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"Valutare i rischi alla salute nel riciclo dei rottami metallici"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
22/10/2013 - Le acciaierie e
la
produzione di ferro e metalli
sono normalmente associati al concetto di inquinamento. E dopo le vicende, in
continua evoluzione, che riguardano gli impatti ambientali di una delle
maggiori aziende siderurgiche, l’ Ilva
di Taranto (ex Italsider), questa associazione viene ancora più spontanea.
Tuttavia, come racconta una relazione
al 75° Congresso Nazionale della Società
Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale (Bergamo, 17-19
ottobre 2012), le immagini di “camini fumiganti, di antri danteschi con
crogioli pieni di metalli infuocati, di polvere nera che si deposita ovunque” appartengono
al passato, “soprattutto per l’
industria
siderurgica e metallurgica secondaria, quella del riciclo di rottame, che
non parte cioè da minerale”.
A parlarne, con riferimento ad
una esperienza condotta in territorio bresciano, è l’intervento “
Valutazione
dei rischi alla salute nell’industria del riciclo dei rottami metallici: il
caso di Brescia”, a cura di G.B. Corsaro, V. Gabusi, A. Pilisi -
Società Consortile per le Ricerche Ambientali per la Metallurgia (RAMET).
La relazione, pubblicata sul
numero di luglio/settembre 2012 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia,
indica che le leggi ambientali “sono molto restrittive e fissano limiti alle
concentrazioni degli inquinanti immessi in ambiente sempre più bassi ed
impongono anche le tecnologie in grado di farli rispettare”.
Ma anche quando i limiti di legge
sono rispettati e le tecnologie imposte adottate, la pubblica opinione “rimane
sempre pregiudizialmente sospettosa se non ostile” verso questo comparto. E
dunque diventa importante “dare una risposta sanitaria soddisfacente alle
legittime preoccupazioni della pubblica opinione”: tuttavia per farlo è
necessario disporre “di capacità di ricerca al massimo livello scientifico e
delle più avanzate competenze nelle molteplici discipline interessate, dalla
fisica alla chimica, alla statistica, all’igiene industriale ed alla medicina;
è necessario disporre di ingenti capitali e, soprattutto, della piena
disponibilità delle aziende a collaborare”.
E a Brescia “esiste una
straordinaria congiuntura di condizioni favorevoli forse unica a livello
nazionale ed internazionale, in cui si incontrano e fanno sinergia gli
interessi dei diversi soggetti che a vario titolo sono interessati ad un
approccio nuovo ai problemi del rapporto industria – ambiente – popolazione”.
Ricordiamo che una delle principali
attività industriali nel territorio della Provincia di Brescia è rappresentato
dall’
industria del riciclo dei rottami
metallici: “circa il 40% del rottame
metallico circolante in Italia viene recuperato a Brescia”.
I processi industriali di
rifusione “causano emissioni in atmosfera di diossine, PCB ed altri inquinanti
tipici” (Valutazione delle emissioni di inquinanti organici persistenti da
parte dell’industria metallurgica secondaria. Pubblicazioni AIB ENEA 2003), “il
cui contributo in termini di concentrazioni in aria e deposizioni al suolo è
stato largamente studiato, mentre molto poco è stato fatto nel campo della
ricerca scientifica per la stima del reale impatto di queste attività sulla
salute dei lavoratori e della popolazione”.
Proprio perché consapevoli della
“sempre maggiore importanza anche economica dei problemi ambientali,
particolarmente complessi nel loro settore, 24 tra le più importanti aziende
bresciane del settore siderurgico e metallurgico hanno costituito” il
consorzio RAMET, un consorzio che ha
proprio il compito di “svolgere ricerca avanzata sui temi ambientali principali
del settore e di dare ad essi una risposta al più alto livello scientifico”.
Il consorzio RAMET non solo possiede
capacità di indagine e un grande
patrimonio di informazioni, ma è anche collegato da unità di ricerca delle
Università Bresciane che hanno già svolto attività nello specifico settore.
L’intervento presenta dunque
alcune delle tipologie di ricerche svolte e anticipa alcuni programmi che si
intendono attuare nel futuro.
Innanzitutto è stata svolta un’
indagine sul rischio cancerogeno
nell’industria siderurgica e metallurgica bresciane.
In particolare il progetto di “
Valutazione del Rischio cancerogeno nei
quattro settori della metallurgia secondaria bresciana” è nato dall’esigenza
di fornire “il necessario supporto per affrontare le problematiche relative
all’ esposizione
ad agenti chimici, in particolare cancerogeni, anche in relazione al
progetto obiettivo della regione Lombardia sui tumori professionali, che ha
visto come oggetto di studio ed indagine proprio le attività metallurgiche
dell’area bresciana”.
La ricerca, promossa da RAMET, ha
consentito di “fornire, per ogni settore metallurgico (acciaio, alluminio,
cuproleghe, ghisa), i dati necessari per la valutazione
del rischio cancerogeno tipologica di settore”. Obiettivo raggiunto attraverso:
- “l’individuazione delle sostanze
cancerogene presenti nei cicli produttivi metallurgici (sia quelle la cui
presenza è caratteristica del settore metallurgico sia quelle presenti per
specificità di processo e/o di produzione);
- la predisposizione dei criteri
e metodiche di valutazione del rischio in relazione alle modalità espositive e
alle risultanze degli accertamenti sanitari;
- la predisposizione di un sistema di
gestione del rischio attraverso procedure formative, organizzative, e linee
guida di controllo ambientale e sanitario, nonché criteri di verifica della
loro corretta applicazione”.
E la procedura utilizzata per
individuare “le mansioni lavorative da sottoporre al monitoraggio biologico ha
portato all’individuazione di cinque aree o zone, rintracciabili in tutti i
comparti indagati”.
Un’altra tipologia di indagine ha
riguardato invece il
monitoraggio in
continuo di microinquinanti alle emissioni.
Infatti il consorzio RAMET ha
concentrato le attività di ricerca sulla “misura della quantità integrale degli
inquinanti (in particolare microinquinanti) emessi dagli impianti delle sue aziende associate,
sulla loro evoluzione nel tempo e sulle condizioni meteorologiche in cui esse
hanno luogo”.
Uno degli obiettivi è quello di “fornire
input corrispondenti alla realtà ai programmi di valutazione delle ricadute sul
territorio”. Infatti – continuano gli autori – “le ricerche sull’impatto
sull’atmosfera e sul territorio delle emissioni da attività industriali sinora
svolte da enti di ricerca, aziende ed Istituzioni, hanno, per i
microinquinanti, un grosso limite: essere basate su dati di campionamenti alle
emissioni di breve durata, su estrapolazioni di
dati delle poche situazioni conosciute o semplicemente su stime che
raramente sono rappresentative della realtà”.
Inoltre il monitoraggio permette
di “fornire le informazioni necessarie per lo studio del rapporto dei parametri
di gestione degli impianti e la produzione di questi inquinanti sulla base dei
quali progettare le misure per minimizzarla”.
Senza dimenticare che acquisire
esperienza nella gestione dei sistemi di campionamento in continuo per
microinquinanti può servire in relazione alle attese future normative per il
settore.
Nell’intervento, che vi invitiamo
a leggere, sono presenti diverse tabelle e figure che riportano i risultati di
una tipica campagna di monitoraggio mensile alle emissioni di un camino da
forno fusorio svolta presso un’acciaieria elettrica.
La relazione affronta anche il
tema delle “
valutazioni modellistiche”.
Infatti a completamento della
numerosa mole di dati emissivi raccolti, “RAMET si è dotata di altri strumenti
di indagine di natura matematica, ovvero dei modelli matematici che descrivono
il trasporto, le trasformazioni chimiche delle sostanze inquinanti ed i
fenomeni di deposizione al suolo, modelli che consentano, oltre che la
valutazione di impatto ambientale delle sostanze inquinanti, la definizione di
opportune strategie di controllo ed abbattimento delle emissioni”. Tali valutazioni
modellistiche di impatto ambientale si sono articolate in diverse fasi: “analisi
preliminare del contesto emissivo e di qualità dell’aria;
caratterizzazione meteoclimatica del dominio di indagine; predisposizione dei
dati di ingresso ai modelli e
run
modellistico; valutazione dei risultati
delle simulazioni, sia in termini di analisi statistica che grafica”.
Concludiamo ricordando che nella
relazione viene presentata anche un’attività di ricerca futura relativa alla
valutazione delle dosi alla popolazione
degli inquinanti emessi dalle aziende di RAMET. Il Progetto Dosi si
articola su un “insieme di attività di ricerca teorica e applicata, su indagini
sul campo, su valutazioni ingegneristiche e sanitarie”. Verranno coinvolti enti
di ricerca, aziende, università,
laboratori di analisi e fornitori
di servizi.
“ Valutazione
dei rischi alla salute nell’industria del riciclo dei rottami metallici: il
caso di Brescia”, a cura di G.B. Corsaro, V. Gabusi, A. Pilisi - Società
Consortile per le Ricerche Ambientali per la Metallurgia (RAMET), relazione al
75° Congresso SIMLII pubblicata sul Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed
Ergonomia, Volume XXXIV n°3, luglio/settembre 2012 (formato PDF, 1.44 MB).
RTM
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