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"L’obbligo da parte del DdL di tenere sgombre le vie di circolazione"
fonte www.puntosicuro.it / Sentenze
08/02/2016 - Viene data dalla
Corte di Cassazione in questa sentenza una interpretazione sull’obbligo imposto
dalle disposizioni di legge in materia di prevenzione infortuni di cui all'art.
64, comma primo, lett. b) del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 di assicurare che le vie
di circolazione che conducono ad uscite o ad uscite di sicurezza siano sgombre da
materiali. Lo scopo della norma, ha infatti precisato la suprema Corte, non è tanto quello di assicurare una
circolazione in una situazione di normalità ma di consentirne
l'utilizzazione in ogni evenienza e quindi di assicurare una normalità di
circolazione soprattutto in situazioni di eccezionalità o di pericolo, in modo
che, in caso di emergenza, siano sempre percorribili agevolmente le eventuali
vie di fuga.
Le contravvenzioni e il ricorso in
cassazione
Il Tribunale
in composizione monocratica ha dichiarato un datore di lavoro, imputato dei
reati di cui agli artt. 64 comma 1 lett. a), b) e d) del D. Lgs. 81/2008 nonché
del reato di cui agli artt. 29 e 55 dello stesso D. Lgs., colpevole delle
contravvenzioni ascrittegli e lo ha condannato, concesse le circostanze
attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, alla complessiva pena di €
3.600,00 di ammenda. Più specificatamente all’imputato, nella sua specifica
qualità di componente del consiglio delegato alla sicurezza, erano state
contestate le contravvenzioni per avere omesso di provvedere affinché alcuni
luoghi di lavoro dello stabilimento fossero sottoposti a regolare pulizia dei pavimenti,
esponendo così i lavoratori alle polveri, per non avere provveduto affinché il
reparto preparazione pannelli dello stabilimento fosse conforme ai requisiti di
cui agli artt. 63, commi 1, 2 e 3 dell'allegato II, punto 1.9.1.1. in quanto
risultava privo di aria salubre ottenuta con aperture naturali e per avere altresì
omesso di provvedere affinché le vie di circolazione interne dello
stabilimento, in prossimità delle linee di levigatura del materiale cotto,
fossero sgombre di materiali al fine di consentirne l'utilizzazione in
conformità ai requisiti di cui all'allegato II punto 1.4.10.
Avverso la
sentenza del Tribunale l'imputato ha fatto ricorso in Cassazione deducendo, con
un primo motivo, una violazione di legge per inosservanza della disposizioni di
cui all’art. 64 comma 1 lett. d) del D. Lgs. 81/08 in quanto il Tribunale aveva
ritenuto integrata la fattispecie di mancata pulizia dei locali di lavoro (in
particolare gli accessi ai carrelli elevatori) con conseguente esposizione dei
lavoratori alle polveri nonostante il tipo di lavorazione eseguito nello
stabilimento industriale fosse intrinsecamente destinato alla produzione di
polveri ineliminabili. Con un secondo motivo il ricorrente ha lamentata
l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 64 comma 1
lett. a) del medesimo D. Lgs. in quanto il Tribunale aveva ritenuto integrata
la contravvenzione in relazione alla mancanza di areazione dei locali destinati
alla preparazione dei pannelli, sebbene si trattasse di locali in realtà
destinati solo residualmente e saltuariamente all'effettuazione di tali lavori
(in realtà svolti in altro stabilimento) e peraltro di ampiezza tale da
escludere qualsiasi nocumento per i lavoratori addetti. Con un ultimo motivo il
ricorrente ha lamentata una analoga violazione di legge relativamente al
disposto di cui all'art. 64 comma 1 lett. b) del citato D. Lgs. in quanto il
Tribunale aveva ritenuto integrata la fattispecie nonostante i materiali
esistenti nei locali di lavoro lungo le vie di circolazione non la impedissero
od ostacolassero.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è
stato ritenuto inammissibile dalla Corte di Cassazione sia perché
manifestamente infondato sia perché contenente censure in fatto non proponibili
in sede di legittimità. La stessa Corte ha sostenuto, in via generale, che la
motivazione resa dal Tribunale a giustificazione della sussistenza dei reati
contestati all’imputato non solo è stata congrua sotto il profilo logico ma è
stata soprattutto corretta e coerente con il dato normativo che è stato
esattamente interpretato.
Con
riferimento in particolare alla contestazione riguardante la presenza di
ostacoli lungo le vie di circolazione dei lavoratori all'interno dello
stabilimento in prossimità del reparto levigatura, la suprema Corte ha ritenute
le censure, oltre che manifestamente infondate, alla luce della diversa
valutazione operata dal Tribunale che ha basato il proprio convincimento su
documenti fotografici attestanti la presenza di materiali di varia natura
disposti a casaccio lungo il percorso, anche errate in diritto. Secondo il
ricorrente, ha ricordato la Sez. II, la norma violata (art. 64 lett. b del D.
Lgs. 81/2008) che impone che "le vie di circolazione interne o all'aperto
che conducono ad uscite o ad uscite
di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di
consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza" e quella di cui al punto
1.4.10 dell'AII. II in base alla quale "i pavimenti ed i passaggi non
devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale
circolazione" non vanno intese nel loro significato assoluto (nel senso di
una totale assenza di materiali ingombranti lungo le vie di circolazione) ma in
senso relativo in modo da garantire una normale circolazione.
E’ evidente
la capziosità di tale ragionamento da parte del ricorrente, ha così concluso la
suprema Corte, “
in quanto lo scopo della
norma non è tanto quello di assicurare una circolazione in una situazione di
normalità, ma una normalità di circolazione in una situazione di eccezionalità
o di pericolo, in modo che eventuali vie di fuga in caso di emergenza siano
percorribili agevolmente” per cui
“ne
deriva che la presenza di ostacoli lungo il percorso, anche se collocati in
modo tale da consentire passaggi a piedi, laddove posizionati in modo tale da
rendere disagevole la circolazione integrano la fattispecie, come esattamente
ritenuto dal Tribunale”
Alla
inammissibilità del ricorso è conseguita quindi la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento della somma, ritenuta
congrua, di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi in colpa
il ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
Gerardo Porreca
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