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"Imparare dagli errori: gli incidenti nelle celle frigorifere"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
10/10/2013 - Sono molti gli
ambienti sospetti di inquinamento o confinati che
possono necessitare di particolari misure di prevenzione e protezione
per i lavoratori. Nelle scorse settimane “Imparare dagli errori” ha
parlato degli infortuni che avvengono in vasche, reti fognarie, pozzi, cisterne, serbatoi e silos, anche con riferimento alla cronaca di un recente incidente avvenuto a Lamezia Terme.
Un particolare ambiente confinato è la
cella frigorifera.
Sono diverse le tipologie di infortunio legate a questo ambiente. Ad esempio molte aziende alimentari ricorrono all’ utilizzo di celle frigorifere per
la conservazione dei prodotti deperibili. In questi casi la ridotta
percentuale di ossigeno presente può portare un lavoratore alla morte
per asfissia. Senza dimenticare la possibilità di morte per
assideramento o i rischi per la salute dovuti alle basse temperature.
Gli incidenti che presentiamo, con l’eccezione del primo, sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
I casi
Il
primo caso è tratto dall’intervento di Adriano Paolo Bacchetta, dal
titolo “ DPR
177/2011 e criticità operative”, al seminario “Attuazione del DPR 177/2011:
lavoro in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Prime esperienze tra
buone prassi e criticità”. E fa riferimento, in realtà, all’accertamento delle
responsabilità relative ad un
infortunio
mortale in una cella frigorifera.
L’infortunio capita ad lavoratore
frigorista che si introduce all'interno di una cella frigorifera ad atmosfera
modificata, cioè povera
di ossigeno e ricca di anidride carbonica, sprovvisto di mezzi di protezione,
in particolare di maschera respiratoria, e senza l’assistenza di un altro
lavoratore situato all'esterno.
Il
secondo caso è relativo ad un incidente avvenuto in una
cella frigorifera di conservazione.
Un addetto dell’industria
alimentare deve “preparare la salsiccia”, quindi entra ed esce dalla cella
frigorifera per portare sul banco di lavoro la carne da macinare.
Viene ritrovato svenuto in piedi appoggiato con la schiena alla
parete della cella con il carrello porta-carne inclinato contro di lui
bloccandolo. È stato soccorso e diagnosticato lo stato di coma che lo ha
portato al decesso un mese dopo. Dall’autopsia risulta che le lesioni nella
zona dorso lombare e parasternale dell’infortunato sono dovute da un passaggio
di corrente tra il carrello porta carne e la barra porta-carne fissata al muro;
entrambi di acciaio inox. Si presume che l’infortunato stesse utilizzando un
attrezzo elettrico (non presente sul luogo dell’incidente) dotato di cavo di
prolunga (in quanto è vietato l’utilizzo di apparecchiature
elettriche all’interno della cella frigorifera) che a causa di un difetto
di isolamento della prolunga ha provocato la folgorazione.
Le cause determinanti
dell’incidente raccolte da Infor.mo. sono relative a:
- uso di attrezzatura elettrica
all’interno della cella frigorifera;
- difetto nell’isolamento della
prolunga.
Ricordiamo a questo proposito che
negli ambienti confinati sono presenti
rischi
di elettrocuzione correlati a: impianti/utensili non adeguati alla
classificazione dell’area, non conformi alla normativa applicabile o in cattivo
stato, errori di manovra (mancato isolamento elettrico), mancato coordinamento,
mancato sezionamento/scollegamento elettrico, ...
Il
terzo caso è relativo ad un infortunio in ambienti confinati che ha
interessato il titolare di una
ditta di
manutenzione di impianti frigoriferi e suo figlio, dipendente della ditta.
L' impianto frigorifero è
composto da “3 compressori in serie, posti in un locale interrato di difficile
accesso e privo di qualsiasi ventilazione, di un supermercato”.
Il giorno dell'infortunio il
titolare inizia il lavoro (due compressori non funzionavano) aprendo i
collegamenti dei due compressori da cui fuoriesce “gas residuo (trattasi di gas
Freon R22 più pesante dell'aria)”, un’evenienza frequente.
Il titolare continua il lavoro
senza rendersi conto che l'aria sta diventando irrespirabile, nel frattempo il
figlio risale dal locale interrato perché accusa lievi disturbi.
“Non vedendo risalire il padre,
torna nel locale e lo trova privo di sensi, perdendo conoscenza a sua volta. I
due vengono estratti dai Vigili del Fuoco muniti di autorespiratore, ma mentre
il giovane si riprende prontamente senza conseguenze, il titolare muore senza
riprendere coscienza, dopo un'ora di rianimazione”.
Per l’attività non erano
disponibili DPI (maschere, autorespiratori).
Anche in questo caso le cause,
determinanti o peggiorative, sono diverse:
- il titolare “apre i
collegamenti dei due compressori”;
- il luogo di lavoro è un locale
interrato angusto e privo di areazione;
- mancano adeguati dispositivi
di protezione individuale.
La prevenzione
Rimandando i nostri lettori alle
precedenti puntate di “Imparare dagli errori” dedicate agli ambienti confinati
per conoscere le misure procedurali, di prevenzione e protezione per questi
ambienti, ci soffermiamo oggi su indicazioni specifiche per le attività nelle
celle frigorifere.
Nel 2011 Suva, istituto svizzero per l'assicurazione e
la prevenzione degli infortuni, ha prodotto una lista di controllo che riguarda
in particolare i pericoli legati alle
celle
frigorifere con volume superiore a 10 m3 e temperatura d’esercizio
inferiore a zero gradi.
Nel documento dal titolo “ Lista di
controllo: celle frigorifere” si sottolinea innanzitutto che per evitare che delle persone rimangano
chiuse nelle celle frigorifere è necessario adottare particolari misure.
Ed è possibile ridurre sensibilmente questo rischio controllando regolarmente
la sicurezza d’esercizio.
Il documento offre indicazioni in merito all’
uscita dalla cella frigorifera.
Deve essere possibile uscire
dalla cella frigorifera in sicurezza:
- “celle frigorifere con una sola
uscita: nessun punto della cella deve distare più di 20 m in linea d’aria
dall’uscita;
- celle con due o più uscite: max
35 m in linea d’aria”.
Le
porte si devono aprire rapidamente quando si deve uscire:
- “le porte devono aprirsi in
meno di un secondo con un solo movimento della mano (senza chiave o dispositivi
analoghi, anche con i guanti);
- le porte a battente e le porte
scorrevoli manuali devono sempre essere apribili dall’interno (anche se il
riscaldamento del telaio non è in funzione);
- larghezza minima delle porte:
90 cm”.
Inoltre le
porte scorrevoli manuali (senza porta a battente integrata) devono
essere impiegate soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
- “nelle celle frigorifere entra
solo una persona alla volta e per breve tempo;
- la superficie di base della
cella è inferiore a 30 m2;
- il telaio della porta è
riscaldato, la cella frigorifera è dotata di allarme e illuminazione
d’emergenza”.
Altre condizioni che favoriscono
la sicurezza dei lavoratori:
- uno spazio di apertura delle
porte sempre libero da ostacoli;
- una cella frigorifera
equipaggiata con un dispositivo di compensazione della pressione (ad esempio
una valvola di compensazione);
- porte scorrevoli motorizzate
affiancate da una porta a battente (integrata o separata) apribile verso
l’esterno.
Ricordando che “se l’unico
ingresso è una porta a battente motorizzata, deve essere possibile aprirla
anche se l’energia motrice è interrotta e la forza necessaria per aprire
manualmente una porta a battente non deve essere superiore a 150 N”.
Altre
indicazioni riguardano
l’
illuminazione di sicurezza e l’impianto
d’allarme.
Intanto le porte e i pulsanti
d’allarme da usare in caso d’emergenza devono trovarsi facilmente anche in caso
di interruzione della corrente elettrica (possono aiutare dei nastri segnaletici
fotoluminescenti presso le maniglie delle porte e lungo la via di fuga),
inoltre si sottolinea che deve essere presente un’
illuminazione d’emergenza (di sicurezza) permanente.
In particolare l’illuminazione
d’emergenza “deve funzionare indipendentemente dalla rete elettrica e
soddisfare i seguenti requisiti:
- visibilità sufficiente per
aprire porte e portoni;
- visibilità sufficiente per
leggere eventuali istruzioni su come aprire le porte (illuminamento min 1 Lux);
- lampade ad almeno 2 m di altezza
dal pavimento;
- una lampada sopra oppure ai
lati dell’ uscita d’emergenza”.
Inoltre è bene che sia presente
“un dispositivo che accende l’illuminazione e spegne la ventilazione della
cella frigorifera”. Queste alcune possibili soluzioni:
- “sensore di movimento
- elemento di commutazione
all’interno della cella”.
Veniamo all’
impianto di allarme.
Queste alcune indicazioni tratte
dalla lista:
- “il comando di allarme deve
essere un tasto a pressione (pulsante) illuminato e deve trovarsi ad un’altezza
massima di 30 cm dal pavimento”;
- “le batterie devono avere una
durata d’esercizio di almeno 10 ore ed essere collegate ad un gruppo
caricabatterie alimentato automaticamente dalla rete elettrica;
- se si utilizza un
trasformatore, questo non deve essere alimentato dallo stesso circuito
elettrico che alimenta le apparecchiature della cella frigorifera;
- il funzionamento dell’impianto
d’allarme non deve essere compromesso dalla corrosione, dal gelo o dalla
formazione di ghiaccio sulle superfici di contatto”.
Il
segnale d’allarme (ottico, acustico) deve essere percepibile
dall’esterno in qualsiasi momento ed essere chiaramente interpretabile.
Inoltre:
- “deve essere possibile
arrestare il segnale d’allarme soltanto attraverso una manipolazione
dall’interno della cella frigorifera;
- il dispositivo di segnalazione
deve trovarsi in un locale in cui sono sempre presenti delle persone;
- i collaboratori devono essere
istruiti periodicamente”.
Infine bisogna garantire che “la
fuoriuscita di fluido refrigerante (ad
esempio CO2) non possa provocare delle concentrazioni pericolose
all’interno della cella frigorifera”.
A questo proposito è possibile
“prevedere un sistema per il monitoraggio del gas con segnale d’avvertimento
ottico e acustico e organizzarne la manutenzione”.
Infine qualche informazione da
Suva sui dispositivi di protezione e indumenti antifreddo adeguati per lavorare
nelle celle frigorifere.
Un buon
abbigliamento antifreddo “consiste in:
- indumenti invernali
traspiranti;
- abbigliamento intimo termico
(ad esempio in microfibra o lana merino);
- giacca, cappotto, gilet
antifreddo con catarifrangente (in caso di scarsa visibilità);
- tessuti frangivento di buona
qualità per il lavoro all’aperto;
- guanti antifreddo secondo la
norma EN 511;
- scarpe con solette termiche con
strato isolante in alluminio”.
In relazione alla normativa
italiana concludiamo riportando un
chiarimento
del Ministero del lavoro circa la sicurezza del lavoro
nelle celle frigorifere, pubblicato da PuntoSicuro nel 2010.
Quali sono le disposizioni
che regolano la sicurezza del lavoro nelle celle frigorifere?
Il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e
successive modifiche o integrazioni, anche noto come “Testo Unico in materia di
tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, elaborato nel
pieno rispetto delle direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali
in materia, al Titolo II, rubricato “luoghi di lavoro”, ha previsto numerosi
adempimenti a carico del datore di lavoro al fine di assicurare condizioni di
lavoro idonee onde ridurre il rischio di infortuni e malattie professionali. In
particolare, l’art. 63 del T.U., comma 1, rinvia all’allegato IV per le
disposizioni di dettaglio inerenti la sicurezza nei luoghi di lavoro,
prevedendo al punto 1.9.2.5., in relazione all’argomento in esame, che “quando
non è conveniente modificare la temperatura di tutto l’ambiente, si deve
provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o
troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di
protezione”.
A tal uopo è essenziale, tra
l’altro, la conoscenza degli ambienti e la individuazione di ”
rischi interferenziali”, che possono
sussistere per il fatto che, nel medesimo contesto, si trovano ad operare
addetti con mansioni diverse (addetti ad attività di installazione,
manutenzioni edilizie, attività di produzione, ecc.) e dei rischi ambientali e
intrinseci.
I lavoratori che prestano la loro
attività in ambienti a basse
temperature devono essere dotati, in virtù della disciplina dettata in
generale dal titolo III del T.U., di dispositivi di protezione individuale
idonei a garantire loro adeguata protezione contro il freddo (giubbotti,
guanti, tute, ecc).
Tanto premesso si segnala una
norma di buona tecnica costituita dalla UNI EN ISO 15743:2008 relativa alla “ Ergonomia
dell’ambiente termico – Posti di lavoro al freddo- Valutazione e gestione
del rischio” che riporta le prescrizioni da seguire nei luoghi di lavoro con
basse temperature per la sicurezza e salute dei lavoratori.
Tale norma, applicabile sia ad
ambienti interni che esterni, indica in particolare modelli e metodi per la
valutazione e la corretta gestione del rischio, una checklist per
l'identificazione dei problemi connessi al freddo, un modello di questionario
dedicato ai professionisti della salute, linee guida per l'applicazione di
regole scientifiche per la problematica del lavoro a bassa temperatura ed anche
un esempio pratico.
Pagina introduttiva del sito web di
INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero
38a e
303 (archivio incidenti 2002/2010).
Tiziano Menduto
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