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"L’individuazione del datore di lavoro nelle società di capitali"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
23/06/2014 -
Commento
Viene ribadito in questa sentenza dalla Corte di Cassazione un
principio già più volte precedentemente espresso dalla stessa e cioè che
nelle società di capitali in tema di sicurezza sul lavoro i il
datore di lavoro si
identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri gestionali
e di spesa all’interno della stessa e quindi con i vertici della
società con la conseguenza che gli obblighi inerenti la prevenzione
degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano
indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione.
Discende in tal modo. ha sostenuto la suprema Corte, la possibilità
della coesistenza, all’interno della medesima impresa, di più figure
aventi tutte la qualifica di datore di lavoro sulle quali incombe
l'onere di valutare i rischi per la sicurezza, di individuare le
necessarie misure di prevenzione e di controllare l'esatto adempimento
degli obblighi di sicurezza. Il
principio del cumulo delle responsabilità in capo ai rappresentanti della componente datoriale non trova applicazione solo nel caso dell’esistenza di una delega esplicita o
implicita della posizione di garanzia, ravvisabile quest'ultima in un
incarico conferito, anche in assenza di un atto espresso, a una figura
prevenzionale specificamente preposta a garantire gli obblighi attinenti
alla sicurezza.
Il fatto
La Corte d'Appello ha confermata la sentenza del giudice di
primo grado che aveva condannato per omicidio colposo il Presidente del
Consiglio di Amministrazione, nonché amministratore delegato e legale
rappresentante di una s.r.l. ed il capo cantiere dell’impresa gestita dalla
stessa società perché ritenuti penalmente responsabili del reato di cui
all'art. 589 c.p. per non avere assicurata la predisposizione delle misure di
prevenzione nel cantiere dove aveva trovato la morte un lavoratore dipendente
dell’impresa il quale, mentre si trovava al secondo piano di un ponteggio
metallico, era caduto procurandosi gravissime lesioni che ne hanno determinato
il decesso. I giudici di merito hanno rilevato che il ponteggio, che serviva
agli addetti per salire sul solaio in allestimento, era in cattivo stato di
manutenzione, non era montato a regola d'arte (la parte che poggiava sul solaio
risultava più elevata) ed era sprovvisto di tavola fermapiede e che, inoltre, i
parapetti mancavano del corrente intermedio e la luce lasciata in senso
verticale tra il corrente e il piano di calpestio era maggiore di cm 60 per cui
in definitiva mancavano le protezioni che avrebbero salvaguardati il lavoratore
dal pericolo di caduta.
Nei confronti del Presidente del Consiglio di
Amministrazione era stata individuata una posizione di garanzia nella sua
qualità di datore di lavoro, in ragione dei fatto che il lavoratore, ancorché
dipendente da altra ditta, era stato distaccato presso la società che lo stesso
amministrava ed alla quale competeva il potere direttivo nel cantiere. La
responsabilità a carico dell’altro imputato discendeva, invece, dal ruolo che
rivestiva nell’impresa di capocantiere.
Il
ricorso in cassazione e le motivazioni
Avverso la sentenza della Corte di Appello hanno proposto
ricorso per cassazione entrambi gli
imputati. Il capo cantiere ha fatto osservare che l’infortunato era dipendente
di un’altra ditta e che il titolare della stessa era presente nel cantiere
quando si è verificato l'infortunio. Lo stesso ha rilevato, inoltre, che la
Corte di Appello aveva scagionato il responsabile legale della società sul
rilievo che non era risultata provata la sua ingerenza nella gestione e
organizzazione dei lavori, mentre tale dato si scontrava con la logica essendo
un datore di lavoro che si trovava in cantiere. Il responsabile legale della
società dal canto suo ha fatto presente di essere posto al vertice di
un'impresa complessa e organizzata con vari livelli di responsabilità e che il
giudice erroneamente aveva ritenuto non sussistente una delega
di funzioni idonea ad esonerarlo dalle
responsabilità. Ha messo in evidenza, altresì, di essere costantemente
impegnato in un rilevante numero di cantieri, da 15 a 20, e di occuparsi di
tutta l'attività amministrativa e dei rapporti con banche e clienti, mentre dei
cantieri si occupava un direttore tecnico al quale si affiancava un capo
cantiere con funzioni di controllo dei cantieri medesimi.
Il Presidente del Consiglio di Amministrazione ha inoltre
sostenuto che la corte d'Appello aveva commesso un errore nell’applicare il
principio della responsabilità indistinta dei componenti il consiglio di
amministrazione e della inderogabilità delle funzioni di garanzia, con
ingiustificata moltiplicazione delle responsabilità, ed ha evidenziato che ciò
che si era verificato nel cantiere nel quale era successo l’infortunio non
poteva essere riferito alla responsabilità del vertice dell'impresa ma solo
alle persone che avevano la responsabilità diretta del cantiere medesimo. Lo
stesso ha richiamato l'orientamento giurisprudenziale in forza del quale in
materia antinfortunistica la sussistenza di una delega di funzioni idonea a esonerare da responsabilità il datore di lavoro
poteva essere desunta dalle dimensioni della struttura aziendale ed ha concluso
affermando la mancanza di un qualsiasi profilo di colpa a lui ascrivibile, non
essendogli stata attribuita un'inadempienza organizzativa ma soltanto il
difetto di montaggio di un singolo ponteggio.
Le decisioni della Corte suprema di
Cassazione.
La Corte di Cassazione ha ritenuto
infondati i ricorsi presentati e li ha
rigettati entrambi. Per quanto riguarda il capo cantiere la suprema Corte ha
precisato che anche se lo stesso avesse fatto emergere la responsabilità
dell’amministratore della società ciò non sarebbe comunque valso a esonerarlo
da responsabilità essendo lo stesso, nella sua qualità di capo cantiere,
direttamente coinvolto nella sorveglianza dell'andamento dei lavori: la sua
azione sarebbe valsa al massimo a configurare una responsabilità concorrente
dell’amministratore stesso. Passando quindi all’esame della posizione
dell’amministratore della società la Corte suprema ha rilevato che la sua
responsabilità era stata correttamente fatta discendere dal principio in forza
del quale "
in tema di sicurezza e di
igiene del lavoro, nelle società di capitali il datore di lavoro si identifica
con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa
all’interno dell'azienda, e quindi con i vertici dell'azienda stessa, ovvero
nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o
componente del consiglio di amministrazione cui siano state attribuite le
relative funzioni" con la conseguenza che "
gli obblighi inerenti alla
prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro,
gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione".
“
Ne
discende”, ha quindi proseguito la Sez. IV “
la possibilità della coesistenza, all’interno della medesima impresa,
di più figure aventi tutte la qualifica di datore di lavoro, cui incombe
l'onere di valutare i rischi per la sicurezza, di individuare le necessarie
misure di prevenzione e di controllare l'esatto adempimento degli obblighi di
sicurezza”.
“
Il
principio del
cumulo delle
responsabilità in capo ai rappresentanti della componente datoriale”,
ha quindi affermato la suprema Corte, “
non
trova applicazione nel caso di esistenza di una delega esplicita o implicita
della posizione di garanzia, quest'ultima ravvisabile nell'incarico conferito,
anche in assenza di atto espresso, a una figura prevenzionale specificamente
preposta a garantire gli obblighi attinenti alla sicurezza”. Bene quindi
hanno fatto in definitiva i giudici di merito, secondo la Sez. IV, ad applicare
correttamente i principi richiamati. Gli stessi, infatti, posto che dalle
qualifiche aziendali non possono farsi discendere direttamente specifici ruoli
sul piano prevenzionistico, hanno correttamente escluso, in difetto di
precisazioni risultanti dagli atti della società riguardo all'assegnazione del
ruolo e delle competenze (specificamente in ambito di sicurezza sul lavoro) a
soggetti determinati, che il semplice conferimento dell'incarico affidato al
direttore tecnico dell'impresa con l’attribuzione di "funzioni
tecniche", equivalesse a una efficace delega in materia antinfortunistica.
Per altro verso, ha fatto notare in
conclusione la Sez. IV, i giudici di merito, preso atto della mancanza di una
delega formale, avevano escluso la sussistenza di una delega implicita o
presunta in materia antinfortunistica derivante dalle dimensioni e
dall'organizzazione dell'impresa rilevando, con affermazione non contestata nel
ricorso, che nella stessa non era presente una divisione in rami, settori o
servizi sì da poter individuare singole posizioni di responsabilità in base alle
suddivisioni dell'organizzazione aziendale.
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