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"Sulla corresponsabilità fra appaltante e appaltatore in caso di infortunio"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
09/02/2015 -
Commento a cura di Gerardo Porreca
La Corte di Cassazione ha affermato in questa sentenza che nel caso dell’ appalto di lavori è ravvisabile la colpa in capo al committente per
non
avere controllato che la ditta appaltatrice fosse dotata dei mezzi
necessari e agisse nel rispetto della normativa antinfortunistica.
Nel caso in esame la suprema Corte ha messo in evidenza in particolare
che il committente non aveva verificato in alcun modo l’effettivo
rispetto degli obblighi di legge benché si recasse regolarmente in
cantiere per controllare l’andamento dei lavori e benché fosse evidente e
ravvisabile da chiunque il rischio generico di caduta dall’alto connesso
al fatto che il vano ascensore installato in cantiere non fosse
protetto in modo adeguato e rispondente alle disposizioni di legge in
materia.
Il fatto e l’iter giudiziario e il ricorso in cassazione
La Corte di Appello, nel dichiarare
estinti per maturata prescrizione i reati contravvenzionali in materia di infortuni
sul lavoro ascritti al titolare di una impresa appaltatrice esecutrice di
alcuni lavori di
carpenteria in un cantiere edile, ha confermata la sentenza emessa dal
Tribunale nella parte in cui aveva dichiarato il titolare stesso e il
Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’impresa edile committente
responsabili del reato di cui agli artt. 40 e 41 c.p., art. 590 c.p., commi 2 e
3, art. 583 c.p., prima parte, n. 1, perché, ciascuno con condotte
indipendenti, per imprudenza, negligenza, imperizia ed inosservanza delle norme
sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, omettendo di assicurare che le
aperture lasciate sui solai e
lucernari fossero dotate di normale parapetto ovvero coperte con tavolato
solidamente fissato, cagionavano ad un lavoratore dipendente dell’impresa
appaltatrice delle lesioni personali gravi, consistite in una frattura biossea
della gamba destra e delle contusioni escoriate della mano sinistra, essendo
questi precipitato da un'altezza di circa 3 m in seguito al cedimento di due
tavole di legno poste a copertura di un vano ascensore.
Avverso la sentenza della Corte
d'Appello hanno proposto
ricorso per
cassazione entrambi gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori. In
particolare il titolare dell’impresa individuale ha addotto fra le motivazioni
del ricorso il fatto che la Corte di Appello non aveva dichiarato prescritto il
reato ascritto mentre il Presidente del Consiglio di Amministrazione
dell’impresa committente ha sostenuto che la responsabilità del sinistro era da
ascrivere al solo appaltatore poiché, benché avesse fornito le impalcature, non
era presente in cantiere al momento dell’infortunio e quindi non si era potuto
rendere conto delle omissioni nelle quali era incorso l'appaltatore. Secondo lo
stesso, inoltre, l’appaltatore aveva gestito il cantiere in piena autonomia
senza alcuna interferenza da parte sua per cui l’obbligo di predisporre le
misure di protezione del vano ascensore incombeva, in particolare, sulla sola
impresa appaltatrice la quale aveva presentato l'offerta dichiarando di
possedere, nell'ambito dei lavori di carpenteria e, più nel dettaglio, di
disarmo, tutte le competenze tecniche e di formazione delle maestranze. Secondo
il committente, quindi, non vi era alcun obbligo di controllo da parte sua né
si doveva sottacere il fatto che egli aveva nominato
un coordinatore per verificare le modalità di lavoro eseguite
dall’appaltatore.
Le
decisioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato
inammissibili entrambi i ricorsi per manifesta infondatezza. Con riferimento in
particolare al ricorso presentato dal committente la suprema Corte ha messo in
evidenza, in premessa, che al giudice di legittimità resta preclusa, in sede di
controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati
dal giudice di merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una
migliore capacità esplicativa. Queste operazioni, infatti, ha sostenuto la Sez.
IV, trasformerebbero la Corte nell'ennesimo giudice del fatto e le
impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di
organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai
giudici di merito rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di
capacità di rappresentare e spiegare l'iter logico da loro seguito per giungere
alla decisione.
La Corte suprema, quindi, ha condiviso
le decisioni assunte dalla Corte di merito non avendo il committente “
controllato che la ditta appaltatrice fosse
fornita di dotazioni di sicurezza e agisse nel rispetto della normativa
antinfortunistica, non avendo, in particolare, verificato in alcun modo né le
capacità organizzative della ditta scelta né l'effettivo rispetto degli
obblighi di legge, dato che egli si recava regolarmente presso il cantiere per
verificare l'andamento dei lavori ed essendo evidente e riconoscibile da
chiunque il rischio generico da caduta connesso al fatto che il vano ascensore
non fosse protetto in modo adeguato”. “
In
tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro”, ha così proseguito la Sez.
IV, “
il dovere di sicurezza, con riguardo
ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione
d'opera, è riferibile, oltre che al datore di lavoro (di regola l'appaltatore,
destinatario delle disposizioni antinfortunistiche), anche al committente
ancorché detto principio non possa applicarsi automaticamente, non potendo esigersi
dal committente un controllo pressante, continuo e capillare
sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori”.
Nel caso particolare in esame, ha così
concluso la Corte di Cassazione, la Corte territoriale aveva verificato in
concreto quale era stata l'incidenza della condotta
del committente nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità
organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, essendosi reso
conto del fatto che la ditta appaltatrice non disponeva di adeguata organizzazione,
tanto che i ponteggi erano stati predisposti dal committente stesso ed aveva,
altresì, presa in considerazione la regolarità con cui il committente si recava
in cantiere per controllare l'andamento dei lavori nonché la immediata e facile
percepibilità della situazione di pericolo connessa al fatto che il vano
ascensore non appariva adeguatamente protetto.
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