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" Storie di infortunio: una storia di ordinaria schiavitù"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
29/07/2015 -
Il Centro regionale di Documentazione per la Promozione
della Salute della Regione Piemonte ( Dors) raccoglie
storie d'infortunio rielaborate dagli operatori
dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di
infortunio, con la convinzione che conoscere come e perché è accaduto sia una
condizione indispensabile per proporre soluzioni efficaci per la prevenzione.
In questa storia, dal titolo “Io
sono Cheng: una storia di infortunio di ordinaria schiavitù” (a cura di Marcello Libener,
Servizio Pre.S.A.L. della Asl AL), durante i lavori per la realizzazione di cubetti in pietra, un operaio
ha subito una ferita da schiacciamento alla mano destra riportando
un’invalidità permanente del 46%.
Io sono Cheng: una storia di infortunio di ordinaria schiavitù
a cura di Giovanni Polliotti e Giorgio Ruffinatto, Servizio Pre.S.A.L.
della Asl TO3
Che cosa è successo
Durante i lavori per la
realizzazione di cubetti in pietra, un operaio ha subito una ferita da schiacciamento
alla mano destra riportando un’invalidità permanente del 46%.
Chi è stato coinvolto
Cheng è un operaio cinquantenne
di origine cinese che vive in Italia da cinque anni. Da quando è emigrato ha
sempre lavorato presso un piccolo laboratorio della pietra come addetto al
taglio.
Conosce pochissime parole di
Italiano, ma il lavoro che svolge, di tipo manuale e perlopiù individuale, non
prevede grossi scambi con colleghi e superiori e non necessita quindi di un
vocabolario molto articolato. Inoltre, il rumore assordante e la diversa
provenienza dei lavoratori (Marocco e Cina) complicano ulteriormente la
comunicazione durante le ore di lavoro.
Dove e quando
L’infortunio è avvenuto in
provincia di Torino, nell’autunno del 2008, in un piccolo laboratorio di
lavorazione della pietra.
Come
La denuncia di infortunio
pervenuta allo SPreSAL riportava una dinamica di accadimento non molto chiara:
“Mentre tranciava una pietra inavvertitamente si feriva alla mano…”
Nel corso di un primo sopralluogo
in azienda, il datore di lavoro della ditta aveva riferito che l’evento era
avvenuto in un piazzale dello stabilimento, dove operano gli scalpelliniche
preparano i blocchi di pietra per il successivo trancio, in un’area priva di
macchinari.
Dai primi accertamenti pareva
quindi che l’infortunio fosse avvenuto per pura accidentalità: il lavoratore
che si era dato una martellata sulle mani…
Non è stato facile mettersi in
contatto con Cheng, trasferitosi nel frattempo in un’altra provincia, ma quando
si è potuto sentire la versione dell’infortunato e dei suoi colleghi, si è
riusciti ricostruire la vera dinamica dell’infortunio.
Il laboratorio in cui è avvenuto
l’infortunio svolge attività di lavorazione della pietra. In particolare la
lavorazione parte da blocchi in pietra naturale, da cui vengono prodotte lastre,
cordoli, cubetti o quanto richiesto dal cliente. La creazione dei cubetti
avviene mediante presse tranciatrici, dette anche “cubettatrici”, macchine
dotate di due lame semoventi che spezzano i blocchi di pietra in elementi di
più piccole dimensioni [1]
Cheng, operaio addetto ad una
pressa cubettatrice, il giorno dell’infortunio, come d’abitudine, stava
procedendo alla realizzazione dei cubetti mediante una vecchia tranciatrice,
quando ha subito una ferita alla mano destra per schiacciamento fra un blocchetto
in pietra e la lama superiore della macchina. L’infortunato è stato portato al Pronto
Soccorso, quindi trasportato al CTO di Torino, dove è stato sottoposto a
ripetuti interventi chirurgici alla mano. In seguito all’infortunio, Cheng ha
recuperato solo in parte l’utilizzo della mano.
“Quando mi sono fatto male, i miei colleghi cinesi sono venuti ad
aiutarmi. L’altro mio collega arabo ha telefonato al capo. Dopo circa due ore,
il mio capo è arrivato e mi ha portato in ospedale a Pinerolo.
Adesso non riesco più a muovere la mano e il polso lo muovo poco perché
mi fa ancora male”.
Perché
L’infortunio di Cheng è potuto
accadere in quanto la macchina tranciatrice al momento dell’infortunio non
garantiva un sufficiente grado di sicurezza: la lama superiore, attivata dal
comando a pedale, scendeva sul banco di lavoro anche senza il consenso delle fotocellule
che intercettano la presenza delle mani dell’operatore (dotate di guanti con catarifrangenti)
nell’area di sicurezza.
Il malfunzionamento del sistema
di sicurezza, che evita lo schiacciamento delle mani da parte degli elementi
mobili della macchina, potrebbe essere stato determinato dai seguenti motivi:
- mancanza o insufficienza di
interventi di controllo periodici o straordinari, secondo frequenze stabilite
in base alle indicazioni fornite dal fabbricante, necessarie a verificare le
buone condizioni di sicurezza della macchina;
- mancata o insufficiente
manutenzione sulla macchina tranciatrice volta a garantire nel tempo la
permanenza dei requisiti di sicurezza previsti dal costruttore; in azienda non
era presente il libretto d’uso e manutenzione della macchina e non vi era alcun
registro comprovante gli interventi di controllo e di manutenzione sulle macchine;
- eventuale manomissione
del sistema di sicurezza costituito da fotocellule e guanti dotati di banda
catarifrangente, che potrebbe determinare la possibilità di operare senza
l’utilizzo dei guanti dotati di catarifrangente.
In sintesi, l’azienda ha
evidentemente privilegiato la velocità del lavoro a scapito della sicurezza; a
tal proposito, Cheng ha riferito che:
“A volte, senza schiacciare il pedale, le lame si muovevano. Quando mi
sono fatto male io non ho schiacciato il pedale, ma la lama è scesa...
Avevo i guanti, ma senza il catarifrangente. Sulla mia macchina le
fotocellule non funzionavano. Non hanno mai funzionato. Io usavo dei guanti
senza catarifrangente...
Avevo detto più volte al mio capo che la macchina non funzionava bene:
la macchina qualche volta era stata aggiustata, ma le fotocellule non hanno mai
funzionato”.
È stato inoltre sentito Lorenzo,
un tecnico manutentore intervenuto subito dopo l’infortunio:
“Abbiamo verificato che a volte i coltelli, azionando il comando a
pedale, scendevano anche senza posizionare i guanti con catarifrangente al di
sotto delle fotocellule”.
Cosa si è appreso dall’inchiesta
La macchina su cui è avvenuto
l’infortunio presentava le seguenti situazioni di rischio:
- il dispositivo di protezione
della macchina, costituito da fotocellule (protezioni opto-elettroniche attive)
e guanti dotati di banda catarifrangente, sono facilmente eludibili in quanto
permettono l’utilizzo di catarifrangenti generici che quindi possono essere
posizionati in qualunque parte della mano o del braccio dell’operatore. A
titolo di esempio, qualora l’addetto indossasse una giacca o qualsiasi
indumento con bande catarifrangenti sulle maniche, il sistema potrebbe permettere
la discesa della lama anche se le mani non si trovano in posizione di sicurezza;
- il mancato funzionamento di
elementi costituenti i dispositivi di sicurezza della macchina non impedisce
l'avviamento o il movimento degli elementi mobili. In particolare, i
dispositivi di sicurezza della macchina, costituiti da fotocellule e guanti
dotati di banda catarifrangente non sono di tipo intrinseco (al verificarsi del
minimo guasto o anomalia la macchina dovrebbe fermarsi), contrariamente a quanto
previsto dalle norme di buona tecnica (UNI EN), permettendo quindi alla macchina
di essere azionata con il comando a pedale, anche in caso di guasto delle
fotocellule.
Il fatto che in azienda non fosse
reperibile il libretto d’uso e manutenzione della macchina oggetto
dell’infortunio o documentazione comprovante interventi manutentivi effettuati,
comprova che la tranciatrice non sia mai stata oggetto degli specifici interventi
di manutenzione e controllo secondo modalità e frequenze previste dal
costruttore. Tra le condizioni indispensabili per un corretto funzionamento
della macchina riportate sul libretto d’uso, vi è anche la necessità di
“controllare ogni sei mesi la funzionalità dei relé che vanno ad eccitare le
elettrovalvole per evitare che i contatti si incollino e la lama salga o scenda
in modo inatteso”.
Secondo Lorenzo, un tecnico
manutentore:
“Potrebbe, al momento dell’infortunio, esserci stato un falso contatto
o qualche anomalia di tipo elettrico che ha consentito la discesa del coltello
anche senza il posizionamento dei guanti”.
Nel corso degli accertamenti è
stato richiesto al datore di lavoro della ditta di visionare il documento
di valutazione dei rischi, che è risultato però assente. L’azienda era
passata recentemente di proprietà e c’era un documento a firma del titolare
dell’azienda precedente, ma con contenuti generici.
Poiché la macchina oggetto
dell’infortunio era marcata CE, e quindi rientrava nel campo di applicazione
della cosiddetta “Direttiva macchine”, sono state eseguite verifiche in merito
alla rispondenza dell’attrezzatura di lavoro ai “requisiti essenziali di
sicurezza”, inviando le dovute comunicazioni alle autorità nazionali di
sorveglianza del mercato per le non conformità rilevate.
Nel corso delle indagini sono
anche stati approfonditi aspetti inerenti la formazione dei lavoratori,
verificando che gli stessi erano stati formati e informati sull’uso dei
macchinari consegnando loro anche degli opuscoli scritti in cinese.
Raccomandazioni
In azienda devono essere messe a
disposizione dei lavoratori attrezzature di lavoro conformi alle specifiche
disposizioni legislative, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al
lavoro da svolgere.
Specialmente quando si utilizzano
macchine di non recente costruzione, per verificare se queste possano essere
adeguate dal punto di vista della sicurezza sul lavoro, è importante valutare
tutti i rischi legati al loro utilizzo: rischi intrinseci della macchina, della
lavorazione, e dell’ambiente in cui verrà utilizzata. Il compito principale
della valutazione dei rischi è infatti quello di far emergere eventuali carenze
antinfortunistiche e indicare quali misure di prevenzione e di protezione
devono essere attuate per far fronte ai rischi, nonché l’elenco dei dispositivi
di protezione individuali da utilizzare.
È inoltre importante che sulle
macchine venga svolta una corretta manutenzione secondo le modalità e
periodicità indicati dal costruttore. Questo, oltre ad allungare la vita residua
della macchina, può evitare che la macchina si comporti in modo inatteso, causando
come nel caso in esame, un infortunio. È quindi fondamentale avere a disposizione
il libretto d’istruzioni d’uso e manutenzione e conoscerne i contenuti.
Quando le macchine
sono marcate CE, e quindi si rientra nella cosiddetta “Direttiva macchine”,
le verifiche di conformità devono riguardare anche la rispondenza dell’attrezzatura
di lavoro ai “requisiti essenziali di sicurezza”, eseguendo anche le necessarie
comunicazioni alle autorità nazionali di sorveglianza del mercato. Ricerche di mercato
e normative, possono poi portare ad acquisire informazioni utili sull’attuale progresso
tecnologico, nuovi sistemi di protezione delle macchine.
Nel caso di infortuni su
attrezzature di lavoro non conformi, a fini prevenzionistici è importante
verificare se in azienda ve ne siano di simili, al fine di prescrivere che
queste vengano messe in sicurezza prima del loro utilizzo.
L’efficacia della formazione deve
essere verificata non solo dal punto di vista formale (presenza degli attestati
di formazione) ma anche sostanziale, acquisendo le testimonianze dai singoli
lavoratori. Tale elemento risulta fondamentale specialmente nel caso di
lavoratori stranieri che possono avere problemi di comprensione della lingua.
Una corretta gestione delle
emergenze all’interno dell’azienda con l’individuazione e la formazione delle
persone addette può a volte ridurre il danno. Specialmente nel caso di infortuni
gravi è infatti fondamentale saper intervenire rapidamente e in modo corretto,
ad esempio per fermare un’emorragia.
Il coinvolgimento dei diversi
livelli dell’organizzazione aziendale (datore di lavoro, dirigenti, preposti e
lavoratori) nella gestione delle problematiche relative alla sicurezza del
lavoro, ha un effetto positivo sulla prevenzione. Responsabilizzare le varie
figure aziendali porta a una maggiore consapevolezza del pericolo e alla
volontà di affrontare i problemi anche per timore di eventuali responsabilità
penali.
Nell’azienda in cui è avvenuto
l’infortunio, nonostante le ripetute segnalazioni di malfunzionamento della
macchina da parte del lavoratore, sia al datore di lavoro che al diretto
superiore (preposto di fatto), non sono mai stati effettuati interventi
risolutivi. In azienda non è mai stata data importanza alle segnalazioni o agli
“incidenti”. Un’adeguata attenzione ai “near miss” (quasi infortunio) è di
importanza fondamentale per ridurre l’incidenza infortunistica in qualsiasi
realtà lavorativa.
[1]
Come funziona una cubettatrice?
L’infortunio è occorso su una macchina per il trancio
delle pietre (macchine denominate anche “tranciatrici”, “presse cubettatrici”,
“frangi rocce” oppure “stone splitting machine”). Tali macchine, a movimento
oleodinamico, sono costruite con una particolare struttura aperta dove
l’operatore, posto frontalmente, può agire direttamente sulla pietra da
spaccare, in modo da posizionarla sul punto di taglio. Il sistema di trancio
delle pietre è costituito da due lame: una superiore (dotata di pistone
idraulico per il suo movimento in senso verticale) e una inferiore (posta a
filo del banco di appoggio). Il banco è di tipo basculante, ossia, quando la
lama superiore, abbassandosi preme il blocco di pietra contro il banco di
appoggio, il piano di
appoggio si abbassa di pochi centimetri permettendo
alla lama inferiore di andare a contatto con la pietra e provocando la rottura
della pietra stessa lungo la linea di pressione fra le due lame. Il sistema di
comando di sicurezza a fotocellule (protezioni opto-elettroniche attive) si
attiva eccitando contemporaneamente le fotocellule situate di fronte
all’operatore in posizione di sicurezza con i guanti catarifrangenti indossati
dall’operatore stesso che entrando nel campo di lettura delle fotocellule e
premendo il pedale posizionato alla base della macchina, permette la discesa
della lama e lo spacco della pietra. Se l’operatore con i guanti catarifrangenti esce dal campo di lettura
delle fotocellule (per esempio avvicinando eccessivamente le mani al punto di
trancio) la lama superiore ritorna verso l’alto evitando qualsiasi possibilità
di schiacciamento tra le due lame. Inoltre, qualora i guanti catarifrangenti
vengano tenuti fermi al di sotto delle fotocellule per più di 30 secondi, la
macchina va in blocco: ciò al fine di evitare che l’operatore possa posare i guanti
sul banco di lavoro ed operare in assenza di questi, eludendo il sistema di
sicurezza.
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