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"Sicurezza cantieri: gli obblighi di committente e responsabile dei lavori"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
26/06/2015 -
Pubblichiamo un estratto
dell’approfondimento monografico sul tema degli infortuni sul lavoro “La colpa
negli infortuni sul lavoro” - Bollettino marzo 2015, Camera penale veneziana
“Antonio Pognici”, per il sito internet www.camerapenaleveneziana.it
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI: gli artt. 88 e ss.
del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81
Il
campo elettivo del subappalto esterno è quello dei lavori svolti nell’ambito
dei cosiddetti cantieri temporanei o mobili, in previgente disciplinati dal
decreto cantieri (D.Lgs. 14.8.1996 n. 494) e, nell’attualità, dal titolo IV del
T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
(di seguito, semplicemente, T.U: D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81). La
ratiodi
una disciplina
ad hoc per siffatta tipologia di attività lavorative va
rinvenuta nelle caratteristiche stesse della cantieristica, che vede sovente
–se non inevitabilmente - la compresenza, nel medesimo contesto spazio -
temporale, di attività dal carattere variegato e complesso, disarticolate sul
fronte della sicurezza e facenti capo a soggetti differenti. La Direttiva
Europea 24.6.1992 n. 92/57/CEE ha tra l’altro previsto ed imposto la necessità
di un “rafforzamento del coordinamento fra i vari operatori fin
dall’elaborazione del progetto e altresì all’atto della realizzazione
dell’opera”.
Detta
direttiva è stata recepita nell’ambito del nostro ordinamento ad opera del
decreto cantieri, successivamente integrato da altri provvedimenti normativi
aventi ad oggetto nuovi obblighi per i piani di sicurezza e coordinamento, per
i piani di sicurezza sostitutivi nonché per i piani operativi per i cantieri
pubblici (L. 11.2.1994 n. 109; L. 18.11.1998 n. 415 e Dlgs. 19.11.1999 n. 528).
La
definizione di cantiere temporaneo o mobile, tanto semplice quanto lata, è
contenuta nell’art. 89 comma 1 lett. a) del T.U., a mente del quale si tratta
di “qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile il
cui elenco è riportato nell’Allegato X”.
Tralasciando
i problemi posti da siffatta definizione e rimanendo nell’alveo della specifica
tematica oggetto del presente lavoro appare evidente che il precetto
comunitario posto a presidio dell’esigenza di coordinamento delle attività
lavorative ha il suo ambito fisiologico di applicazione nel campo dell’appalto
e subappalto: ed è evidente che, discorrendo di appalto, i nodi centrali sono
rappresentati dall’individuazione dei doveri del committente e dell’appaltatore
nonché dalla determinazione dei casi di loro concorrente responsabilità per i
casi di lesione o decesso a danni di terzi.
Scorrendo
l’art. 89 del T.U. e prendendo in esame le varie figure disciplinate vengono
qui in rilievo la figura del committente (lett. a), quella dell’impresa affidataria
(lett. i) e quella dell’impresa esecutrice (lett. i bis, aggiunta dal D.Lgs. 3
agosto 2009 n. 106).
Committente è il soggetto per conto del quale l’intera opera
viene realizzata.
Impresa affidataria è quella
titolare del contratto di appalto con il committente che, nell’esecuzione
dell’opera appaltata, può avvalersi di imprese subappaltatrici (o di lavoratori autonomi).
Impresa esecutrice è quella che
esegue un’opera o parte di essa impegnando proprie risorse umane e materiali.
Il
tema al contempo più delicato e controverso, in tema di appalti (esterni ma,
come abbiamo visto, anche interni), è quello della individuazione delle
eventuali ipotesi di responsabilità penale del committente in relazione ad
eventi lesivi (o fatali) ai danni dei lavoratori.
Gli
obblighi del committente
Prima
del decreto cantieri il
committente poteva essere mandato assolto dai reati (di lesione colposa ed
omicidio colposo) commessi dall’appaltatore a condizione che non si fosse
ingerito nelle scelte dell’appaltatore.
La
regola era, quindi, l’esclusione di responsabilità e l’eccezione, limitata ai
casi di ingerenza, era la corresponsabilità con l’appaltatore.
Il
decreto cantieri prima e il T.U. ora, hanno effettuato e confermato una scelta
di campo, come detto, in netta controtendenza con il passato: il committente è
stato infatti coinvolto pienamente nell’attuazione delle misure di sicurezza.
Questo
cambio di rotta ha coerentemente implicato la necessità di individuare,
nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, quale fosse il soggetto - persona
fisica qualificabile come committente ai fini degli obblighi di sicurezza sul
lavoro.
Mentre,
infatti, il committente privato viene identificato sulla scorta dell’interesse
alla realizzazione dell’opera (soggetto
per conto del quale l’intera
opera viene realizzata), nell’ambito delle pubbliche amministrazioni
committente è il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa.
Premettiamo
subito che il discorrere del committente presuppone la parallela analisi dei
poteri e doveri del suo
alter ego, ovvero il responsabile dei lavori. Detta figura,
ora disciplinata dalla lettera c) del T.U., coincide con il soggetto che può
essere incaricato dal committente per svolgere i compiti ad esso attribuiti dal
presente decreto. La stessa definizione normativa consente di apprezzare come
detta figura rappresenti la vera valvola di sfogo della potenziale
responsabilità penale del committente; alla mutata fisionomia,
in
pejus,
degli obblighi di sicurezza in capo al committente fa da contraltare
l’ammissione di un potere illimitato
di esclusione di detti obblighi a fronte di un mero atto di volontà (
rectiusdi
incontro di volontà) del soggetto cui detti obblighi farebbero – altrimenti -
capo. Il responsabile dei lavori è colui che assumerà infatti i compiti propri
del committente secondo una latitudine definitoria sconfinata.
Il
previgente art. 2 del decreto cantieri rendeva la nomina del responsabile dei
lavori meramente facoltativa: l’originaria stesura dell’art. 89 del T.U. pareva
viceversa averla trasformata in obbligatoria.
Il
responsabile dei lavori diveniva infatti “il soggetto incaricato dal
committente della progettazione o del controllo dell’esecuzione dell’opera,
coincidente con il progettista per la fase di progettazione e con il direttore
dei lavori per la fase di esecuzione”.
La
dottrina (tra gli altri, Masi, Luci ed Ombre del Titolo IV: i primi dubbi
interpretativi, in Asic, 2008, 14, 21 ss) aveva infatti dubitato della
legittimità di una scelta impositiva
ex lege della nomina di un soggetto tecnico esperto
chiamato a sostituirsi al committente nelle varie incombenze delegategli dal
T.U.
Una
tale lettura non parve, tuttavia, coerente con il dettato del successivo art.93
il quale, sancendo che “il committente
è esonerato dalle responsabilità connesse all’adempimento degli obblighi
limitatamente all’incarico conferito al responsabile dei lavori..”, apriva la
strada ad una più convincente linea ermeneutica favorevole ad una mera
facoltatività della nomina del RdL (Bacchini, Obblighi di sicurezza e delega di
funzioni tra committente e responsabile dei lavori, in ISL, 2009, 2, 73).
Ci
si permette di aggiungere che la metamorfosi (peggiorativa) del ruolo del
committente in punto di sicurezza, accompagnato dall’obbligatorietà della
nomina di un suo alter ego totalmente responsabile in sua vece sarebbe apparsa
opzione legislativa difficilmente difendibile sul piano della logica. Ad ogni
buon conto l’attuale formulazione dell’art 89 T.U. non ammette dubbi: il
committente
può nominare
un RdL.
Prima
di entrare nel cuore della responsabilità del committente torniamo brevemente
sulla filosofia che ha animato il
revirement dell’approccio alla relativa figura (già) nel 1992.
Al fine di affrontare e mitigare il continuo e massiccio proliferare degli
infortuni sul lavoro nel campo degli appalti e costruzioni, il legislatore ha
optato per la responsabilizzazione del soggetto per conto del quale i lavori
vengono eseguiti: ciò si è tradotto nella previsione di tutta una serie di
obblighi in capo al committente, cristallizzati nell’art 90 del T.U., che tra
l’altro prevede:
1)
Il rispetto delle misure generali ex art. 15 del T.U. nella fase di
progettazione dell’opera;
2) La disamina del PSC e del fascicolo della
sicurezza;
3)
La nomina (alla presenza delle ulteriori condizioni previste dalla legge) del
coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione nel caso
di presenza di più imprese esecutrici;
4)
La verifica dell’idoneità tecnico professionale delle imprese affidatarie ed
esecutrici.
Analizziamo,
in particolare,
i primi due obblighi del
committente.
L’opera
andrà progettata siccome sicura ed il committente è il vero protagonista di
tutta la fase preliminare ai lavori.
Committenti
e responsabili dei lavori dovranno infatti attenersi, nelle fasi di
progettazione dell’opera, in primo luogo, ai principi e alle misure generali di
tutela contemplate dall’art. 15, con particolare riferimento “al momento delle
scelte architettoniche, tecniche ed organizzative, onde pianificare i vari
lavori o fasi di lavoro che si svolgeranno simultaneamente o successivamente”
nonché “all’atto della previsione della durata di realizzazione di questi
lavori o fasi di lavoro” (art. 90 comma 1 T.U.).
Per
comprendere l’esatta portata del primo tracciato obbligo del committente appare
necessario rammentare l’
ubi consistam dell’art. 15 del T.U.
La
prevenzione, quella vera, perché lungimirante e di vasto respiro, è quella
generale e merita, come ha meritato nell’art. 15, l’individuazione di principi
applicabili ad ogni cantiere mobile ed a ogni appalto senza esclusione di
sorta. Se si riflette – da un lato - che la prima regola generale nell’ambito
dei generalissimi principi di prevenzione fissati da tale norma coincide con
“la valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza” (art. 15 comma
1 lettera a) e – dall’altro - che il primo compito del committente coincide
esattamente e proprio in detta valutazione (attraverso, appunto, il richiamo
all’art. 15 operato dall’art. 90 comma 1 T.U.), risulta evidente che il
soggetto
per conto del quale l’intera opera viene realizzata diviene non
solo attore ma anche il vero e quanto meno primo regista della sicurezza.
Egli
deve progettare l’opera valutando tutti i rischi per la salute e sicurezza; un
profondo guado lo separa dal committente non ingerente di ormai antico conio.
Il secondo obbligo generale del committente (ex art. 90 comma 2 T.U.) è quello
di prendere in considerazione il piano di sicurezza e coordinamento (PSC)
nonché il fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione
e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori.
L’attuale
formulazione normativa, significativamente modificata dal D.Lgs 106 del 2009,
ha mitigato il contenuto dell’obbligo di disamina del PSC da parte del
committente. Da un obbligo di
valutazione (ante D.Lgs 106/09) si è passati ad un obbligo di
presa
in considerazione di tali documenti.
La
scelta è stata giustificata in dottrina con l’esigenza di rapportare l’obbligo
alla concreta eventualità che il committente ed il responsabile dei lavori
siano privi delle competenze e esperienze tecniche nei confronti dei lavori da
eseguire (così Rapuano, i Cantieri temporanei o mobili, in Zoppoli, Pascucci,
Natullo, le Nuove regole per la salute e la sicurezza dei lavoratori, Milano
2010).
Il
confine tra valutare e prendere in considerazione il PSC, confine che potrebbe
apparire a prima vista labile, dovrebbe potersi esplicare nella divaricazione
concettuale che sussiste tra una disamina critica integrale nel merito del
piano ed una più tenue verifica della presenza di antinomie evidenti che si
dovessero tradurre in rischi palesemente sottovalutati dall’estensore del
piano. Tale opzione mitigatrice non appare in contrasto con la scelta
legislativa di anticipare in capo al committente la disamina dei rischi ex art.
15 T.U. La valutazione del rischio, per essere adeguatamente finalizzata alla
prevenzione del rischio, non può e non deve essere improvvisata né avventata.
Se è concettualmente corretto responsabilizzare
il committente in merito agli obblighi generali di sicurezza ex art. 15
T.U., sarebbe d’altro canto risultato distonico se non illogico affidare ad un
soggetto potenzialmente atecnico (il committente) una disamina nel merito del
piano di sicurezza e coordinamento dell’intero cantiere. Il PSC, che è il piano
di sicurezza di livello più elevato, è infatti di competenza di un soggetto
necessariamente qualificato e preparato: quindi esperto. Sono richiesti, in
capo al soggetto deputato alla sua elaborazione (il coordinatore per la
progettazione, CSP), profili professionali altamente specializzati come
previsti dall’art. 98 del T.U. Solo eventualmente tale figura può coincidere
con il committente: allorquando quest’ultimo sia, come predicato dall’art. 90
comma 6 del T.U., in possesso di detti requisiti.
Appare
quindi coerente che il committente, che non è un tecnico, non debba essere
chiamato a verificare in modo penetrante il contenuto di un piano (il PSC)
redatto da un tecnico altamente specializzato.
La
nomina del Responsabile dei lavori e l’esonero di responsabilità del
committente
Così
delineato normativamente, il ruolo del committente è, quindi, esposto sul
fronte penale: è stato, quindi, lo stesso legislatore a porsi il tema del
(necessario)
esonero di responsabilità del committente in caso di
nomina del responsabile dei lavori. Il tema è affrontato, integralmente,
dall’art. 93 del T.U.: l’attuale formulazione è frutto di un significativo –
per non dire radicale - intervento ad opera dell’art. 62, comma 1, lettera a)
del D.Lgs. 106/2009, che ha soppresso l’intera seconda parte del primo comma
dell’art. 93 del T.U. che oggi è così formulato (tra parentesi l’inciso
soppresso): “
il committente è esonerato dalle responsabilità connesse all’adempimento
degli obblighi limitatamente all’incarico conferito al responsabile dei lavori.(
In
ogni caso il conferimento dell’incarico al responsabile dei lavori non esonera
il committente dalle responsabilità connesse alla verifica degli adempimenti
degli obblighi di cui agli artt. 90, 92, comma 1, lettera e), e 99).”
Nella
formulazione originaria, quindi, la nomina del responsabile dei lavori
risultava insufficiente ad escludere tout court la responsabilità del
committente.
Per
comprendere tale scelta dobbiamo fare un passo indietro. Prima del recepimento
delle direttive comunitarie si registrava un vivace dibattito afferente le eventuali responsabilità che “potevano o
dovevano sussistere in capo al committente” (Ceglie, Cantieri temporanei e
mobili: obblighi, procedure e responsabilità, in Comm. Carinci, VIII, Ambiente
e Sicurezza del lavoro, a cura di Rusciano, Natullo, Torino 2007).
Da
un lato si propendeva per una totale irresponsabilità del committente nel caso
di infortuni sul lavoro verificatisi durante le lavorazioni: opzione confermata
normativamente dall’art. 18 della L. 19.3.1990 n. 55 e dall’art. 31 della L.
quadro 11.2.1994 n. 109. Dall’altro si sosteneva che il committente, pur privo
di responsabilità dirette nel cantiere, dovesse rispondere penalmente in
presenza di sue condotte colpose verificatesi nel momento preventivo e
propalatesi successivamente, quanto ad efficacia causale, ai danni della salute
dei lavoratori (Ceglie, 558).
Il già citato decreto cantieri, disciplinando la
responsabilità dei committenti e dei responsabili dei lavori, ha stabilito la
trasmissibilità della responsabilità dal primo al secondo, nei limiti
dell’incarico conferito, con esonero totale per l’ipotesi in cui l’incarico e i
poteri affidati fossero stati pieni ed effettivi (art. 6 D.lvo 14 agosto 1996
n. 494).
Il T.U. nella sua versione originaria riprendeva
solo parzialmente tale disposizione e la relativa filosofia, “sposata”
nuovamente solo in tempi più recenti.
A ben vedere nel corso degli anni è mutata la
stessa figura del responsabile dei lavori. Nel decreto cantieri il responsabile
dei lavori era (art. 2 lettera c): il soggetto che può essere incaricato dal
committente ai fini della progettazione
o della esecuzione o del
controllo dell’opera.
Nella versione originaria del T.U. il responsabile
dei lavori era (art. 89 comma 1 lett. c) il soggetto incaricato dal committente
della progettazione o del controllo dell’esecuzione dell’opera; tale soggetto
coincideva, su previsione di tale norma, con
il progettista per la fase di progettazione
dell’opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell’opera.
Nell’attuale formulazione dell’art. 89 del T.U.,
come modificata dall’art. 59 del D.lgs 106/09, il responsabile dei lavori è il
soggetto che può essere incaricato dal committente per svolgere i compiti ad
esso attribuiti dal presente decreto.
Raffrontando le norme succedutesi nel tempo si
comprende come il responsabile dei lavori abbia mutato volto e poteri
conseguenti. Nell’originaria fisionomia del decreto cantieri il responsabile
dei lavori avrebbe potuto (e quindi dovuto, in caso di incarico) occuparsi
dell’opera nella sua integralità: dalla progettazione, all’esecuzione, al
controllo.
Nella formulazione originaria dell’art. 89 del
T.U., invece, da un lato non gli era più demandabile la fase di esecuzione
dell’opera dall’altro venivano positivizzate le categorie di soggetti
(progettista e direttore dei lavori) che avrebbero dovuto ricoprire detto
ruolo.
Nell’attuale formulazione del T.U., infine, da un
lato il committente può attribuirgli l’integralità dei propri compiti,
dall’altra è scomparsa la preventiva individuazione dei soggetti deputati ad
assumere il ruolo di RdL.
Sono mutati, conseguentemente, anche gli effetti di
tale nomina.
L’art. 6 del decreto cantieri prevedeva l’esonero
del committente nei limiti dell’incarico conferito: non erano previsti, in via
di esclusione, compiti nemmeno teoricamente non trasferibili.
L’art. 93 del T.U., nella sua formulazione
originaria, riprendendo testualmente tale disposizione, aggiungeva tuttavia
tale stringente limitazione: “
In ogni caso il conferimento dell’incarico al
responsabile dei lavori non esonera il committente dalle responsabilità
connesse alla verifica degli adempimenti degli obblighi di cui agli artt. 90,
92 comma 1, lettera e) e 99”.
L’art. 93 del T.U., nell’attuale formulazione, a
seguito dell’abrogazione di tale inciso ad opera dell’art. 62 del D.Lgs 106/09,
riprende testualmente la formulazione del decreto cantieri. Nella formulazione
originaria dell’art. 93 del T.U., infatti, il committente non avrebbe comunque
potuto spogliarsi dal dovere di
verifica di adempimenti stringenti ed essenziali, in punto
di sicurezza (appunto quelli di cui agli artt. 90, 92 comma 1 lettera e) e 99):
tra gli altri rammentiamo il rispetto delle regole generali di tutela ex art.
15 nella fase di progettazione ed esecuzione dell’opera ed organizzazione del
cantiere; la valutazione del PSC e del fascicolo della prevenzione ex allegato
XVI.
Tale (non certo residuale) dovere di verifica in
capo al committente, pur in capo di nomina del RdL, è scomparso; è sorprendente
notare come l’art. 93
pre e post modifica, che parrebbe figlio di epoche,
sensibilità e esigenze normative diverse, vede mutare radicalmente il proprio
contenuto nell’arco di poco più di un anno.
In realtà tale correzione di rotta ha una sua
logica ben precisa. La dottrina era stata subito critica nei confronti
dell’originaria formulazione dell’art. 89 del T.U.: da una parte il sistema non
prevedeva che il committente fosse dotato di specifiche competenze tecniche,
“adottando nei suoi confronti una sorta di presunzione di capacità ad
affrontare quanto necessario per la conduzione in
sicurezza” dell’attività; dall’altra una responsabilità per le scelte tecniche
progettuali, esecutive e di organizzazione.
Tale assetto normativo pareva
contrastare “vistosamente sia con il principio di personalità della
responsabilità penale” sia con quello di effettività costituente “emanazione
del precetto costituzionale e informante l’intera materia della prevenzione”
(Legeard, Gebbia, Il committente nel cantiere: possibile incostituzionalità
sulla riforma degli obblighi?, In ASic, 2008, 14, 26).
L’abrogazione della seconda parte del
primo comma dell’art. 93 del T.U. ha, quindi, posto rimedio ad una evidente
antinomia del sistema. Viene quindi confermato “il ribaltamento della
prospettiva precedente, fondata sulla clausola di non esonero…la quale
istituiva una responsabilità oggettiva del committente” (Bacchini, Obblighi di
sicurezza e delega di funzioni tra committente e responsabile dei lavori, in
IsL, 2009, 2, 73). Rimane tuttavia aperto un tema di non poco momento. Ci si
chiede se l’incarico al RdL debba avere requisiti, formali e sostanziali, della
delega di funzioni ex art. 16 del T.U. (Bacchini, 73), ovvero se sia
sufficiente la semplice designazione del responsabile dei lavori (Pesci, la
Prevenzione degli infortuni sul lavoro, in GM, 2009, 11, 2652).
La Suprema Corte di Cassazione ha,
anche recentemente, sposato la prima tesi. Si legge, in Cass. Pen., Sez. IV, 16
maggio 2013 n. 21059:
“
Dall'analisi della norma, pertanto,
deriva che alla nomina del responsabile dei lavori si deve imprescindibilmente
accompagnare un atto di delega, con il quale si attribuiscano al predetto
responsabile dei lavori poteri decisionali, cui sono connessi evidenti oneri di
spesa, o, più in generale, la determinazione della sfera di competenza
attribuitagli”. “Le condizioni affinché operi l'esonero di responsabilità per
effetto della nomina del responsabile dei lavori non possono pertanto
prescindere 1) dalla tempestività della nomina in relazione agli adempimenti in
materia di sicurezza del lavoro da osservarsi, nonché 2) dalla specifica
estensione della delega conferita al responsabile dei lavori ai predetti
adempimenti” (cfr. Cass., Sez. 3, n. 7209/2007, R.v. 235882; Cass., Sez. 4, n.
23090
/2008, R.v. 240377).
Sul punto si impone una riflessione.
L’art. 93 non richiama l’art. 16 del T.U., che peraltro riguarda la delega di
funzioni da parte del datore di lavoro. Orbene è evidente che la posizione
formale e sostanziale del committente non può essere equiparata, già sul piano
logico, a quella del datore di lavoro. Il datore di lavoro sarà, almeno
tendenzialmente, un soggetto che svolge in modo
non transeunte (quindi con professionalità acquisita
anche sul campo) un’attività potenzialmente rischiosa per i propri dipendenti e
che, almeno potenzialmente, può svolgersi in varie unità produttive ed anche
(si pensi
agli appaltatori) in unità produttive di terzi.
Può avere un’organizzazione più o meno complessa,
nonché la presenza di varie figure corresponsabili della sicurezza quali
Dirigenti, preposti ecc. Il datore di lavoro ha, quindi, esigenze peculiari che
giustificano una disciplina specifica della delega di funzioni. Il ruolo del
committente, evidentemente, non gli è sovrapponibile. Si può essere committenti
anche una sola volta, senza avere una specifica professionalità, senza potersi
formare sul campo.
Le esigenze sottese alla previsione di cui all’art.
16 del T.U. ben difficilmente potrebbero traslarsi sul committente che
intendesse nominare un RdL. Torniamo allora alla norma in commento: l’art. 93
del T.U. prevede l’esonero da responsabilità del committente
limitatamente
all’incarico conferito al responsabile dei lavori.
L’ampiezza della “delega” di poteri del RdL (ed il
conseguente esonero di responsabilità del committente) dipende dall’incontro di
volontà tra questi ed il primo: può esservi una delega totale di compiti (cosa
che per il datore di lavoro, come noto, non è ammessa dall’art. 17 del T.U.)
oppure una delega di uno o più poteri. Il problema vero, quindi, non attiene
tanto alla verifica se la nomina del responsabile dei lavori debba avvenire nei
modi di cui all’art. 16 del T.U. ma consiste da un lato nella prova del
conferimento dell’incarico e dall’altro, dei contenuti di tale incarico.
Una volta ammessa la delegabilità integrale dei
propri compiti da parte del committente ed ipotizzando che nel concreto vi sia
un RdL disponibile ad accollarsi l’intero rischio facente capo al primo, non
dovrebbe suscitare particolari problemi l’esistenza di una nomina del
responsabile dei lavori che preveda, semplicemente, la “cessione” integrale dei
doveri del committente al RdL (a fronte, evidentemente, della parallela
dotazione di idonei poteri di spesa).
Accedendo all’interpretazione proposta dovrebbe
quindi ammettersi la possibilità di conferire un incarico (anche orale, ove si
neghi applicazione dell’art. 16 del T.U.) di “semplice” nomina del RdL che,
accettando tale incarico, vedrebbe quindi accentrati sulla proprie spalle tutti
i doveri originariamente facenti capo al committente.
E’ infatti interesse del RdL delimitare l’area ed
il contenuto dei doveri assunti e, quindi,
limitare il proprio incarico. In assenza
di una perimetrazione del proprio incarico, il RdL sarà chiamato a subentrare
integralmente nella posizione originariamente facente capo al committente.
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