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"L’uso dei dispositivi di protezione collettiva nei lavori in copertura"
fonte www.puntosicuro.it / D.P.I.
07/07/2015 - Se i lavoratori che svolgono la loro
attività sulle coperture sono spesso esposti ad un elevato
rischio di caduta dall’alto,
è tuttavia possibile, attraverso un’adeguata analisi e valutazione dei
rischi, individuare idonee misure preventive e protettive da impiegare
per eliminare i rischi o ridurli a livelli accettabili nei casi in cui
non sia possibile eliminarli.
E il Decreto legislativo 81/2008 sottolinea la necessaria priorità d’impiego dei
dispositivi di protezione collettiva (DPC) rispetto a quelli individuali (DPI).
Per approfondire il tema della scelta e dell’uso dei dispositivi di
protezione collettiva sulle coperture, torniamo a sfogliare il
documento dell’Inail dal titolo “ La sicurezza nei lavori sulle coperture. Sistemi di prevenzione e protezione contro la caduta dall’alto”;
un documento realizzato dal Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e
Sicurezza degli Impianti, Prodotti e Insediamenti Antropici (DIT) e
dalla Consulenza Tecnica per l’Edilizia (CTE) che raccoglie gli atti di
due diversi seminari: “Un cantiere sicuro per riqualificare l’esistente -
Lavori in copertura” (Milano, 4 ottobre 2013) e “Lavori su coperture:
problematiche, approfondimenti, soluzioni ed indirizzi” (Bologna, 18
Ottobre 2013).
Nell’intervento “
Dispositivi di protezione collettiva nei
lavori in copertura”, a cura di Davide Geoffrey Svampa (INAIL DIT), si
ricorda innanzitutto che quando si presenta la necessità di dover eseguire
delle attività in copertura, “è necessario valutare i rischi prevalenti di
caduta dall’alto o di urto contro le eventuali protezioni, ma anche i rischi
concorrenti, per esempio innescanti le cadute, e i rischi susseguenti la caduta
stessa, come l’oscillazione del corpo con urto contro ostacoli, le
decelerazioni dovute alla trattenuta o alla sospensione inerte”.
E dopo aver contestualizzato le
valutazioni con le caratteristiche del sito di intervento, è necessario
chiedersi:
posso eliminare il rischio?
Se la risposta è “si”, risulta
evidente che “la strada corretta da seguire è quella di adottare misure
preventive e protettive finalizzate a tale scopo”. E visto che “l’eliminazione
totale del rischio di caduta
dall’alto per lavori in copertura risulta spesso impraticabile”, le misure da adottate “dovranno essere tese
ad una riduzione delle conseguenze”.
Con riferimento poi a quanto
indicato dal D.Lgs. 81/2008 (priorità dei DPC sui DPI), per i lavori in copertura generalmente “l’approccio
corretto è quello di ridurre il rischio, portarlo a livello accettabile
mediante l’impiego di dispositivi di protezione collettiva e nel caso il
livello di rischio risultasse ancora elevato, impiegare come ultimo strumento
di prevenzione e protezione i dispositivi
di protezione individuale anticaduta”.
A questo punto l’autore presenta alcuni
dispositivi di protezione collettiva
che “rappresentano nella maggior parte dei casi, una soluzione efficace per la
riduzione del rischio di caduta dall’alto per i lavori in copertura”.
Reti di sicurezza
Sono dispositivi di protezione
collettiva costituiti da “reti di protezione generalmente fissate su
intelaiature metalliche di sostegno. Le
reti sono regolamentate dalle norme UNI EN 1263-1:2003 e UNI EN 1263-2:2003 che
ne definiscono i requisiti prestazionali e i limiti di posizionamento per ogni
tipologia d’impiego”. In particolare le norme “individuano due macrocategorie
di utilizzo delle reti di sicurezza: impiego per posizionamento orizzontale e
impiego per posizionamento verticale”. E oltre al “tipo” di sistema da
impiegare, la norma specifica quattro classi secondo la “combinazione della
dimensione della maglia con l’energia agente sulla rete di sicurezza”.
L’intervento sottolinea che nella
scelta di questo sistema di protezione “è necessario tener presenti alcuni
fattori di fondamentale importanza come l’altezza di caduta, l’inclinazione del
piano di lavoro, la profondità di raccolta intesa come lo spazio libero sotto
la rete necessario per garantire la loro efficacia e l’eventuale presenza di
ostacoli che ne vanificherebbero la funzione”. E se tra i vantaggi c’è la libertà
di movimento lasciata al lavoratore e la facilità di ispezione del sistema, si
ricorda che eventuali materiali nelle reti di sicurezza potrebbero risultare
pericolosi in caso di caduta del lavoratore: le reti “devono essere
costantemente libere da oggetti sulla loro superficie”.
Parapetti Provvisori
I parapetti provvisori (sistemi
temporanei di protezione dei bordi) “rappresentano un sistema di protezione
collettiva destinato alla protezione di persone e/o cose contro le cadute
dall’alto nelle attività
su coperture i cui bordi non sono protetti o comunque per proteggere zone
prospicienti il vuoto”. E sono attrezzature costituite generalmente “da
montanti verticali sui quali vengono fissati il corrente principale, i correnti
intermedi e la tavola fermapiede”.
L’intervento si sofferma sulla UNI
EN 13374:2013 e sulla
classificazione
dei parapetti provvisori in base agli aspetti statici e/o dinamici dei carichi
applicati:
- classe A: “deve fornire
resistenza ad una persona che vi si appoggia o vi cada contro”;
- classe B: “deve, in aggiunta al
requisito della classe A, arrestare una persona che stia scivolando o cadendo
lungo una superficie inclinata”;
- classe C: “deve arrestare una
persona che stia scivolando o cadendo lungo una superficie molto inclinata”.
Ed è dunque evidente che “per una
corretta scelta, uno tra gli elementi caratteristici da evidenziare nella
valutazione del rischio, è la pendenza della superficie di lavoro”. Inoltre per
ogni classe la UNI EN 13374:2013 “definisce i requisiti minimi di spazio libero
tra i correnti”. Si ricorda poi che la UNI EN 13374:2013 è stata revisionata e
in quest’ultima stesura risulta evidente il concetto ‘sistema di protezione dei
bordi”: tutti gli elementi assemblati fra loro devono concorrere all’efficacia ed
essere adeguati allo scopo.
Ponteggi come DPC per lavori in copertura
Considerando “che il ponteggio è
a servizio dell’opera servita e non è un DPC in senso stretto, anche se con i
suoi elementi costituisce una protezione contro le cadute dall’alto per il
lavoratore che opera sull’impalcato di lavoro”, è stato richiesto un
chiarimento sul suo utilizzo come protezione collettiva per i lavoratori che
svolgono attività sulle coperture.
E il Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali, con la Circolare n. 29 del 2010, ha
indicato che “è possibile l’impiego di
ponteggi come protezione collettiva per i lavoratori che svolgono la loro
attività sulle coperture a condizione che per ogni singola realizzazione e a
seguito di una adeguata valutazione dei rischi, venga eseguito uno specifico
progetto. Risulta evidente che il progetto a cui fa riferimento la Circolare
Ministeriale debba tener conto di tutte le azioni aggiuntive, derivanti dal
possibile impatto che un lavoratore, in caso di scivolamento o rotolamento, può
trasferire al ponteggio. Azioni che oltre ad interessare gli elementi del
ponteggio, interessano anche gli ancoraggi, sia come numero e posizionamento,
sia come resistenza da trasferire delle strutture su cui ancorarsi”.
Questo chiarimento offerto dalla
Circolare rappresenta una “grande opportunità per i datori di lavoro, in quanto
possono, attraverso il solo impiego del ponteggio, ridurre il rischio di caduta
dall’alto derivante dai lavori in
copertura senza dover montare sistemi di protezione aggiuntivi, ma
utilizzando un’opera provvisionale opportunamente dimensionata e predisposta
per la trattenuta del lavoratore che vi urti contro”. Anche se per i datori di
lavoro, “il limite di questa soluzione è la maggiore complessità dell’opera
provvisionale da realizzare sia in termini di progettazione sia in termini di
elementi e di ancoraggi supplementari”.
In definitiva, conclude la
relazione, prima di impiegare misure preventive e protettive “è necessario
effettuare una adeguata valutazione dei rischi per verificare che il sistema
scelto sia compatibile e adeguato allo scopo”. E l’uso di tali dispositivi di
protezione collettiva “deve tener conto, oltre alle indicazioni del fabbricante
e ai relativi limiti d’impiego dell’attrezzature”, anche del contesto in cui si
sta operando e delle caratteristiche del materiale base su cui si intende fissare
il sistema scelto.
Inail Dipartimento Innovazioni
Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti e Insediamenti Antropici, CTE
- Consulenza Tecnica per l’Edilizia, “ La sicurezza nei lavori sulle coperture. Sistemi di prevenzione
e protezione contro la caduta dall’alto”, atti dei seminari “Un cantiere
sicuro per riqualificare l’esistente - Lavori in copertura” e “Lavori su
coperture: problematiche, approfondimenti, soluzioni ed indirizzi”, edizione 2014,
pubblicazione febbraio 2015 (formato PDF, 3.53 MB).
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sicurezza nei lavori sulle coperture degli edifici”.
RTM
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