derivante
dall’utilizzo dei veicoli
aziendali. La Circolare Min. Lav. 102/95 sottolinea l'obbligo del datore di
lavoro di “individuare tutti i fattori di rischio esistenti e le loro
reciproche interazioni, nonché la valutazione della loro entità, effettuata ove
necessario mediante metodi analitici o strumentali” e la circostanza
normativamente determinata che “il DVR custodito in azienda non può essere
parziale o inadeguato, ma deve comprendere tutti i fattori di rischio
riscontrabili”, dunque va pure compreso il
rischio
legato alla guida di un autoveicolo aziendale se questa attività è parte
integrante della mansione lavorativa”.
La sentenza Cassazione penale, sez.
IV, 23 ottobre 2008, n. 45016 (dep.03 dic. 2008) relativa al decesso di un
lavoratore dipendente alla guida di un automezzo
aziendale, ha così disposto: “… ne consegue che
il datore di lavoro, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei
presidi antinfortunistici e del fatto che il lavoratore possa prestare la
propria opera in condizioni di sicurezza, vigilando altresì a che le condizioni
di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l'opera”.
Secondo la sentenza della Corte di
Cassazione, n° 3970, aprile 1999 “… il rischio
generico della strada può diventare rischio specifico di lavoro, quando a
quel rischio si accompagni un elemento aggiuntivo e qualificante, per il quale
l’incidente è connesso agli obblighi che derivano dal lavoro..”.
L'art. 18 c. 1 lett. c prevede
l'obbligo di affidare i compiti ai lavoratori tenendo conto delle loro
condizioni e capacità, in relazione alla sicurezza del lavoro.
“L’interesse dello Stato alla effettiva
assunzione delle misure di salvaguardia della salute del lavoratore non è
limitato alla fase che precede l’assegnazione dei compiti ma perdura per
l’intero rapporto” (Cass. III Pen. 2.7.2008 n. 26539) .
Ad esempio secondo la Cassazione penale con
sentenza n. 37999 del 3 ottobre 2008, in un caso di incidente stradale occorso
al conducente (dipendente poi deceduto) di un autoarticolato fuoriuscito dalla
carreggiata, il datore di lavoro è da ritenere responsabile e pertanto è tenuto
a rispondere delle conseguenze (delitto di omicidio colposo) per violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, a condizione che
abbia sottoposto il dipendente autista ad un faticoso doppio turno di lavoro e
che l'incidente sia causato
da stanchezza. Nello specifico “nel percorrere un tratto di strada
provinciale a curva in discesa alla guida di un autoarticolato trainante un
semirimorchio a cisterna, il conduttore, per cause imprecisate, perse il controllo
del veicolo e, alla velocità di 80 chilometri orari, percorse circa 50 metri in
frenata e fuoriuscì sul lato destro della carreggiata, finendo la propria
corsa, ribaltato, in una scarpata di oltre 70 metri dal piano viabile. Si
accertò che “(…) quel giorno, l’autista era stato sottoposto ad un doppio turno
di lavoro (aveva preso servizio alle ore 4.05 ed aveva lavorato fino all’ora di
pranzo; nel pomeriggio, alle ore 14.00 aveva ripreso servizio e l’incidente si
era verificato alle ore 17.45), vietato anche da specifiche disposizioni
aziendali”. Il responsabile di quel secondo turno – assolto in primo grado – fu
condannato in appello per omicidio colposo, in quanto “(…) la sua condotta
colposa era stata ritenuta causa dell’evento”.
La Corte di Cassazione, sezione
lavoro, sentenza 17 gennaio 2014, n. 899 si è pronunciata in relazione all’art.
172 n. 3 lettera c) del codice della strada, che esenta dall’uso di cintura di
sicurezza gli appartenenti a servizi di vigilanza privata che effettuano
scorte, il quale prevale sull’obbligo generale di cui all’art. 2087 c.c.
Difatti l’art. 172 è chiaramente una disposizione di ordine speciale tesa a
regolare una specifica attività lavorativa “pericolosa” in ordine al rispetto
dell’obbligo di indossare le cinture di sicurezza in una logica di
bilanciamento con evidenti interessi di altra natura, come il consentire una
più pronta reazione degli addetti alla vigilanza in caso di aggressione
criminosa.
Rolando Dubini, avvocato in
Milano
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