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"Affossato il telemarketing"

fonte Italia Oggi, A. Ciccia / Privacy

19/03/2009 - Marketing telefonico a ostacoli. Il decreto milleproroghe ha consentito fino a fine 2009 l’uso dei vecchi elenchi telefonici, senza consenso dell’interessato, per fare telefonate pubblicitarie. Contro l’intendimento del Garante, che in questi anni ha sempre colpito le telefonate indesiderate e ora ha emanato un provvedimento dall’intento restrittivo, incorso di pubblicazione in G U: ok solo se c’è comunicazione preventiva al garante in termini ristrettissimi, divieto di cessione dei dati e divieto di sfruttare la deroga per costituirsi una banca dati per il futuro. Ma soprattutto registrazione immediata del dissenso del chiamato, che non deve essere più contattato. Il lasciapassare all’uso dei vecchi elenchi viene limitato nei limiti della norma di autorizzazione senza possibilità di applicazione estensiva o analogica. Il decreto milleproroghe, in effetti, stabilisce che i numeri di telefono e gli indirizzi presenti nelle banche dati costituite sulla base dei vecchi elenchi telefonici sono utilizzabili per fari promozionali fino al 31 dicembre 2009 da coloro che hanno creato tali banche dati precedentemente all’agosto2005. Innanzi tutto, dunque, c’è un limite cronologico: l° agosto 2005. Le aziende e i call center possono avvalersi della derega (dall’obbligo di chiedere il consenso per fare telemarketing) devono utilizzare solo banche dati costituite sulla base degli elenchi telefonici precedenti al 1° agosto 2005. Chi si è mosso prima di quella data e ha costituito allora la mailing list può utilizzarla; non può, invece, oggi costituirsi una banca data utilizzando i vecchi elenchi. Le società che svolgono attività di marketing, infine, dovranno comunicare al Garante, entro 15 giorni dalla pubblicazione del provvedimento, di essere in possesso di banche dati costituite anteriormente al 1°agosto 2005 e di volerle utilizzare per attività promozionali. Il mancato rispetto del provvedimento comporta una sanzione amministrativa da 30 mila a 180 mila euro che, nei casi più gravi, può raggiungere anche i 300 mila euro.

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