"RAEE: il punto della situazione in Italia"
fonte www.lavoripubblici.it / Ambiente
Affinché il nostro idillio tecnologico sia duraturo nel tempo però è necessario che tutte le materie prime per la produzione di nuovi dispositivi siano sempre disponibili ed a prezzi accessibili. Come ben sappiamo, un normale dispositivo tecnologico è in genere composto, in varie percentuali dai seguenti materiali:
- Plastica;
- Alluminio;
- Ferro;
- Rame;
- Metalli preziosi;
- Terra rare.
Mi si perdoni se ho dimenticato qualche elemento, ma questi sono quelli a
più elevata percentuale che ritroviamo all'interno dei nostri
dispositivi e che giustificano tutto ciò che andremo ad illustrare nel
corso di questo articolo.
L'estrazione di materie prime sappiamo bene essere un costo per la
nostra società, e sappiamo anche abbastanza bene che l'estrazione di
queste sostanze non può essere considerata infinita poiché le nostre
risorse sono limitate. Alcune sostanze però sono ancor più limitate ed
altre richiedono interventi ecologicamente dannosi per la loro
estrazione (ad esempio le terre rare).
Affinché quindi il costo dei beni tecnologici prodotti sia sempre
accessibile al grande pubblico, è necessario che le aziende produttrici
siano in grado di approvvigionarsi di queste sostanze a costi ridotti.
Tali costi devono ovviamente tener conto della produzione (estrazione) e
trasporto.
Tutta questa premessa è utile per poter introdurre l'argomento di cui
vorrei parlare ossia, la necessità di spingere il riciclaggio dei RAEE
su scala più ampia.
Qualche giorno fa su
Repubblica è apparso un interessante
articolo che va in leggera controtendenza a tutti i report che sono
stati sbandierati ultimamente in tema di riciclaggio dei RAEE.
A quanto pare in Europa il riciclo dei RAEE sta fallendo.
"Solo un terzo dei RAEE in Europa viene correttamente riciclato,
mentre un gran numero di cellulari, computer e televisori prende la
strada dello scambio o dello smaltimento illegale".
La notizia vien fuori da uno studio condotto dalle Nazioni Unite insieme all'Interpol.
Si rinvia il lettore alla lettura dell'articolo che fornisce buoni
spunti per ulteriori ricerche e per comprendere alcuni aspetti, a mio
parere fondamentali, che hanno condotto ad una tale affermazione.
Innanzitutto, lo studio afferma che al contrario di quello che si pensi i
RAEE non vengono gestiti illegalmente inviandoli in africa o in altri
paesi in via di sviluppo, ma la gestione illegale avviene proprio vicino
casa nostra, ovvero all'interno del proprio quartiere i RAEE vengono
gestiti fuori norma con danni all'ambiente ed all'economia.
Non potendo parlare per gli altri paesi europei, possiamo invece fare il punto sulla questione italiana.
La crisi economica che ha condizionato il nostro paese, ha fatto migrare
l'interesse di alcune figure particolari del mondo dei rifiuti, quali
sono i cosiddetti "rottamai", verso il mondo dei RAEE.
Il problema di fondo è che loro non sono specialisti del settore e pochi
comprendono cosa contengano di fatto i RAEE al loro interno (in termini
di materiali nocivi per l'ambiente). Ci si è quindi limitati a smontare
manualmente i RAEE estraendo le componenti che secondo loro avevano più
valore, disinteressandosi di fatto di tutto ciò che rimaneva. Questa
frazione residua, in alcuni casi veniva gestita secondo i normali canoni
della gestione rifiuti e quindi avviati a trattamento in altri impianti
specializzati, in altri casi invece purtroppo, se la gestione era già
abbastanza fumosa e poco lecita, veniva abbandonata o avviata alla
discarica.
Tale pratica quindi ha escluso dai conteggi ufficiali della gestione dei RAEE una buona percentuale di flussi.
Prendiamo alcuni numeri. Secondo lo studio di cui sopra, nel 2012 in
Europa solo 3.3 milioni di tonnellate di RAEE sarebbero state gestite
legalmente e quindi riciclate su un totale di 9.5 milioni di tonnellate
di RAEE. Di questi 3,3 milioni di tonnellate, solo 1,3 sarebbero state
avviate all'esportazione. Quindi vuole dire che la fetta maggiore
dell'intera torta rappresentante i RAEE sul mercato è stata gestita
illegalmente.
Tutto ciò denota da un lato un mancato controllo da parte delle forze
dell'ordine circa il trasporto di rifiuti, dall'altra una cattiva
informazione al pubblico su come smaltire correttamente i RAEE senza
danneggiare l'ambiente. Occorre però tener presente anche un altro
aspetto di non poco conto. I RAEE come sappiamo possono essere di
origine domestica e professionale. Il loro viaggio dal produttore del
rifiuto all'impianto di trattamento è ovviamente diverso e ciò comporta
possibilità di esonero dalla legalità molto diverse.
Proviamo a sintetizzare
I
RAEE domestici dovrebbero viaggiare dalla sede dell'utente
domestico al centro di raccolta comunale. Qui i RAEE vengono poi
convogliati verso l'impianto di trattamento. Il più delle volte
quest'ultima tratta è seguita da uno dei consorzi obbligatori ai quali i
produttori di AEE aderiscono. Ciò significa che i rifiuti sono
tracciati e non vi è possibilità di infiltrazioni da parte di operatori
poco onesti (almeno in teoria).
I
RAEE professionali sono generati all'interno di aziende, unità
amministrative e simili. Nonostante il D.Lgs. 49/2014 assimili le AEE
dual use a AEE domestiche, spesso i RAEE generati da contesti al di
fuori di quelli domestici sono gestiti come rifiuti speciali.
Normalmente il tragitto che compiono i RAEE professionali prevedono la
presa in carico da parte di un operatore professionale autorizzato ed il
conferimento presso un impianto di trattamento autorizzato. In questo
caso i rifiuti sono tracciati grazie all'ausilio dei formulari di
identificazione rifiuti.
Accade però sempre più spesso che questa strada virtuosa non venga
seguita, che i RAEE vengano raccolti da operatori non autorizzati ma in
grado di pagare all'utente che cede i RAEE una somma di denaro,
ovviamente "a nero". Ovviamente questa pratica vale per i RAEE che hanno
un valore per le componenti presenti al loro interno ed il risultato è
che i cosiddetti RAEE non pericolosi (perlopiù PC-case, quadri elettrici
ecc..) vengano ritirati lasciando al produttore di rifiuti quelli di
minor valore e che hanno costo per la loro gestione.
Ciò comporta quindi un mancato tracciamento dei RAEE i quali escono
fuori sia dal controllo da parte dei consorzi obbligatori sia degli
impianti di trattamento autorizzati.
Il risultato è quello che viene esibito nello studio con il quale
abbiamo aperto il nostro articolo ossia un gran flusso di RAEE che non
sono tracciati e sono gestiti illegalmente. La gestione illecita
ovviamente impedisce ai materiali di essere trattati e riciclati
correttamente e non alimentano la filiera virtuosa che invece dovrebbe
essere punto cardine dell'intero sistema del ciclo di vita della
apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Con queste premesse appare chiaro che il tasso di riciclaggio dei RAEE
potrebbe essere in realtà più alto di quello che abbiamo oggi e che
tutto il virtuosismo che tanto viene decantato dai report del centro di
coordinamento RAEE con le sue percentuali sulla raccolta e le soglie
raggiunte dalle varie regioni appaiono ora alquanto scialbe e prive si
significato.
Il problema legato al riciclaggio dei RAEE, almeno in Italia potrebbe
essere risolto abbastanza facilmente applicando alcune semplici regole.
Innanzitutto occorrono più controlli presso i produttori di rifiuti.
Molto spesso ci si dimentica che i RAEE sono rifiuti al pari di tutti
gli altri quali possono essere gli imballaggi, gli oli ecc…; in secondo
luogo è necessario che i controlli si spingano verso il trasporto su
strada e quindi occorre che i preposti al controllo sappiano di fatto
cosa devono controllare per evitare il traffico di queste
apparecchiature che molto spesso sono spacciate per apparecchiature
usate anziché rifiuti elettronici. Infine occorre intensificare il
controllo presso gli impianti di trattamento, da quelli autorizzati a
quelli, ed in special modo, non autorizzati di cui si è a conoscenza ma
di cui molto spesso ci si dimentica. Queste prime regole permettono di
evitare che i RAEE professionali prendano strade diverse da quelle che
dovrebbero invece percorrere e darebbero un impulso di non poco conto al
mondo economico della gestione rifiuti dati i materiali che sono
contenuti all'interno dei RAEE. Ma solo questo non basta. Occorre
risolvere un altro problema di non poco conto e che riguarda i RAEE
domestici.
L'Italia è dotata di strumenti normativi che molto spesso vengono
emanati ma poi lasciati a metà e quindi in balia delle onde. Per quanto
riguarda i RAEE il "dito deve essere puntato" verso il DM 65 del 8 Marzo
2010 che avrebbe dovuto incrementare il tasso di raccolta dei RAEE
domestici ma che di fatto ha sortito pochi effetti. In alcuni articoli
pubblicati sul blog
Ambiente & Rifiuti,
è possibile leggere le principali critiche mosse da chi scrive nei
confronti di questo decreto che se nelle intenzioni era lodevole, nei
fatti ha creato confusione.
Innanzitutto c'è da considerare l'aspetto riguardante la gestione dei
rifiuti. Il DM 65, che ricordiamo essere stato in parte modificato dal
D.lgs 49/2014, ha di fatto assimilato i distributori di apparecchiature
elettriche ed elettroniche a dei gestori dei rifiuti i quali seppur in
maniera semplificata devono essere iscritti in categoria 3-bis dell'Albo
Nazionale Gestori Ambientali, devono autorizzare i propri mezzi per il
trasporto dei RAEE, devono essere dotati di luoghi idonei allo
stoccaggio dei RAEE e devono essere in grado di compilare una
documentazione che quanto più confusionaria non poteva essere. A tutto
ciò occorre aggiungere i costi legati a questa gestione poiché
l'iscrizione all'Albo non è gratuita e deve essere rinnovata ogni anno.
Anche se i costi sono di fatto ridotti essi incidono ad ogni modo su
ogni distributore coinvolto dalla gestione dell'"uno contro uno".
Aver emanato una norma di questo genere ed aver poi ignorato il fatto
che i soggetti coinvolti esigevano delle risposte chiare ai loro dubbi
denota una mancanza di attenzione da parte del governo verso aspetti che
sono invece importanti. I distributori di AEE, sentendosi abbandonati, e
non essendoci di fatto controlli in merito hanno deciso (ovviamente non
tutti) di ignorare la questione andando avanti così come hanno sempre
fatto. Per chi conosce il decreto di cui si sta parlando, viene facile
comprendere come una leva che avrebbe dovuto incentivare gli utenti a
consegnare i propri RAEE presso i punti vendita dai quali acquistavano
nuove apparecchiature ha di fatto fallito. Gli unici che probabilmente
hanno conseguito qualche risultato, seppur sporadico e molto spesso al
di fuori dei dettami normativi, sono i grandi centri di distribuzione.
Dov'è il neo di tutto questa faccenda? Ovviamente nell'aver voluto far
diventare dei rivenditori di apparecchiature elettriche dei gestori di
rifiuti quando di fatto non lo sono. La soluzione poteva essere molto
più semplice ed in parte il tiro è stato corretto con l'introduzione del
D.Lgs. 49/2014 con il quale però ancora una volta si è dimostrata
l'incompetenza del legislatore nel saper gestire la situazione. Con il
decreto appena introdotto (dal 2014) il legislatore ha affiancato
all'Uno contro Uno il cosiddetto Uno contro Zero con il quale gli utenti
possono consegnare presso i distributori di AEE i propri RAEE di
piccolissime dimensioni (dimensione esterna non superiore ai 25 cm),
senza l'obbligo di acquistare un nuova apparecchiature.
L'Uno contro Zero è obbligatorio per i distributori che hanno superficie
di vendita superiore ai 400 mq, mentre per tutti gli altri è
facolativo.
Ancora una volta quindi il legislatore dimostra di non aver compreso
quali siano le strade più semplici da percorrere per raggiungere un
obiettivo. Ciò dimostra ancora una volta come in Italia purtroppo si
seguano strade complesse per "non" raggiungere facili obiettivi.
Ci si chiede, o almeno lo scrivente lo fa, se non fosse stato più
semplice ridurre la questione dei RAEE ai minimi termini introducendo ad
esempio una sola modalità di gestione dei RAEE per i distributori sulla
falsa riga dell' "Uno contro Zero" che permettesse ai possessori di
RAEE domestici di conferire presso i distributori i propri RAEE in
ragione di uno contro zero con l'eccezione dei RAEE più voluminosi
(quali televisori, frigoriferi ecc…) che ovviamente possono
rappresentare un costo ed un disagio per il piccolo distributore. Di
fianco a questa modalità di conferimento, avrebbe dovuto essere
eliminata la necessità di iscrizione all'albo gestori ambientali, e si
sarebbe dovuto obbligare il centro di coordinamento RAEE a ritirare
gratuitamente, da tutti i distributori che ne avessero fatto richiesta, i
RAEE raccolti.
La soluzione non sembra fantascientifica, certo richiede qualche piccolo
ritocco, ma non è scopo di questo articolo redigere una proposta di
legge.
Purtroppo invece si ha ora in vigore sia l'Uno contro Uno con tutti gli
obblighi derivanti che l'Uno contro Zero che è di fatto una modalità di
gestione RAEE lasciata a metà poiché la norma non spiega come i RAEE
debbano essere trasportati presso i centri di raccolta o presso gli
impianti di trattamento. Difatti per l'Uno contro Zero non è previsto
l'obbligo di iscrizione dei distributori all'albo gestori ambientali né
tantomeno la tenuta di uno schedario di carico e scarico, ma non è
nemmeno illustrato come questi RAEE debbano viaggiare: si dovrebbe
utilizzare il classico formulario di identificazione rifiuti? Quindi
occorrono trasportatori autorizzati e con licenza di trasporto conto
terzi. Oppure si deve viaggiare con l'ausilio dei documenti di trasporto
semplificati? Chiaramente la confusione ancora una volta regna sovrana.
A tutto ciò dobbiamo poi ancora aggiungere la carenza di centri di
raccolta comunali funzionanti su tutto il territorio italiano. Più nel
meridione che nel settentrione, queste strutture non esistono o se
esistono sono mal funzionanti, ma cosa ancora peggiore è la cattiva
cultura ambientale che noi tutti abbiamo in materia di gestione dei
rifiuti. La comunicazione che il governo dovrebbe fare nei nostri
confronti dovrebbe essere più pressante così da condizionare le nostre
menti a ragionare in termini ambientali. In fondo la pubblicità è nata
per questo e sappiamo bene che funziona dato che riesce a creare bisogni
indotti, perché mai non utilizzare una pratica tanto discussa per poter
creare una cultura ambientale indotta ma funzionante?
Come può ben intuire il lettore, le modalità con le quali tracciare i
RAEE ed assicurare che essi vengano effettivamente riciclati esistono,
non occorre andare fuori dal nostro pianeta per cercarle, occorre solo
l'utilizzo della logica, della buona volontà, e la voglia di assicurare
al nostro futuro un pianeta migliore che sia in grado di ottenere
materie prime dai nostri scarti. E' tempo di iniziare a pensare
seriamente che i nostri rifiuti siano una risorsa per il nostro futuro e
non che i rifiuti siano tali e che vadano ignorati.
Consulenza Ambientale e Gestione integrata rifiuti
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