"Rischio Radon: quadro normativo e obbligo di misurazioni"
fonte UFFICIO STAMPA / Sicurezza sul lavoro
Negli ultimi anni i più importanti istituti di ricerca quali ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), ARPA ed Istituto Superiore di Sanità hanno varato numerose campagne di monitoraggio del radon per definire la situazione espositiva del nostro Paese. Il radon è considerato, infatti, la seconda causa di cancro al polmone dopo il fumo di tabacco!
I risultati
dell’indagine hanno mostrato una situazione abbastanza disomogenea nelle varie
regioni d’Italia: in base alle caratteristiche geologiche, le regioni
maggiormente a rischio sono
Campania,
Lazio,
Lombardia e
Friuli
Venezia Giulia.
Per affinare
la conoscenza dei livelli di concentrazione di radon presenti nelle diverse
parti del territorio e per adempiere a quanto previsto dalla normativa (D.Lgs.
230/1995, modificato dal D.Lgs. 241/2000) che richiede alle Regioni e Province
Autonome di individuare le zone del proprio territorio ad elevata probabilità
di alte concentrazioni di radon, alcune Regioni hanno effettuato campagne di
misura di approfondimento su scala regionale e/o sub-regionale.
Attualmente
in
Campania, con Legge regionale 8 luglio 2019, n. 13, entro il 16
ottobre 2019 gli esercenti devono avviare le misurazioni del gas radon in
particolare per:
La Campania
si è mossa sulle stesse direttive imposte dalla
Puglia con Legge
Regionale n. 30 del 3 novembre 2016 prescrivendo l’obbligo di misurare la
concentrazione di gas Radon in tutte le attività aperte al pubblico.
Cosa è il radon? Da dove si origina? Qual è l’unità di
misura?
Il radon è
un gas nobile, naturalmente radioattivo, proveniente dal decadimento
dell’uranio presente nelle rocce, nel suolo e nei materiali da costruzione.
Tende ad accumularsi negli ambienti confinati (indoor), dove può raggiungere
concentrazioni tali da rappresentare un rischio significativo per la salute
della popolazione esposta.
Abbiamo
indicato il
radon come elemento radioattivo, denotando, così, la
capacità di emettere radiazioni ionizzanti in seguito alla trasformazione
strutturale del nucleo atomico (nucleo radioattivi) che comporta l’emissione di
energia sotto forma di radiazioni ionizzanti. Questo fenomeno è noto con il
nome di decadimento radioattivo.
Il numero di
decadimenti radioattivi che si verificano nell’unità di tempo viene detto
attività del nuclide, misurata in Bequerel (Bq).
La
concentrazione nell’aria, invece, si esprime in Bq/m3, indicando
l’attività del nuclide per unità di volume, ossia il numero di trasformazioni
al secondo che avvengono in un metro cubo d’aria.
Cosa prevede la normativa per
l’esposizione nei luoghi di lavoro?
Per quanto
riguarda gli
ambienti di lavoro, il D.Lgs. 241/2000 stabilisce l’obbligo
di valutare il
rischio di esposizione al radon nei casi in cui sono
presenti lavoratori che permangono in ambienti sotterranei o semi sotterranei
(con almeno tre pareti confinanti con il terreno) per almeno 10 ore al mese.
Esistono
però luoghi di lavoro come ad esempio gli stabilimenti termali, le miniere e le
grotte in cui il livello di radon può essere molto elevato.
Riguardo
alla
concentrazione massima di gas radon in un ambiente di lavoro,
l’attuale - anche se obsoleta - normativa italiana (D. Lgs. 241/00) indica come
soglia limite negli ambienti di lavoro un valore di concentrazione media annua
pari a 500 [Bq/m3]. Attualmente si attende che anche l’Italia si
adegui alle disposizioni europee (Direttiva 2013/59/EURATOM) che impongono il
limite di 300 [Bq/m3].
Questo
valore rappresenta il livello di azione al di sopra del quale il datore di
lavoro deve intraprendere, entro 3 anni, azioni di rimedio, oltre che ripetere
le misurazioni nell’arco dell’anno successivo.
Una volta
accertata la presenza di Radon, si può diminuirne la pericolosità con una serie
di azioni di rimedio:
Come e con che strumenti si misura il radon?
Nei luoghi di lavoro il D.Lgs. 241/00 (che aggiorna il D.Lgs. 230/95) prescrive misure della concentrazione media di radon integrate sull’anno solare, ossia il rilievo deve durare 365 giorni naturali consecutivi.
Perché tempi così lunghi? La presenza del radon varia continuamente sia nell’arco della giornata (di notte si raggiungono livelli più alti che di giorno) sia stagionalmente (di norma in inverno si hanno concentrazioni maggiori che in estate). È per tale motivo che il campionamento si protrae per tempi così lunghi.
Lo strumento di misura più opportuno per rilevazioni di lungo periodo è il cosiddetto dosimetro passivo che fornisce un valore medio della concentrazione di radon in aria nel periodo di campionamento. I dosimetri sono costituiti da un contenitore di materiale plastico che ospita un elemento sensibile al radon ossia alle radiazioni alfa emesse dal radon e dai suoi prodotti di decadimento, visibili a microscopio tramite un trattamento chimico effettuato in laboratorio.
Attenzione ! Per l’acquisto di dosimetri è raccomandabile avvalersi di laboratori (pubblici o privati) accreditati o comunque qualificati.
In media i dosimetri sono venduti a circa € 30,00 ed il costo include la relazione con i risultati delle indagini strumentali.
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