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"La Cassazione sulla responsabilità di RSPP e Datore di lavoro"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
26/06/2012 -
Commento
a cura di G. Porreca.
La designazione del responsabile del
servizio di prevenzione e protezione (RSPP) e la nomina da parte del datore di
lavoro del delegato alle funzioni antinfortunistiche, al quale lo stesso trasferisce
gli obblighi in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, sono due
provvedimenti che spesso vengono confusi
fra loro. In questa sentenza la Corte di Cassazione, così come aveva già fatto più
volte in precedenti occasioni, ne evidenzia opportunamente la differenza sostanziale.
La designazione del
RSPP, ha precisato la suprema Corte, che il datore di lavoro è comunque tenuto
a fare nel rispetto delle disposizioni di legge individuandolo fra persone in
possesso di requisiti adeguati alla natura dei rischi presenti sui luoghi di
lavoro e relativi alle attività lavorative specifiche svolte, non equivale ad
una delega di
funzioni che può esentare il datore di lavoro da responsabilità per
violazioni delle norme antinfortunistiche consentendo la stessa delega di
trasferire ad altri, il delegato, la sua posizione di garanzia nei confronti
dei lavoratori, per cui, pur in presenza di tale designazione del RSPP, rimane lui
il soggetto investito ex lege dell’obbligo di prevenire il verificarsi di
eventi dannosi connessi all’espletamento delle attività lavorative che si
svolgono nei suoi luoghi di lavoro.
L’evento infortunistico e l’iter giudiziario
Il datore di lavoro ed
il RSPP di una società sono stati riconosciuti colpevoli del reato di lesioni
personali colpose gravi e aggravate dalla violazione della normativa
antinfortunistica (vasta FLC da scollamento cutaneo del palmo della mano dx -
frattura F1 indice della mano dx con incapacità di attendere alle ordinarie
occupazioni per un tempo superiore a 40 gg.) subite da un lavoratore dipendente
della società stessa. L'addebito era basato sull'omesso posizionamento della
griglia di protezione di una macchina assemblatrice dei profilati di alluminio
nei pressi della quale il lavoratore si era infortunato. L’infortunio era
accaduto mentre lo stesso era addetto al taglio termico dei profilati di
alluminio in quanto, mentre accompagnava il profilato con la mano destra per
farlo entrare nella macchina, l’arto è stato "risucchiato"
all'interno del macchinario, riportando le suindicate lesioni.
Secondo la
ricostruzione del Tribunale, operata attraverso le convergenti dichiarazioni
testimoniali rese non solo dall’infortunato ma anche dal funzionario della ASL
e di altri colleghi dell'infortunato stesso, l'omissione, addebitata sia al
datore di lavoro che al RSPP, trovava una sua giustificazione
"lavorativa" nel senso che consentiva la possibilità di aumentare la
quantità dei profilati lavorati.
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
La Corte di Appello ha
parzialmente riformata la sentenza di primo grado, riconoscendo la prescrizione
per gli addebiti contravvenzionali in tema di prevenzione infortuni, per cui
gli imputati hanno fatto ricorso alla Corte di Cassazione. Il ricorso è stato
articolato essenzialmente su due motivi. Con riferimento al primo gli imputati
hanno messo in evidenza l'abnormità
della condotta del lavoratore che volontariamente aveva introdotto la mano
in una zona pericolosa, consapevole che il macchinario era in movimento, ed
hanno contestato altresì la ricostruzione dell'infortunio effettuata principalmente
attraverso la deposizione dello stesso infortunato anche se
"interessato" agli esiti della vicenda processuale. Come secondo
motivo il datore di lavoro, in particolare, ha contestato il giudizio di
responsabilità emesso dalla Corte di Appello in merito alla posizione del RSPP
per non avere tenuto conto della sussistenza di una "delega" in
materia prevenzionale nei confronti dello stesso alla quale aveva fatto ricorso
essendo l’azienda di grandi dimensioni per cui l'organizzazione del lavoro era
stata strutturata conferendo gli adempimenti in materia di sicurezza a soggetti
diversi dal titolare dell'impresa.
Le decisioni della suprema Corte di Cassazione
I ricorsi degli imputati sono stati
considerati manifestamente infondati dalla Corte di Cassazione che ha invece ritenuta
giuridicamente corretta e adeguatamente motivata la decisione della Corte di
Appello raggiunta peraltro con argomenti ampiamente convergenti rispetto a
quelli del giudice di primo grado.
In premessa la Sez. IV ha tenuto a precisare
che, per quanto riguarda la ricostruzione dell’accaduto, alla Corte di
legittimità non è consentita una diversa lettura dei dati processuali o una
diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di
cassazione il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati
probatori. In merito poi al comportamento ritenuto scorretto del lavoratore la
Sez. IV ha fatto osservare che in maniera giusta e soddisfacente la Corte di
merito ha esclusa l'abnormità del comportamento
del lavoratore sulla base non della sola versione dell'infortunato, ma
attraverso la disamina di plurime, convergenti di dichiarazioni di altri. In
merito al comportamento del lavoratore la suprema Corte ha utilmente richiamati
due fondamentali principi operanti in materia di rilevanza della condotta
colposa del lavoratore ai fini della possibile esclusione della responsabilità
del datore di lavoro.
In primo luogo la Sez. IV ha fatto osservare che
non si può ravvisare un comportamento "abnorme" del lavoratore, e come
tali non suscettibile di controllo da parte delle persone preposte
all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e
idoneo ad escluderne la responsabilità, per la sola presenza di un
comportamento che, pur imprudente, del lavoratore non esorbiti completamente
dalle sue attribuzioni, nell’ambito del lavoro assegnatogli e mentre vengono
utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l'osservanza
delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni
da parte del lavoratore. In secondo luogo, ha ribadito la Sez. IV, in caso di
infortunio sul lavoro non è consentito al datore di lavoro invocare a propria
discolpa, per farne discendere l'interruzione del nesso causale, la legittima
aspettativa della diligenza del lavoratore, allorquando lo stesso datore di
lavoro versi in difetto con le norme di legge per non avere, per propria colpa,
impedito l'evento lesivo cagionato dallo stesso infortunato, consentendogli di
operare sul luogo di lavoro in condizioni di pericolo.
Principi entrambi, ha evidenziato la Sez. IV,
evocabili nel caso in esame in considerazione dell'evidente connessione
dell'infortunio con l'attività lavorativa e della presenza di profili colposi
ricostruiti a carico dei titolari della posizione di garanzia, che tra l’altro,
secondo la ricostruzione emergente dagli atti, erano entrambi consapevoli
dell'irregolarità del macchinario decisiva ai fini della dinamica dell’evento
infortunistico.
Per quanto riguarda poi la presenza della
delega di funzioni la Corte suprema non ha accolto il motivo basato sulla
pretesa sussistenza di una delega implicita. Invero, secondo la stessa Corte,
anche ad ammettere che, anteriormente all'entrata in vigore del D. Lgs. n.
81/2008 che con l’articolo 16 ha previsto espressamente che la delega debba
essere conferita per iscritto, non fosse prevista alcuna forma per il rilascio
della delega, è comunque da ritenere che dovesse esservi certezza del suo
rilascio e del contenuto della delega stessa, sia per ritenerne l'esistenza che
per poterne individuare i contenuti, per cui, secondo la Sez. IV, condivisibilmente
il giudicante non aveva accettata la pretesa delega "implicita" tra
l'altro non individuabile nella mera nomina del RSPP.
“
Come è
noto”, ha sostenuto la suprema Corte, “
la
responsabilità penale ‘diretta’ del datore di lavoro (e soggetti assimilati:
dirigente, preposti) per l'inosservanza delle norme dettate in materia di
prevenzione degli infortuni sul lavoro non è esclusa ex se per il solo fatto
che sia stato designato il RSPP, giacché la ‘designazione’ del RSPP, che il
datore di lavoro è tenuto a fare a norma di legge (cfr., ora, il Decreto
Legislativo n. 81 del 2008, articolo 31; individuandolo, ai sensi del
successivo articolo 32, tra persone i cui requisiti siano ‘adeguati alla natura
dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative’),
non equivale a ‘delega di funzioni’ utile ai fini dell'esenzione del datore di
lavoro da responsabilità per la violazione della normativa antinfortunistica,
perché gli consentirebbe di ‘trasferire’ ad altri - il delegato- la posizione
di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori.
Posizione di garanzia che, come è noto, compete al datore di lavoro in quanto
ex lege onerato dell'obbligo di prevenire la verificazione di eventi dannosi
connessi all'espletamento dell'attività lavorativa”.
“La designazione del RSPP in definitiva”, ha quindi proseguito la Sez. IV, “
non ha nulla a che vedere con l'istituto della ‘delega di funzioni’ e
non può quindi assumere la stessa rilevanza ai fini dell'esonero della responsabilità
del datore di lavoro”.
Come conseguenza della inammissibilità dei
ricorsi ed essendo il fatto da ricondurre ad una colpa dei ricorrenti, la Corte
di Cassazione ha confermata la sentenza di condanna già inflitta dalla Corte di
Appello nei loro confronti gravando in più gli stessi anche di tutte le spese
processuali sostenute dalla parte civile per affrontare l’ultimo grado di
giudizio.
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