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"WCM e valutazione del rischio stress lavoro correlato"
fonte www.puntosicuro.it / Salute
24/05/2016 -
Non è la prima volta che il nostro giornale
si sofferma sul World
Class Manufacturing, un sistema che mira “all’eliminazione degli sprechi,
dell’inefficienze dell’organizzazione e all’ottimizzazione delle risorse
interne”. Qual è tuttavia l’impatto di questo sistema sui lavoratori? Quali
sono le ricadute sul mutato rapporto tra fatica fisica e fatica mentale? Ha
conseguenze sul livello di stress lavorativo? Su
questo interessante tema abbiamo ricevuto un contributo di una nostra lettrice,
docente presso la Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano
Bicocca ed esperta di progettazione ed erogazione di percorsi formativi...
WCM e valutazione del rischio stress lavoro correlato
Di Renata Borgato.
“Il
WCM (World Class Manufacturing) è un insieme sinergico di pratiche,
di tipo tecnico, organizzativo e gestionale, supportate da un set integrato di
metodi e strumenti e da audit periodici, che hanno lo scopo di condurre le
aziende all’eccellenza delle performance nel panorama della compatibilità
globale. Esso si basa primariamente su un nuovo modo di intendere il lavoro,
sia quello manageriale/professionale che quello operativo, che vengono intesi
entrambi come fonte del vantaggio competitivo in quanto creatori di nuova
conoscenza attraverso le pratiche del miglioramento e della innovazione
applicate agli oggetti e ai modi del lavoro”.
L’adozione di questo sistema
mira all’eliminazione degli sprechi,
dell’inefficienze dell’organizzazione e all’ottimizzazione delle risorse
interne. Esso è stato utilizzato a partire dal 2005 da FIAT Auto,
successivamente esteso a IVECO, CNH, Magneti Marelli, Teksid e Comau e infine,
dal 2009, con la fusione con Chrysler, a FCA (Fiat Chrysler Automobiles) e CNHI
(Case New Holland Industrial)e tende a estendersi, pur con diversi livello di
applicazione, ad altre realtà produttive.
Specificamente sugli aspetti
riguardanti la Salute e Sicurezza è stata anche stilata una norma UNI ( UNI/TR
11542) che fornisce le indicazioni di base per l’avvio del processo di
trasformazione gestionale dell’organizzazione produttiva applicando i principi
del WCM.
L’applicazione dei metodi WCM va
però considerata anche dal punto di vista dell’impatto che ha sui lavoratori. In
particolare ci sembra interessante approfondire la riflessione sulle
ricadute del mutato rapporto tra fatica
fisica e fatica mentale.
Si parte da un’osservazione
oggettiva: l’introduzione di soluzioni ergonomiche nella progettazione del
posto di lavoro comporta un alleggerimento della fatica fisica e permette di
lavorare in condizioni migliori.
In merito è emblematica la
testimonianza di un lavoratore dello stabilimento di Pomigliano [1]:
egli osserva che quando in passato veniva effettuato il montaggio interno alla
vettura la scocca procedeva appesa a una bilancella e l’operaio compiva un
movimento ondulatorio, disturbante, che lasciava anche dopo il termine del
turno la sgradevole sensazione di trovarsi sul ponte di una barca.
Lo stesso lavoro ora viene svolto
diversamente: è il lavoratore che sale sul nastro
trasportatore su cui è collocata l’auto e procede con la scocca alla quale
sta operando, poi scende, fa alcuni passi indietro e risale sulla piattaforma
mobile all’arrivo della vettura successiva. È un nuovo modo di intendere la
catena di montaggio: prima era l’operaio che andava verso la macchina, ora è la
macchina che va verso di lui.
Si direbbe che sia una perfetta
applicazione del principio di adattamento della macchina all’uomo.
Sempre in ragione dell’adozione
di misure ergonomiche, sono state eliminate anche altre attività faticose e
l’introduzione di tecnologie permette di non fare più lavori con le braccia
alzate, da sdraiati, in altre posizioni scomode. La vettura ruota, cambia
altezza, si mette in una posizione comoda e diversa rispetto alle
caratteristiche fisiche di ciascun operaio. “Non vai più a casa stanco e con la
schiena a pezzi”, dichiara il lavoratore.
Quindi possiamo dire che il
ridisegno ergonomico delle postazioni di
lavoro origina una minore faticosità fisica del lavoro.
Al contempo però
è richiesta una maggiore attenzione
e il tempo è più pieno in quanto la
razionalizzazione ha portato all’eliminazione delle attività non a valore
aggiunto (per esempio gli spostamenti che si compiono per raggiungere i
componenti e gli attrezzi necessari ai montaggi). Siamo in presenza di un
aumento del lavoro “vincolato” in cui è meno possibile uno stacco mentale.
Giungiamo qui al nodo problemico:
come
questo nuovo modo di produrre impatta sulla salute dei lavoratori e
come essi percepiscono questi cambiamenti?
Un’indagine su 5.000 lavoratori
Fiat Chrysler mette in luce un’ambivalenza di fondo. Il 64% dell’intero
campione ritiene i tempi stressanti e il 42,5% evidenzia la compresenza di un
maggior stress nei tempi e di un miglioramento della qualità del posto di
lavoro.
Occorre dunque verificare,
comparando le vecchie valutazioni con quelle aggiornate, se si registra un
aumento dello stress, “dovuto al fatto
che si riduce la “porosità” del tempo e l’impegno di intelligenza richiesto
all’operaio deve essere continuo su ciascuna singola operazione e ciascuna
unità di prodotto lavorata [2]”.
Si tratta di un tema non
eludibile: non si tratta di ridiscutere l’organizzazione del lavoro, ma di
rivedere e aggiornare – come peraltro la legge prescrive - il
documento di valutazione e di
individuare, ove necessario, adeguate soluzioni di prevenzione collettiva o
rivolte agli individui che tengano conto di essa.
Renata Borgato
Docente, formatrice e consulente aziendale
[1]
Campagna L., Cipriani A., Erlicher L., Neirotti P., Pero L, (2015) Le persone e
la fabbrica, Guerini Next, Milanp
[2] Neirotti
P. in “le persone e la fabbrica”, op. cit.
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