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"Rischio stress: allarme, resistenza ed esaurimento "
fonte www.puntosicuro.it / Salute
20/02/2015 -
Continuiamo la pubblicazione, in più puntate, di un testo sullo
stress lavoro correlato
o, meglio, sul “mal-essere” nel mondo del
lavoro. Un testo curato dallo psicologo del lavoro Andrea Cirincione e dal
titolo “
Lavori o Scleri?! Teoria e
Pratica del mal-essere per scelta
”
che presenta il tema con un linguaggio semplice, ironico e diretto,
arricchendosi delle esperienze di lavoro in organizzazioni pubbliche e private
di ogni tipo e dimensione.
Dopo i capitoli dedicati alla
sindrome generale di adattamento
, alle esperienze, ai temperamenti e alle
emozioni di base
, un nuovo capitolo si sofferma sullo stress come
concetto tecnico. La risposta allo stress con riferimento
all’omeostasi, all’allarme, alla resistenza e all’esaurimento. E le nuove leggi
dello “sclero” e del lavoro.
Capitolo 5
Lo stress
come concetto tecnico
Capitolo un po’ lezioso ma necessario
La parola stress è un termine inglese
importato in psicologia dal mondo delle discipline tecniche. Originariamente
designa uno stimolo dotato di tre caratteristiche:
1. direzione;
2. intensità;
3. verso.
In conformità a questo, basilari conoscenze di fisica
ci fanno definire lo stimolo come
vettoriale.
In pratica si tratta di una freccia: →
Il vettore-stimolo si manifesta in determinate
circostanze, che si caratterizzano per diversità di resistenza e di adattamento [1].
A ben vedere:
- lo stress in senso vettoriale ci porta verso un’indicazione
più precisa, vale a dire quella di
stressor;
- lo stato interno del materiale sottoposto allo
stressor è quello che possiamo definire
stress;
- la deformazione del materiale stesso viene definito
strain.
Avremo modo di prendere confidenza con questi termini.
Un esempio per chiarire il comportamento del
materiale “stressato”:
- Se
applico una forza (pressione) pari ad ‘n’ chilogrammi, perpendicolarmente ad un materiale (ad es.
una mensola), verificherò quanto questo
resiste
e se è possibile aumentarne le prestazioni mediante un miglior
adattamento;
- Pensiamo quanto sia importante costruire un
edificio con criteri antisismici, affinché possa superare al meglio lo stress
di un terremoto (che e un grosso stressor).
Dobbiamo al fisiologo W. Cannon [2]
l'introduzione della parola ‘stress’
in biologia.
Guardando a una situazione rilevabile nella sua interezza,
se si osserva un’azione
combinata di
stimolo-e-circostanze si può dire che un organismo è sottoposto a stress.
In generale questa
sinergia può realizzare condizioni di equilibrio o disequilibrio.
Prendiamo ad esempio l’incontro tra un uomo e una tigre.
Senza entrare nel merito di chi sia in generale l’animale più feroce (la risposta è scontata), guardiamo al
quadro generale e ipotizziamo tre quadri emotivi di paura:
a) per l'uomo, inerme nella giungla;
b) per la tigre, indifesa verso il cacciatore armato;
c) per nessuno dei due perche si trovano in armonia
reciproca.
Cannon divenne famoso per aver descritto la
cosiddetta “
fight
or flight
response”: quando
l'organismo si sente “minacciato”
scatta una risposta del sistema nervoso (quello cosiddetto simpatico) che
prepara a “combattere o
fuggire”.
Egli identificò anche
l'importanza di una specifica area cerebrale, l'ipotalamo (vedi immagine, in
giallo], rispetto all'emotività individuale.
- Immaginiamo di essere all'aperto a mangiare in
compagnia; a un tratto il tempo minaccia pioggia. Noi ci attiviamo per decidere
quale comportamento sia adeguato.
Nasce cosi l'idea della “
fase 1
della
risposta allo stress”, definita come
allarme.
L’organismo
si attiva.
E’
il momento in cui la compensazione svolta dall'organismo comincia a “pagare un prezzo” per l'opera di
contrasto allo
stimolo lesivo (=
stressor). In
pratica si attiva il metabolismo aumentando la frequenza cardiaca e rendendo
disponibile zucchero nel sangue.
Cerchiamo di comprendere meglio e con semplicità. In fisiologia,
è importante il mantenimento dell'
equilibrio
quando questo sia alterato dalle circostanze. Un esempio che riguarda un tipo
di “stress” non certo negativo:
- Quando mangio una fetta di torta, ho un eccesso di
zuccheri nel sangue, quindi entra in azione un sistema che “sequestra” lo
zucchero per non lasciarne troppo nel torrente ematico (un diabetico sa quali
rischi si corrono).
Curioso: il sistema toglie lo zucchero se ce n’è troppo
e lo immette se serve. Tutto questo avviene in automatico.
Questo genere di fenomeni ha un nome: “
omeostasi”.
Se vivo in una casa anti-sismica, questo vuol dire
che è stata progettata affinché, nell'eventualità di scossoni da terremoto, la
casa abbia dei sistemi di “contro-regolazione” che attutiscano l'effetto.
Anche in psicologia un comportamento si può leggere
in termini di omeostasi.
Cosa vuol dire “
comportamento
omeostatico”?
Agisco per ripristinare un
equilibrio,
ad esempio:
- ho sete, quindi prendo l'acqua e bevo per
reintegrare liquidi;
- sono nervoso, quindi vado a correre per sfogarmi.
In realtà tutta la nostra vita è scandita da
instabilità e da
sistemi regolatori che entrano in azione.
In buona sostanza secondo lo psicologo svizzero J. Piaget [3]
i processi in gioco sono fondamentalmente due:
1.
assimilazione:
uso dei propri schemi cognitivi e comportamentali acquisiti per affrontare una
situazione perturbante;
2.
accomodamento:
modifica dei propri schemi cognitivi e comportamentali per trovarne uno nuovo
che consenta di ristabilire l'equilibrio.
I due processi sono in alternanza, specie nei bambini
che manifestano una grande plasticità.
Da adulti si è
meno disponibili a modificarsi e spesso si tende a mantenere i propri schemi di
risposta, non sempre adattivi, con una prevalenza dell'
assimilazione.
Si parla pertanto di una “
fase
2 della
risposta allo stress”, definita come
resistenza.
L’organismo tenta di normalizzare la situazione (o
attende che finisca lo
stressor).
Torniamo per un momento alla fase di allarme. Abbiamo
detto che l'organismo bio-psichico paga un “
prezzo” per il lavoro di omeostasi.
Cosa vuol dire che “
l’organismo è in debito”? Possiamo spiegarlo in due modi.
I) In parte parliamo dell'
energia spesa per contenere lo stressor, che può essere eccessiva
rispetto alle “riserve” possedute e lasciare in uno stato di prostrazione.
- E' come quando il corpo affronta una grave
malattia, al termine della quale ha bisogno della cosiddetta convalescenza;
essa rappresenta molto bene la necessita di affrontare una fase che non e più malattia
ma non è ancora salute: è invece uno stadio intermedio di recupero delle forze.
II) L'altro “prezzo” di cui si parla consiste nelle
conseguenze
strutturali della cronicità della
resistenza. Spiegato con un esempio:
- se un autoveicolo aumenta sempre la velocità, deve consumare
sempre più energia per pagare la performance, ma oltre certi limiti di velocità
viene messa alla prova anche la struttura stessa, che potrebbe cedere; proviamo
ad immaginare, che ne so... un'utilitaria col motore di una Formula 1!
L'
allarme è la fase in cui
ci si accorge che:
- siamo ai limiti energetici (finisce il carburante...),
oppure o la struttura e ai limiti della tenuta (si rischia di rompere...).
La
resistenza è la fase in
cui devo:
- pensare a come recuperare energia (fare il pieno...),
oppure o guidare con cautela (per non collassare...).
A valle di tutto questo
C’é una “
fase 3 della risposta
allo stress”, definita come
esaurimento.
L’organismo
che non fosse
riuscito ad adattarsi arriverebbe a pagarne le conseguenze.
Tutte le reazioni che sono state innescate dalla fase
di allarme, sostenute nella fase di resistenza sono di tipo biochimico e bioelettrico,
e riguardano il corpo (dal battito cardiaco alla dilatazione delle pupille) e
la mente (dall’ansia alla determinazione). Tutto
questo “esercito della
salvezza” (o della
“performance”) non ha risorse
infinite.
Vale la pena citare un aspetto biochimico dello
stress molto interessante: la produzione di
citochine. Si tratta di proteine capaci, in poco tempo e a breve
termine, di influenzare il comportamento delle cellule. Sono molto importanti
nella risposta del sistema immunitario. Alcune tra queste citochine (gli
interferoni) sanno bloccare infezioni
virali con immediatezza.
Pensiamo a quanto questi sistemi immediati e automatici possano
difendere l’organismo in condizioni di emergenza,
anche grave.
Altre molecole importanti per lo stress sono
ormoni e neurotrasmettitori, che
producono quelle “trasformazioni”
di cui
spesso ci accorgiamo (ansia, sudore, respiro affannato). Tutto il corpo in
realtà si mette in “difesa” o
“attacco”, anche
con la postura e i muscoli.
Tipica infine è la sensazione di dover evacuare l’intestino, risorsa che affonda nella notte dei tempi
quando i nostri antenati per correre veloce dovevano liberarsi di qualsiasi “zavorra” inutile.
Non è scopo di questo testo approfondire questi temi,
che però non possono essere dimenticati. E’ indubbio che quando le fasi di allarme si rinnovano di continuo (pensiamo a
continue e reiterate sollecitazioni) e quella di resistenza si prolunga senza esiti
favorevoli, prima di considerare gli aspetti psicologici bisogna sapere che
esiste l’azione degli ormoni
corticosteroidi, tra
i quali va ricordato il
cortisolo.
La
cronicita dello stress
produce la
persistenza di
queste sostanze
nel nostro organismo.
La loro presenza è molto benefica nel breve termine:
- azione anti-insulinica (= immissione di zuccheri
nel sangue);
- azione tachicardica (= accelerazione del battito
cardiaco);
- azione muscolo-tensiva (= predisposizione a “combattere”).
A lungo termine tutto questo finisce col fiaccare e
indebolire l’organismo, che
paga quel dispendio energetico che alla fine conduce a un ovvio
esaurimento.
Tra gli effetti collaterali di questa sindrome da
stress:
- la scarsità di buon riposo;
- il peggioramento dell’umore;
- i problemi nella vita relazionale.
Per non dire delle crisi di “fame nervosa”, che inducono ad assumere zuccheri
aggiuntivi in un
tourbillon di
negatività.
Torniamo nella metafora ingegneristica.
Possiamo ipotizzare in teoria di fare mezzi sempre più
potenti e sempre più resistenti e, in effetti, la tecnologia ha prodotto
apparecchi che superano la velocità del
suono e resistono alle criticità che questa performance comporta. E'
ragionevole pensare che se la velocità crescesse verso valori sempre più alti
ci sia un punto di non costruibilità per limiti tecnologici. Cosi come si può
prevedere che i record del mondo in atletica debbano un giorno raggiungere il
limite umanamente invalicabile. L’esaurimento,
alla fine, è ineluttabile.
D'altronde conosciamo
stressors che
conducono alla morte
inevitabilmente,
ad esempio un virus letale. O più semplicemente la vecchiaia.
Riprendiamo per un momento il fattore “tempo”: cosi come ci si aspetta che un mezzo
tecnologico nuovo sia più affidabile di uno che abbia lavorato molto (si pensi
a un'automobile nuova o usata), allo stesso modo la resistenza allo stress di
un organismo giovane è maggiore - e con
minor tempi di recupero - rispetto a uno anziano.
Dobbiamo comprendere come e perché concetti “fisici” siano utili per addentrarci
nelle dinamiche psichiche, tenendo presente però alcune peculiarità di queste
ultime, che non sempre si comportano in modo lineare:
- ad esempio un soggetto anziano può, grazie all'esperienza e alla maturità, saper
affrontare lo stress psicologico meglio di uno giovane.
Decliniamo a questo punto le seguenti note.
-
5° legge
dello sclero:
l'organismo può
cedere allo stress per scarsa resistenza, per insufficiente adattamento, per
carenze energetiche o per limiti psicofisici.
-
5° regola del lavoro:
l'individuo
previene il cedimento da stress coltivando una mentalità elastica,
aggiornandosi, curando la propria alimentazione e sapendosi fermare.
Il cervello lavora sempre all’omeostasi. Le emozioni
vanno in parallelo e persino la razionalità. A volte non basta doversi difendere
dalle minacce esterne, perché s’innescano conflitti interni. E questo diventa
terribile per il cervello omeostatico, che si trova il “nemico in casa”. Il
cortocircuito mentale diventa molto più probabile, e secondo qualche autore13 [4],
persino l’Alzheimer trova terreno più fertile in cervelli stressati...
Andrea Cirincione
Psicologo del Lavoro
NB: Nelle prossime settimane PuntoSicuro pubblicherà altri
capitoli del libro dedicati al mal-essere nel mondo del lavoro.
[1] Attenzione
a questi due concetti, che sono fondamentali per gli sviluppi in termini di
“selezione”, di cui parleremo più avanti [cap. 17].
[2] Cannon W., The wisdom of the body,
1932
[3] Lo
sviluppo mentale del bambino. Edizione italiana: 1967, Einaudi
[4] Articolo
su Neurology. Robert Wilson, 2003, Chicago
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