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"Il consulente può essere considerato preposto di fatto"
fonte www.puntosicuro.it / Normativa
08/11/2012 -
Commento
a cura di Anna Guardavilla.
Il
concetto di “preposto di fatto” e il contenuto dell’art. 299 del decreto 81/08
(“esercizio di fatto di poteri direttivi”) sono sempre più conosciuti dagli
operatori del settore della salute e sicurezza sul lavoro.
Il
fatto che chi “si comporta” (in termini di esercizio dei relativi poteri) come preposto,
come dirigente o come datore di lavoro risponderà di conseguenza è un concetto
che penetra sempre di più nella consapevolezza di chi si trova ad organizzare
la prevenzione in un’azienda, conscio ormai del fatto che tale ambito è
regolato dal principio di effettività che valorizza gli aspetti sostanziali e le
mansioni e i ruoli svolti di fatto.
Ma a
volte i maggiori dubbi negli operatori si appuntano su quelle che possono
essere le applicazioni concrete di questo principio.
La
sentenza del Tribunale di Aosta 2 marzo 2012 ci fornisce un ulteriore e
interessante esempio, che si aggiunge a tutti quelli forniti dalla
giurisprudenza preesistente, di come l’art. 299 del decreto 81/08 possa essere
applicato da parte di un Tribunale in un caso concreto.
Peraltro,
essendo una sentenza di primo grado che ha giudicato su un fatto avvenuto nel
luglio 2009, essa ha applicato anche tecnicamente l’art. 299 del D.Lgs. 81/08 (come
si legge in sentenza: “in rel. agli artt. 2 c.1 lett.e) e 19 lett. f) D.Lgs. n.
81 del 2008”) che era già in vigore da circa un anno, e non ha solo fatto
riferimento al più generale principio di
effettività - da sempre ribadito dalla giurisprudenza - che l’art. 299 ha
consacrato in una disposizione di legge. Ciò aumenta ulteriormente l’interesse
di questa pronuncia.
Esaminiamone
la fattispecie.
L’imputato C. (consulente
condannato come preposto di fatto), recatosi sul cantiere con il lavoratore B.
vittima dell’infortunio e due artigiani
“al
solo fine di prendere visione dei lavori di ristrutturazione di un rudere e
provvedere alle necessarie misurazioni
, incaricava
il B. di salire su un muro di spina per rimuovere alcuni listelli di legno del
tetto: operazione durante la cui esecuzione il muro cedeva, con conseguente
caduta a terra del B.” e lesioni personali gravi.
Va aggiunto anche che
“i quattro avevano con sé pochissimi
attrezzi: una corda, un palanchino di ferro ed un piede di porco. Non vi erano dispositivi di protezione
individuale, né scale, trabattelli o imbragature. Lo stesso imputato
confermava di non avere portato alcun attrezzo o dispositivo di protezione,
perché non stavano nell'elicottero” con il quale si erano recati sul
cantiere.
Tutto ciò
con la prospettiva di effettuare dei lavori che
“presentavano rischi per l'incolumità dei
lavoratori addetti, sia in relazione ai pericoli di crollo per la vetustà
dell'edificio, ridotto allo stato di rudere, sia in relazione ai pericoli di
caduta dall'alto, avveratisi in occasione dell'esecuzione di talune
misurazioni.”
Così ricostruito
sostanzialmente il contesto nel quale si sono svolti i fatti, a questo punto il
Tribunale affronta la questione relativa alla posizione di garanzia
dell’imputato, facendo le seguenti considerazioni:
“se la negligenza risulta di tutta evidenza - né risulta
sostanzialmente contestata dalla difesa dell'imputato - appare invece
problematica l'imputazione della responsabilità nei confronti di C, quale
preposto di fatto della s.r.l.”
Il quale C, come già
accennato sopra, era un consulente esterno di tale s.r.l. In particolare, egli
aveva originariamente costituito tale società e dopo poco l’aveva ceduta ad
altri due datori di lavoro, rimanendo però
“il fiduciario dei vertici sociali,
ossia l'uomo al quale affidare i compiti più importanti e delicati”.
Dunque al momento
dell'infortunio, egli era libero professionista e consulente della società,
tanto da dichiarare, in occasione del suo esame: “facevo innanzitutto un
discorso di procacciamento dei lavori, di trovare dei clienti per la ditta, poi
seguivo l'esecuzione dei lavori dal punto di vista tecnico ... perché ero io
che facevo i preventivi poi andavo a verificare che le cose venissero fatte
correttamente perché poi il rapporto con il cliente ce l'avevo io e quindi
facevo poi la contabilità dei lavori”.
Il Tribunale dunque prosegue:
“
a tenore di contestazione,
all'odierno imputato viene attribuita, ai
sensi dell'art. 299 D.Lgs. n. 81 del 2008, una posizione di garanzia relativa
ai soggetti di cui all’art. 2 comma 1 lett. e) del medesimo decreto, per avere
esercitato di fatto, in assenza di regolare investitura, i poteri giuridici del
preposto, definito dal citato art. 2 quale “persona che, in ragione delle
competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati
alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e
garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta
esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di
iniziativa”.
Dunque,
“
lo specifico profilo di colpa
che gli viene addebitato è quello ricadente sul preposto ex art. 19 comma 1
lett. f) D.Lgs. n. 81 del 2008, per avere omesso “di segnalare tempestivamente
al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle
attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni
altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro”.
Né possono essere accolte,
secondo il Tribunale, le argomentazioni della difesa, secondo cui “il C non poteva
considerarsi un soggetto preposto di
fatto, ai sensi della vigente normativa, poiché egli, all'epoca
dell'infortunio, era un libero professionista, estraneo all'organizzazione del
lavoro di C. s.r.l., privo di incarichi in materia di sicurezza o di altre
mansioni di responsabilità e non aveva poteri direttivi sui dipendenti di
quest'ultima” e secondo cui “il giorno dell'infortunio, B. veniva incaricato di
recarsi all'alpeggio dal C., legale rappresentante della s.r.l., e non
dall’imputato, il quale neppure aveva il compito di allestire un cantiere,
dovendo egli semplicemente eseguire un sopralluogo e redigere un preventivo per
un cliente dell'impresa.”
Il Tribunale sottolinea
infatti che certamente
“non vi era stata
alcuna investitura formale all'interno della società, ma le mansioni in
concreto svolte - ed ammesse dallo stesso imputato - non lasciano dubbi in
ordine all'effettività e all'importanza dei compiti espletati, tali addirittura
da impegnare la società nei confronti dei clienti.” E inoltre, rispetto
alla seconda argomentazione addotta dalla difesa, proprio un teste (U.) citato
dalla difesa aveva smentito la tesi secondo la quale il C. non aveva il potere
di disporre dei dipendenti della s.r.l., dichiarando e così fornendo la prova
che il “C. non solo disponeva direttamente dei dipendenti, riferendo di avere
ricevuto la telefonata che lo convocava il mattino successivo per il
sopralluogo, ma […] altresì, che l'imputato aveva addirittura il potere di
conferire autonomamente incarichi per conto della società a lavoratori autonomi
[…] qualora egli ne ravvisasse la necessità.”
Di estrema rilevanza è a
questo punto il ragionamento conclusivo della sentenza:
“da quanto precede, è opinione di questo Giudice concludere che, in
occasione dell'infortunio occorso il 24/7/2009, C. rivestisse le mansioni di
preposto di fatto, ai sensi dell'art. 299 D.Lgs. n. 81 del 2008, in relazione
all'art. 2 comma 1 lett. e) del medesimo decreto.”
In particolare,
“a tale conclusione, si perviene evidenziando
che:
- l'imputato aveva una
adeguata
competenza professionale fornitagli non solo dal titolo di studio e dalle
precedenti esperienze professionali, ma anche dalla particolare fiducia che il
legale rappresentante di C. s.r.l. riponeva in lui in un momento di rilevante
difficoltà personale, causato da ragioni di salute.”
[Si ricordi, a questo
proposito, che la definizione di preposto contenuta nel D.Lgs. 81/08 attribuisce
tale posizione di garanzia “in ragione delle competenze professionali”]
- egli svolgeva di fatto una ampia gamma di mansioni, da quelle
tecniche a quelle commerciali, disponendo di ampi poteri di iniziativa e di
impulso, esercitati di fatto in piena autonomia;
[La definizione di preposto su
richiamata prevede che sia tale colui che garantisce l’attuazione delle
direttive ricevute “esercitando un
funzionale potere di iniziativa”, ovvero un potere di iniziativa funzionale al
controllo sulla corretta esecuzione da parte dei lavoratori]
- nell'ambito di tali mansioni, sovrintendeva all'attività
lavorativa dei dipendenti dell'impresa, vigilando la corretta esecuzione delle
opere e delle direttive impartite dal datore di lavoro (nell'ambito dei
cantieri) o da se medesimo (nell'ambito dei sopralluoghi finalizzati al
procacciamento di affari o commesse);
[La medesima definizione di preposto
prevede che sia tale colui che “sovrintende alla attività lavorativa”]
- disponeva direttamente della manovalanza dell'impresa e ne
ripartiva i compiti, allorché si trattava di svolgere lavori che gli
permettessero di assolvere gli incarichi ricevuti.”
A questo punto - osserva il
Tribunale - essendosi l’imputato “comportato” come un preposto e quindi
“rivestendo tale mansione di fatto, egli avrebbe potuto e
dovuto, ai sensi dell'art. 19 comma 1 lett. f) D.Lgs. n. 81 del 2008, “segnalare
tempestivamente al datore di lavoro ... sia le deficienze dei mezzi e delle
attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni
altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro”.
In altri termini, egli, prima del sopralluogo, era ben
consapevole che gli operai svolgevano le mansioni alle quali erano addetti con
strumenti di lavoro inadeguati e privi di dispositivi di protezione individuale
ed avrebbe dovuto segnalare tali pericoli al datore di lavoro.
Dall'omissione di tale segnalazione, discende nel caso in esame
l'affermazione di responsabilità del preposto di fatto.”
E
“in tale quadro, non ha rilievo la mancanza di una formale investitura
a preposto, poiché l'istruttoria ha evidenziato che egli svolgeva di fatto
mansioni identiche a quelle del preposto stesso, ed è inesatto affermare, per
le ragioni sopra esposte, che non disponesse di poteri o di responsabilità di
tipo organizzativo all'interno dell'impresa.
Neppure ha rilievo la circostanza che non rivestisse incarichi
in materia di sicurezza sul lavoro, poiché il preposto di fatto risponde
autonomamente anche in mancanza dell'assunzione della - diversa - qualità di
responsabile della sicurezza.”
A fronte, poi,
dell’argomentazione della difesa che aveva obiettato che l’imputato non aveva
la qualifica di datore di lavoro, il Tribunale replica che
“certamente egli non era, come sostenuto dalla difesa, il datore di
lavoro, ma non di meno egli risponde in sede penale proprio in ragione della
qualità di preposto di fatto e non di datore di lavoro.”
Sul fatto poi che nulla fosse
stato contestato a monte ai datori di lavoro cui l’imputato aveva ceduto la
società, il Tribunale precisa, conclusivamente, che
“per quanto concerne poi l'omessa formulazione di addebiti a carico di
C.F. e a F.A., legali rappresentanti di C. s.r.l. e dunque di datori di lavoro,
tale censura può riguardare l'iniziativa del Pubblico Ministero nell'esercizio
dell'azione penale, ma non vale certamente ad escludere la responsabilità del
preposto di fatto, il quale, al più, potrebbe concorrere (o meglio cooperare,
ai sensi dell'art. 113 c.p.) con il datore di lavoro, ma non anche restare
esente da ogni responsabilità per il solo fatto dell'omessa citazione a
giudizio del datore di lavoro.”
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