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" Il “decreto del fare” e i lavori in appalto"

fonte www.puntosicuro.it / Normativa

28/06/2013 -
Chi scrive ha l’abitudine di prendere posizione sulle tematiche di cui si trova a scrivere. Ma questa volta vorrei affrontare il tema con un taglio diverso, molto semplice, umile e breve.
Mi hanno colpito i commenti all’articolo “ DUVRI: le modifiche nella valutazione dei rischi interferenti” di Tiziano Menduto pubblicato il 26 giugno su queste pagine. Ovviamente i commenti sono relativi al tema DUVRI, però attenzione a considerare quello che le aziende hanno percepito dei lavori in appalto. La vera tematica di interesse, economico, e quindi di attenzione da parte delle aziende sono state le correzioni sulla responsabilità solidale. E sulla verifica dei requisiti delle ditte in appalto.
 
Noi che ci occupiamo di sicurezza quell’aspetto lo abbiamo sempre considerato di tutela rispetto al diritto del lavoro, piuttosto che di tutela in materia di salute e sicurezza. In realtà è molto di più (in positivo) perché una ditta sana dovrebbe rispettare certi requisiti, e ci si aspetta che una ditta sana (imprenditorialmente) sia anche attenta a salute e sicurezza. Secondo lo stesso principio per cui le aziende che curano l’housekeeping si può ritenere che siano strutturalmente attente (per mentalità) a salute e sicurezza. Peccato che la componente positiva di quella scelta sia risultata pesantemente controbilanciata (in negativo) dagli oneri a carico dei committenti e dalla situazione di rapporti fra committente e fornitore in atto oggi in Italia. Oggi molte aziende più che dignitose e attente agli aspetti di sostanza, anche in materia di sicurezza e salute, hanno problemi ad essere conformi a requisiti sociali obbligatori. E questo innesca delle dinamiche perverse. Attenzione, questo non è un discorso politico ma la fotografia di una situazione sociale molto più deteriorata di quello che vogliono farci credere.
Ho visto aziende committenti rifiatare leggendo le prime notizie su questo decreto. Ma ripeto, nessuno si è espresso con gioia per le varianti inerenti il DUVRI a cui ormai “eravamo abituati”.

Poi io, come parte in causa, credo che l’intera vicenda DUVRI( sia stata gestita in modo confuso già dall’epoca della Legge 123/2007. E mi pare che identificare un incaricato al coordinamento nei casi più semplici sia una cosa da non condannare, anche se a mio avviso introduce più confusione che altro. Però, se non altro, sposa una idea che tanti hanno maturato in questi quasi sei anni: che il DUVRI spesso passi “sopra la testa” degli interessati, restando quindi un “monumento di carta” del tutto inutile, volto solo a cercare di ridurre le responsabilità aziendali. Il sottoscritto la vede così, e ha sempre pensato che solo lavorando sul campo si possa gestire il coordinamento; questo indipendentemente dal DUVRI. Che poi questa gestione  sul campo possa essere vista come un trasferimento di responsabilità, direi proprio che ce lo dobbiamo chiedere, in entrambi i sensi (sia per il datore di lavoro, sia per questa nuova figura di “preposto”). Credo che la risposta sia la stessa che diamo per i preposti, c’è un incarico, ad esso si accompagna una responsabilità ma questo non esime il datore di lavoro dai suoi obblighi di valutazione dei rischi (inclusi quelli interferenziali), organizzazione e vigilanza.
 
Per dare un primo parere a caldo concludo con quanto segue: la  materia è molto complessa sia dal punto di vista legislativo che dal punto di vista pratico. Aggiungere confusione alla confusione, con modifiche puntuali, non aiuta chi opera nel settore. Forse servirebbe un serio riesame dell’intera materia degli appalti extra titolo IV, naturalmente mantenendo lo spirito di tutela introdotto dalla Legge 123/2007 e poi dall’articolo 26 del D.Lgs. 81/2008 e smi.
 

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