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"La gerarchia delle fonti nel quadro delle norme di sicurezza sul lavoro"

fonte www.puntosicuro.it / Normativa

19/06/2014 - Quante volte, a seguito dell’uscita di una nuova legge, ci siamo domandati se le parti da essa introdotte non compatibili con una vecchia legge o un vecchio decreto avessero la forza ovvero l’efficacia di abrogare la precedente fonte nelle corrispondenti parti, cioè di “prevalere” su di essa.
Oppure, dopo l’uscita di una circolare non del tutto coerente con un Accordo Stato-Regioni o con un Decreto Legislativo (ad esempio il D.Lgs. 81/2008), ci siamo domandati se la circolare andasse rispettata in ogni caso o soccombesse di fronte alla norma di segno diverso contenuta nell’Accordo o nel Decreto.
Queste sono tutte domande - a cui si vuole qui dare una risposta - che hanno a che fare con la cosiddetta “ gerarchia delle fonti” del diritto. Cioè, sostanzialmente, la gerarchia delle norme. Le quali norme sono collocate all’interno del sistema giuridico secondo un ordine gerarchico secondo il quale ciò che sta al vertice (nel nostro caso la Costituzione) imprime i propri indirizzi, la propria caratterizzazione e volontà a tutto ciò che è collocato al di sotto, esattamente al pari di una gerarchia militare o di una gerarchia aziendale.
 
Prima di far ciò, però, forse val la pena fare il punto su cosa si intenda per “fonti” del diritto, un’espressione - questa - che ritroviamo spesso nei manuali, nei commenti, nei dibattiti del nostro settore ma alla quale non sempre siamo in grado di ricondurre un significato preciso.

Le fonti del diritto si chiamano così perché sono quegli “atti” (cosiddette fonti-atto, che sono le norme scritte) o quei “fatti” (cosiddette fonti-fatto, quali la consuetudine, gli usi..) che immettono diritto - e quindi ne sono “fonte” - all’interno dell’ordinamento giuridico.
 
Le fonti appartengono a gradi diversi e si coordinano, tra gli altri criteri, anche mediante il criterio gerarchico [1] che, abbinato a quello cronologico [2], prevede che una norma di pari grado o di grado superiore emanata successivamente ad una norma precedente di pari grado o di grado inferiore prevalga su essa.
Un principio più difficile a dirsi che ad applicarsi e che in realtà è un principio intuitivo.  
 
Quando ad esempio è stato emanato il D.Lgs. 81/2008, oltre alle norme precedenti esplicitamente abrogate da questo decreto (art. 304), sono state correttamente ritenute abrogate anche tutte le disposizioni precedenti di pari grado o di grado inferiore che fossero state incompatibili con il testo unico (e che erano non poche). Comprendere cosa sia la gerarchia delle fonti, rimanendo all’esempio del decreto 81, significa riempire di significato quel riferimento alle norme di “pari grado” o di “grado inferiore” e, più in generale, riuscire a cogliere i rapporti tra le norme. 
 
Ciò premesso, vediamo in quale architettura gerarchica il codice civile ha collocato nel 1942 le fonti normative, tenendo conto che - essendo la Costituzione del 1948 e quindi successiva - tale quadro dovrà essere poi integrato.
Le Disposizioni preliminari al codice civile [3] hanno riordinato le fonti del diritto nel seguente modo:
1)    Le leggi
2)    I regolamenti
3)    [Abrog.]
4)    Gli usi.
 
Vediamo ad oggi, più nello specifico, quali sono le fonti dell’ordinamento giuridico.
O meglio, quali sono le fonti di maggiore interesse per l’operatore di salute e sicurezza sul lavoro, dal momento che si è scelto di selezionare solo le fonti principali che vengono maggiormente quotidianamente “maneggiate” da coloro che gestiscono la prevenzione nelle aziende.  
 
Visualizziamo la gerarchia delle norme come una piramide.
All’apice di questa piramide c’è la Costituzione, la “legge delle leggi” .
O meglio, per essere più precisi, vi sono le fonti cosiddette superprimarie, quali la Costituzione, le leggi di revisione costituzionale e le altre leggi costituzionali.
Questo significa ad esempio nel nostro settore che, sulla base dell’ordine gerarchico di cui si è detto, tutte le norme che stanno al di sotto della Costituzione (leggi, decreti di ogni tipo..) devono uniformarsi al principio costituzionale secondo cui l’iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con la sicurezza, la quale è un bene prevalente (art. 41).
Perché, come abbiamo ricordato, nella gerarchia delle fonti ciò che sta sopra ha formalmente più forza di ciò che sta sotto; come a dire che ciò che vale, in termini di principi affermati, per il vertice della piramide deve valere anche per tutte le altre norme poste al di sotto. Esiste infatti un controllo di validità da parte della Corte Costituzionale della fonte subordinata rispetto a quella  superiore.
 
La Costituzione inoltre contiene alcune norme che legittimano altre fonti del diritto oltre a quelle statali: si pensi all'art.117 che stabilisce (anche) i casi in cui le Regioni possono emanare leggi e agli artt.10 e 11 che fanno riferimento alle fonti “esterne” rappresentate dalle “norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” (quali i Trattati internazionali e le norme emanate dall’Unione Europea).
In particolare, si ricorda che il Regolamento Comunitario (ad es. il REACH sulle sostanze chimiche) ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri senza bisogno che lo Stato Nazionale lo recepisca con un atto interno, a differenza del Direttiva Comunitaria che in linea di principio non ha diretta applicabilità, che vincola lo Stato cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere ma non la forma e i mezzi e che deve essere recepita con un atto interno (per lo più un Decreto Legislativo).
Con una importante sentenza del 1984, poi ripresa da un’altra del 1994 [4], la Corte Costituzionale ha stabilito che l’emanazione di un Regolamento Comunitario impedisce l'emanazione di ogni provvedimento successivo da parte del legislatore italiano, essendo la materia disciplinata dal Regolamento sottratta alla competenza del legislatore nazionale, e che, in caso di violazione di questo principio, il provvedimento interno dovrebbe essere disapplicato.
 
Sotto la Costituzione abbiamo le fonti primarie (e subprimarie), quali, le leggi ordinarie (ad es. la L.123/2007), i decreti-legge(ad es. il recente Decreto “Fare” poi convertito nella L.98/2013, che ha modificato varie norme del D.Lgs. 81/2008), le leggi regionali e delle province autonome, i decreti legislativi (ad es. l’attuale Testo Unico di SSL), il Referendum abrogativo etc..
In questo livello primario si collocano anche i codici civili e penale (Regi Decreti) che infatti possono essere modificati (e a più riprese lo sono) da Leggi, Decreti Legislativi etc.
 
Al di sotto del livello primario, tra le principali fonti secondarie vi sono principalmente i regolamenti e gli atti amministrativi. I regolamenti, in particolare, sono fonti adottate dal potere esecutivo, che non possono contenere norme in contrasto con le leggi ma, pur essendo norme secondarie e quindi atti amministrativi, innovano l’ordinamento giuridico nei limiti stabiliti dalla legge. 
In questa categoria rientrano i Decreti del Presidente della Repubblica successivi al 1988 ( D.P.R.; ad es. il D.P.R. 177/2011 sugli spazi confinati; mentre i D.P.R. degli anni ’50, quali il 547/55 e il 303/56 erano decreti delegati, con un’efficacia pari agli attuali D.Lgs.), i Decreti Ministeriali ( D.M., ad es. il D.M. 10 marzo ‘98 sull’antincendio), i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri ( D.P.C.M., ad es. il D.P.C.M. 21 dicembre 2007 sul Coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di SSL), i Decreti Interministeriali ( D.I., ad es. il D.I. 6 marzo 2013 sui criteri di qualificazione del formatore in materia di SSL).
Se si pensa a tutti questi Decreti citati come esempio tra parentesi, se ne riconosce subito il valore di norme secondarie, nel senso che verrà immediatamente in mente la norma primaria (contenuta nel D.Lgs. 81/2008) di cui essi sono attuazione. Dunque sono posti a un livello sublegislativo.
 
Anche pensando ai principali Accordi Stato Regioni e Intese Stato-Regioni (ad es. in materia di formazione e sorveglianza sanitaria) risulterà agevole identificare la norma primaria di cui essi sono attuazione e rispetto alla quale essi sono posti al di sotto (ad es., gli artt.37 e 41 D.Lgs. 81/2008).
 
Ma quando vengono emanati questo tipo di atti?
Secondo le definizioni fornite dalla normativa , l’Intesa Stato-Regioni “è espressa in tutti i casi in cui la legislazione vigente preveda che sia sancita un’“intesa” con la Conferenza Stato-Regioni su una proposta di iniziativa dell’Amministrazione centrale” mentre l’Accordo Stato-Regioni “è lo strumento con il quale il Governo, le Regioni e le Province Autonome, in sede di Conferenza Stato-Regioni, coordinano l’esercizio delle rispettive competenze e lo svolgimento di attività di interesse comune in attuazione del principio di leale collaborazione” (artt. 3 e 4 D.Lgs. 281/97).
 
Un discorso a parte va fatto, infine, per le Circolari.
Esse contengono direttive o istruzioni che provengono dalle autorità amministrative centrali o gerarchicamente sovraordinate agli enti od organi periferici o subordinati e sono finalizzate ad indirizzare in modo omogeneo l’attività di questi ultimi. Pertanto vanno considerate quali atti interni alla Pubblica Amministrazione (alle stregua di norme interne) che esauriscono la loro efficacia giuridica all’interno dei rapporti tra tali enti e i funzionari ad essi appartenenti [5] (si pensi, ad esempio, nell’ambito del nostro settore, alle circolari indirizzate dal Ministero del Lavoro ai membri della Direzione Territoriale del Lavoro o alle circolari del Ministero dell’Interno nei confronti dei Vigili del Fuoco etc.).
Ciò non significa che, al di là di questa precisazione sul valore strettamente giuridico, non abbiano utilità per gli operatori del settore della prevenzione (datori di lavoro, RSPP, Medici Competenti etc..). Quelle inviate agli Operatori della Vigilanza, ad esempio, definiscono gli indirizzi cui dovrà uniformarsi l’ attività di vigilanza, anche nel senso del modo in cui dovranno essere interpretate da parte di tali soggetti le norme primarie delle quali va verificata l’applicazione e dunque in tal senso forniscono chiarimenti e orientamenti utili anche per gli operatori i quali ovviamente hanno interesse a conformarsi a tali criteri e in generale ad adempiere secondo gli indirizzi più consolidati di un certo settore.
Ma affinché sussista tale utilità, le interpretazioni riportate nelle circolari devono essere pienamente coerenti e in linea con lo spirito e la lettera della norma primaria e non possono in alcun modo porsi in contrasto con essa, in nessuna delle indicazioni che forniscono, anche minima.
 
Concludiamo dunque con un principio che vale per tutte le fonti collocate nell’ordine gerarchico di cui si è detto e che è il faro che ci deve guidare: le norme di grado superiore prevalgono su quelle di grado inferiore e queste ultime non possono mai modificare o abrogare quelle di livello superiore, né possono porsi in contrasto con esse.
 

Anna Guardavilla



[1] Lex superior derogat legi inferiori.
[2] Lex posterior derogat priori.
[3] Art. 1 delle Preleggi al Codice Civile (“Indicazione delle fonti”).
[4] Sentenza Granital n. 170 del 1984 e sentenza n. 244/1994.
[5] Cassazione n.2092/1983.

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