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"Le “particolari esigenze” in materia di salute e sicurezza"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
13/02/2015 -
La recente pubblicazione (G.U. n. 15 del 20 Gennaio 2015) del decreto 18 Novembre 2014, n. 201, contenente il
“Regolamento
recante norme per l’applicazione, nell’ambito dell’amministrazione
della Giustizia, delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori nei luoghi di lavoro”, già oggetto di commento in questo sito (si veda, anche per gli aspetti di dettaglio della normativa in questione, T. Menduto,
Pubblicato il decreto attuativo per l’amministrazione della giustizia,
su Punto sicuro del 26 Gennaio u.s.), costituisce l’occasione per una
sintetica trattazione dedicata alla applicazione delle regole della
salute e sicurezza sul lavoro in settori connotati da particolarità che
giustificano una
applicazione “modulata” delle disposizioni vigenti in materia.
Con specifico riferimento al campo di applicazione oggettivo, il
“testo unico” recepisce il criterio contenuto nell’articolo 1, comma 2,
della legge delega n. 123 del 2007, secondo il quale la nuova normativa
avrebbe dovuto applicarsi
“a tutti i settori di attività (…) anche
tenendo conto delle peculiarità o della particolare pericolosità degli
stessi e della specificità di settori ed ambiti lavorativi, quali quelli
presenti nella pubblica amministrazione”. L’articolo 3, comma 1,
del d.lgs. n. 81/2008, nel far proprio questo criterio di delega, impone
espressamente l’applicabilità della normativa antinfortunistica “a
tutti i settori di attività, privati e pubblici” e “a tutte le tipologie
di rischio”. In tal modo, il Legislatore del 2008 dimostra di avere
definitivamente scelto la strada della generalizzata applicabilità della
normativa antinfortunistica a qualunque realtà lavorativa, per quanto
tale principio “cardine” venga sovente applicato in modo diverso tenendo
conto delle peculiari situazioni nelle quali si trovino determinate
categorie di soggetti o nelle quali si svolgano certe attività.
In particolare, pur avendo confermato il principio
generale di attuazione della normativa prevenzionistica a tutti i settori di
attività (imposto dalle Direttive comunitarie di riferimento ed, infatti, già
espresso dall’articolo 1, comma 1, del d.lgs. n. 626/1994), il d.lgs. n.
81/2008 fa salve le discipline specifiche e differenziate per determinati
settori ed ambiti lavorativi peculiari, che si caratterizzano per “
effettive particolari esigenze connesse al
servizio espletato o alle peculiarità organizzative” (articolo 3, comma 2,
primo periodo, d.lgs. n. 81/2008), quali, ad esempio, le Forze Armate e di
Polizia, le Università e le strutture giudiziarie e penitenziarie.
Va al riguardo sottolineato come tale scelta – contemplata
finanche dalla direttiva “quadro” in materia di salute e sicurezza sul lavoro
(n. 89/391 CE) – non costituisca certo un mezzo per ridurre gli adempimenti in
materia di salute e sicurezza quanto, piuttosto, uno strumento di migliore
applicazione delle regole della prevenzione, quando le esigenze particolari di
determinate attività non si prestino ad una applicazione ed indistinta delle
regole che il d.lgs. n. 81/2008, che richiedono quindi di essere “modulate” in
alcune parti (si pensi al caso di scuola della impossibilità di applicare alle
carceri le medesime regole di esodo, in caso di emergenza, applicabili a tutte
le aziende). Tale essenziale principio è stato chiaramente sottolineato dalla
Corte di Cassazione in diverse pronunce ed, in particolare, nella sentenza
della sezione IV penale, 18 Febbraio 2010, n. 6694, su Punto Sicuro del 15
Marzo 2010 con nota di G. Porreca,
Sulla
responsabilità nel caso di infortunio ad un detenuto lavoratore, nella
quale si sottolinea con esemplare chiarezza come:
“Le particolari esigenze connesse al servizio…riguardano problemi di
organizzazione e di sicurezza interna alle strutture e non possono portare ad
una sostanziale abrogazione di precise norme di legge nonché all’azzeramento o
alla compressione delle garanzie che la legge riserva, senza differenze di
sorta, a tutti i lavoratori ed a tutti i luoghi di lavoro nessuno escluso”. In
tal modo viene reso evidente come il contenuto dei provvedimenti che
disciplinano le “
particolari esigenze”
di determinati settori ed attività deve essere limitato alle misure che sono
imposte dalle peculiarità di riferimento e non possono prevedere sostanziali
limitazioni del diritto alla salute e sicurezza dei lavoratori né limitazioni
in ordine a principi essenziali (da identificare, a parere di chi scrive, in
quelli di derivazione comunitaria) della prevenzione degli infortuni e delle
malattie professionali, quali, ad esempio, la completezza della valutazione dei
rischi o, sempre in via esemplificativa, la rappresentanza dei lavoratori per
la sicurezza.
Tale è, quindi, il contesto nel quale nel 2008 venne
previsto che le suddette discipline venissero individuate con decreti da
emanare, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, legge 23 Agosto 1988, n. 400
(quindi, con regolamenti), entro e non oltre la data del 15 maggio 2011. Tale
termine è stato oggetto di innumerevoli rinvii, richiesti dalle Amministrazioni
di riferimento (in ragione della difficoltà di elaborare le relative
statuizioni nei tempi previsti), tanto che attualmente il testo di Legge
vigente – a seguito della modifica introdotta dall’articolo 1, comma 01, della
legge 12 Luglio 2012, n. 101, di conversione del d.l. 12 Maggio 2012, n. 57 –
prevede un termine, comunque ampiamente scaduto, di 55 mesi dalla entrata in
vigore del “testo unico”.
Le richieste di proroga, delle quali sono stato
direttamente a conoscenza nel mio periodo di servizio presso il Ministero del
lavoro, sono terminate (ed, infatti, il termine appena citato non è stato fatto
“slittare” ulteriormente) quando, sempre nel 2012, con il citato d.l. n. 57
(sul punto non modificato in sede di legge di conversione), è stata eliminata
la previsione contenuta all’ultimo capoverso dell’articolo 3, comma 3, del
d.lgs. n. 81/2008 che ricollegava alla scadenza del termine per l’emanazione
dei regolamenti sulle “particolari esigenze” la applicazione del decreto
legislativo n. 81/2008. In tal modo, all’esito di tale modifica, la scadenza
del termine di cui all’articolo 3 per l’emanazione dei regolamenti più volte
citati non produce alcun effetto sostanziale, quando invece, originariamente,
per evidenti ragioni “sollecitatorie” nei riguardi delle Amministrazioni di
riferimento, tale inerzia avrebbe comportato – fino alla elaborazione dei
regolamenti (al fine di evitare vuoti normativi) – l’operatività, anche nei
settori “speciali”, delle regole del d.lgs. n. 81/2008, senza limiti o
eccezioni.
Tale stato di fatto ha determinato un ulteriore
rallentamento della predisposizione dei
regolamenti che identificano le “peculiari esigenze” dei settori
individuati dall’articolo 3, comma 2, che quindi, ad oggi, sono un novero
limitato, per quanto comunque significativo.
Esemplare, al riguardo, è la vicenda del regolamento relativo
alla identificazione delle
“particolari
esigenze” di scuole ed Università che, dopo un lungo confronto tra il
Ministero dell’Università e della ricerca e le altre Amministrazioni
concertanti, aveva ottenuto, in data 3 Marzo 2010, addirittura il parere
favorevole della Conferenza Stato-Regioni, salvo poi – anche a seguito di
importanti rilievi da parte del Consiglio di Stato (coinvolto in quanto
previsto dalla procedura di cui alla legge n. 400/1998) – scomparire nel nulla.
Tra i provvedimenti più importanti emanati va innanzitutto
citato il
d.P.R. 15 Marzo 2010, n. 90,
rubricato come:
“Testo unico
regolamentare in materia di ordinamento militare”, il cui Capo I del Titolo
IV del Libro I (artt. 244-264) disciplina l'organizzazione e le attività dirette
ad assicurare la tutela della salute e sicurezza del personale militare e
civile negli ambienti di lavoro e durante le attività dell'Amministrazione
della difesa, in territorio nazionale o all'estero. Lo stesso Capo I si applica
anche alle attività lavorative svolte dal personale del Corpo delle capitanerie
di porto nelle aree di pertinenza. Il successivo Capo II disciplina, inoltre,
le materie della
“Sicurezza nucleare e
protezione sanitaria”.
Di notevole rilevanza è, altresì, il d.P.C.M.
28 Novembre 2011, che individua le
“particolari
esigenze connesse all’espletamento delle attività del Dipartimento della
protezione civile, nel conseguimento delle finalità proprie dei servizi di
protezione civile” nonché il Decreto
interministeriale 16 Febbraio 2012, n. 51, vale a dire il
“Regolamento delle disposizioni in materia
di tutela della salute e sicurezza negli uffici all’estero”.
Il successivo secondo periodo dell’articolo 3, comma 2,
del d.lgs. n. 81/2008 fa altresì salva l’operatività delle normative speciali
riguardanti le attività lavorative
svolte a bordo delle navi in ambito portuale, sulle navi da pesca e le
disposizioni tecniche inerenti il trasporto ferroviario, nell’attesa che venga
emanata una nuova disciplina che coordini ed armonizzi le suddette previsioni
normative con quanto statuito dal d.lgs. n. 81/2008. Il termine per la
emanazione dei provvedimenti di cui al secondo periodo dell’articolo 3, comma 2,
è stato, infine, prorogato al 15 maggio 2012 (si sensi dell’articolo 51 della legge
26 Febbraio 2011, n. 10, di conversione del d.l. 29 Dicembre 2010, n. 225),
termine quindi ampiamente scaduto.
La mancata attuazione delle previsioni di cui all’articolo
3, comma 2, del d.lgs. n. 81/2008 è da considerarsi una notevole criticità sia
perché non permette una adeguata e ragionevole regolamentazione – nei riguardi
di un numero notevole di lavoratori – della salute e sicurezza in settori che,
invece, il Legislatore ha individuato come bisognosi di una disciplina
“mirata”, sia perché produce incertezze interpretative notevoli quanto alla
normativa applicabile e a quella, viceversa, da ritenersi non pertinente.
Infatti, fino alla pubblicazione dei più volte citati
regolamenti, per espressa previsione normativa (art. 3, comma 3, d.lgs. n.
81/2008), nei settori “speciali” privi di regolamento di attuazione
dell’articolo 3, comma 2, del d.lgs. n. 81/2008,
continueranno ad applicarsi i decreti ministeriali emanati in
attuazione dell’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 626/1994 (come, ad
esempio, il D.M. 5 Agosto 1998, n. 363, per le Università e gli istituti di
istruzione universitaria), nonché la normativa relativa alle attività
lavorative a bordo delle navi, di cui al d.lgs. n. 271/1999, le disposizioni
vigenti in ambito portuale, di cui al d.lgs. n. 272/1999, quelle operanti nel
settore delle navi da pesca, di cui al d.lgs. n. 298/1999 e le disposizioni
tecniche previste con riferimento al settore del trasporto ferroviario di cui
alla legge n. 191/1974 ed ai relativi decreti di attuazione. Tale applicazione
è a dir poco problematica, solo che si consideri come i provvedimenti in
questione (decreti di attuazione del d.lgs. n. 626/1994 e i decreti legislativi
relativi a “porti e navi”) richiamino disposizioni generali ed istituti del
d.lgs. n. 626/1994, corpo normativo addirittura abrogato dall’articolo 304,
comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 81/2008 e che, quindi, trova in questa
particolare situazione una inusuale “reviviscenza”. Tale criticità è solo in
parte attenuata da quanto disposto dall’articolo 304, comma 3, del d.lgs. n.
81/2008, che indica all’interprete un criterio – molto rilevante dal punto di
vista pratico – per la corretta attuazione delle disposizioni attuative del
d.lgs. n. 626/1994, statuendo che:
“…laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un
rinvio a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate (…), tali rinvii si
intendono riferiti alle corrispondenti norme del presente decreto legislativo”.Così, ad esempio, se la norma citata dal
provvedimento per settore “speciale” di attuazione del d.lgs. n. 626/1994
richiama la valutazione dei rischi di cui all’articolo 4 del d.lgs. n.
626/1994, il richiamo andrà riferito al corrispondente istituto disciplinato
agli articoli 17, 28 e 29 del d.lgs. n. 81/2008.
Anche per superare simili difficoltà non resta che
augurarsi come le Amministrazioni più “pigre”, nel senso sopra indicato, si
attivino per promuovere e realizzare una regolamentazione della salute e
sicurezza nei riguardi dei propri lavoratori che permetta loro un livello di
attuazione ed efficacia dei livelli di salute e sicurezza maggiore rispetto
all’attuale. Così da contribuire, anche per tale strada, all’innalzamento della
qualità della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali in Italia,
favorendo l’abbattimento – anche in settori oggi poco considerati ma con un
numero notevole di addetti – degli indici infortunistici e tecnopatici, il
quale rimane l’unico vero obiettivo da perseguire in materia.
Avv. Lorenzo Fantini
Avvocato
giuslavorista, già dirigente (anni 2003-2013) delle divisioni salute e
sicurezza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali
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