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"Legionellosi: le tecniche di risanamento dell’impianto idrico"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
27/06/2014 - Torniamo a parlare di
legionellosi,
un infezione polmonare causata da un batterio chiamato Legionella e responsabile della malattia dei legionari e
della febbre di Pontiac. E ne parliamo, in questo caso, con riferimento
ad alcune misure per prevenire la contaminazione degli impianti idrici.
Su questo tema si è infatti soffermato il convegno "
Trattamenti
antilegionella: i recenti sviluppi normativi, le soluzioni, le
tecnologie e la manutenzione degli impianti idrico sanitari", convegno che si è tenuto il 9 Marzo 2011 presso il Collegio dei periti industriali e dei periti industriali laureati della provincia di Cremona.
Ci soffermiamo oggi
sull’intervento “
Tecniche di risanamento
e sistemi di trattamento anti-legionella”, a cura del Dott. Marco
D’Ambrosio (Cillichemie Italiana).
Il relatore sottolinea che il
microrganismo della specie Legionella
Pneumophila può trovare condizioni ideali per moltiplicarsi negli impianti idrici
all’interno degli edifici e diventare un pericolo per la salute umana.
Questi alcuni ambiti in cui si
può trovare la legionella: acqua fredda sanitaria, acqua calda sanitaria, torri
evaporative/condensatori, impianti umidificazione, piscine, impianto
antincendio, ...
E l’intervento ricorda che per
individuare il
più corretto trattamento
di sanificazione è necessario considerare i seguenti
fattori:
- “tipologia di impianto
(ACS/raffreddamento/umidificazione/vasca ornamentale);
- tipologia di materiali
impiegati (zincato, PE, PVC, multistrato, inox..);
- presenza di incrostazioni,
corrosioni, biofilm” (è una “pellicola” di microrganismi immersi in una matrice
organica);
- grado di contaminazione
dell’impianto;
- possibilità di formazione
sottoprodotti di disinfezione;
- semplicità di impiego e
monitoraggio;
- costo d’investimento iniziale
(costo impianto e materiali);
- costi di gestione”.
In realtà ogni
tecnica di sanificazione “possiede
aspetti positivi ed aspetti negativi che l’esperienza di quest’ultimo decennio
ha consentito di mettere in evidenza”. E comunque l’impiego di tecniche di
sanificazione “deve rientrare in un processo più ampio di analisi dei
rischi comprensivo di: identificazione e valutazione dei rischi (da aggiornare
almeno ogni 2 anni); gestione del rischio (manutenzione ord. e straord.,
controlli analitici,...)”.
L’intervento si sofferma in
particolare sulle varie modalità di sanificazione - con particolare riferimento
ai circuiti ACS (acqua calda sanitaria) - indicando per ognuna le modalità di
esecuzione, corredate da disegni esplicativi, e commenti relativi ai vantaggi e
svantaggi del metodo.
Rimandandovi alla lettura
integrale delle slide dell’intervento, ci soffermiamo su alcune modalità
indicate.
Ad esempio il “
mantenimento della temperatura sopra i 50°C”
che consiste nel mantenimento costante della temperatura tra 55-60°C
all’interno della rete di distribuzione dell’acqua calda.
Questi i commenti:
- “non elimina legionella;
- non sempre applicabile
(centrali termiche non adeguate);
- contrario al regolamento sul
risparmio energetico D.P.R. 412/93 (T= 48°C);
- incrostazione reti di
distribuzione e terminali (aumento rischio ricrescita batterica);
- azione corrosiva nel bollitore
e nella rete (aumento rischio ricrescita batterica)”.
Un altro metodo è lo “
shock termico”, cioè l’aumento della
temperatura dell’acqua calda a 70-80°C continuativamente per 3 gg. con
scorrimento per 30 min (temperatura minima ai punti distali 60°C).
Questi i commenti:
- “necessità di interventi
frequenti;
- ricrescita batterica nel
periodo tra due risanamenti;
- non sempre applicabile
(centrali termiche non adeguate);
- richiede tempo e personale per
controllo T (rischio ustioni);
- innesco processi di
incrostazione;
- azione corrosiva: costo
manutenzione impianti!”.
Per sanificare è possibile usare
anche l’
ipoclorito di sodio o
attraverso una iperclorazione shock o una iperclorazione continua:
- “necessità di interventi
frequenti;
- ricrescita batterica nel
periodo tra due risanamenti;
- l’azione disinfettante è minima
al di sopra dei 30°C;
- efficacia limitata sul biofilm;
- formazione di sottoprodotti
(THM);
- analisi THM da parte di tecnici
specializzati;
- concentrazione di cloro non
compatibile con lo standard sull’acqua potabile: 0,2 mg/l;
- apparente costo contenuto
(ca.0,01 EURO /m3);
- forte azione corrosiva: costo
manutenzione impianti!”.
Un’altra sostanza utilizzata è il
biossido di cloro, un gas instabile
che viene prodotto in loco mediante un generatore:
- “buona attività ed efficacia
anche sul biofilm;
- facilità d’analisi on-line;
- possibile formazione di
sottoprodotti: cloriti / clorati oltre limiti D.L. 31/01;
- costo di investimento e
manutenzione elevato;
- azione corrosiva;
- problemi di sicurezza ( gas
esplosivo)”.
Concludiamo parlando di
ultrafiltrazione, ricordando che “può
essere effettuata al POE (Point of Entry) o più frequentemente al POU (point of
use) per la protezione di specifiche utenze ad alto rischio”:
- “efficace barriera fisica
(grado di filtrazione < 0.2 μm);
- agisce solamente nel punto di
utilizzo (nessuna protezione residua). Non protegge la rete di distribuzione;
- la presenza di depositi
nell’acqua calda riduce la vita del filtro;
- necessita di sostituzioni
frequenti (ca 15-30 gg);
- estremamente costoso (solo per
utenze limitate a forte rischio)”.
Ricordiamo infine tutti i sistemi
di sanificazioni trattati nell’intervento:
- Mantenimento temperatura >
50 °C;
- Shock termico;
- Disinfezione con ipoclorito di
sodio;
- Disinfezione con biossido di
cloro;
- Disinfezione con perossido di
idrogeno e argento;
- Disinfezione con ozono;
- Ionizzazione rame argento;
- Disinfezione con raggi
ultravioletti UVC;
- Ultrafiltrazione.
“ Tecniche di risanamento e sistemi di trattamento
anti-legionella”, a cura del Dott. Marco D’Ambrosio (Cillichemie Italiana),
intervento al convegno "Trattamenti antilegionella: i recenti sviluppi
normativi, le soluzioni, le tecnologie e la manutenzione degli impianti idrico
sanitari" (formato PDF, 1.05 MB).
RTM
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