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"Cosa significa “regola d’arte”"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza
16/03/2016 -
Nel medioevo la attività dei
fornitori di beni e servizi era governata dalle corporazioni. Le corporazioni
stabilivano delle regole, in base alle quali dovevano operare gli
affiliati alla corporazione stessa.
Spesso queste regole erano oltremodo puntuali e il loro mancato rispetto
comportava gravi sanzioni per gli inadempienti.
L’evoluzione della società civile
e la crescente complessità dei beni e dei servizi che vengono oggi resi ha fatto sì che diventasse ancora più
importante la adozione di regole in grado di garantire la qualità del prodotto
o del servizio finale.
Ancora oggi, alcune associazioni
di categoria stabiliscono delle regole, applicabili agli associati, ma nella
grande maggioranza dei casi si fa riferimento a normative tecniche, di valenza
italiana, europea o internazionale, il cui rispetto, per esplicita legislazione
costituisce appunto regola d’arte.
Leggiamo ad esempio
l’articolo 2224 del codice civile, che
statuisce come il prestatore d'opera sia tenuto a procedere all'esecuzione
dell'opera: « secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d'arte.
»
Si noti che la regola d’arte è
elemento aggiuntivo rispetto agli elementi contrattuali e quindi, ove il
contratto sia carente, interviene automaticamente l’applicazione della regola
d’arte.
Inoltre del contratto non potrà
essere prevista una prescrizione che vada contro la regola d’arte. È evidente
che nessun contratto potrà mai imporre ad un installatore di realizzare un impianto
elettrico, che esponga rischio di infortunio l’utente!
Per quanto attiene il settore
elettrico, la legge n. 186/1968 è composta di soli due articoli
che recitano:
– Art. 1: I lavori devono essere
realizzati a regola d’arte.
– Art- 2: Si considerano a regola
d’arte i lavori eseguiti in conformità alle norme CEI.
Il medesimo concetto lo
ritroviamo nella legge 46/1990 e successivamente nel DM 37/2008 che interessa
direttamente gli installatori
e che recita:
“Le imprese realizzano gli impianti
secondo la regola dell’arte, in conformità alla normativa vigente e sono
responsabili della corretta esecuzione degli stessi. Gli impianti realizzati in
conformità alla vigente normativa e alle
norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli
Stati membri dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo
spazio economico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell’arte”.
Per gli ambienti di lavoro
interviene anche il D.Lgs. 81/2008, che nell’art. 81 riafferma lo stesso
concetto, ma ancora non siamo giunti ad una definizione di regola dell’arte che
non si presti ad interpretazioni.
Nel caso in cui non si applichino
le norme tecniche (CEI, CENELC, IEC, UNI), una definizione della Regola
dell’arte è quella del Buon padre di famiglia che si esplicita nel fatto che
occorre agire con Perizia, Prudenza e Diligenza (art. 1176 del Codice Civile):
in questo caso è ovviamente più difficoltoso dimostrare che si è applicata la
regola d’arte.
Alla luce di quanto sopra
esposto, il lettore comprenderà bene perché, quando svolgono funzioni di
consulente tecnico di parte, i contenziosi civili o penali, afferenti alla
realizzazione di impianti, la domanda che mi impone il magistrato è la
seguente: “dica il consulente se l’impianto oggetto del contenzioso o meno
rispondente alle applicabili normative tecniche nazionali o internazionali”.
Se la mia perizia accerterà che
l’impianto è rispondente ad una applicabile normativa, l’impianto è certamente
a regola d’arte. Se la mia perizia non sarà in grado di accettare questo fatto,
si aprirà un contenzioso immane, perché la opinabilità del concetto di regola
d’arte è tanto varia, quanto varie sono le teste che analizzano il tema!
Ecco perché un installatore,
che realizza un impianto o fornisce un prodotto, conforme alla applicabile
norma tecnica, potrà dormire sonni tranquilli, perché certamente avrà
realizzato l’impianto o fornito un prodotto conforme alla “regola d’arte”.
Adalberto Biasiotti
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