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"Rischio incendio: la prevenzione incendi sul luogo di lavoro"

fonte www.puntosicuro.it / Rischio incendio

25/03/2014 - Nei mesi scorsi abbiamo presentato un documento elaborato dall’Ufficio provinciale per la prevenzione incendi della Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige che riportava i principali “ Criteri generali di prevenzione incendi”, con riferimenti normativi (aggiornati al 2011) e tecnici per varie tipologie di edifici e attività.
 
Il documento sottolinea che i requisiti della prevenzione incendi “non devono essere soddisfatti solo al momento della messa in esercizio di un edificio: le condizioni di sicurezza devono perdurare per tutto l’arco di vita dell’edificio stesso”. Infatti il pericolo maggiore è “dovuto alle modifiche interne ed alle variazioni di destinazione d’uso effettuate arbitrariamente”.
A questo proposito viene ricordato, come esempio, un incendio del 1962 a Norimberga che costò la vita a 22 persone: “la causa per la quale l’incendio ebbe queste conseguenze catastrofiche fu essenzialmente un cambiamento di utilizzo, non denunciato alle autorità competenti”. Un supermercato, non più adibito a questa attività, “venne utilizzato come deposito, venne riempito totalmente – comprese le vie di uscita – e nei piani superiori vennero disposti dei locali di lavoro la cui via di uscita non era sicura. I dispositivi di allarme, di rivelazione e di estinzione furono disattivati e le uscite del supermercato, che prima erano presenti in buon numero, vennero chiuse con saracinesche. Se il diverso impiego fosse stato sottoposto a controllo, gli aspetti della prevenzione incendi sarebbero stati messi nuovamente in evidenza nel procedimento di approvazione”.
 
 
Riguardo al documento della Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige ci soffermiamo oggi in particolare sulla prevenzione incendi sul luogo di lavoro.
 
Si sottolinea che è molto importante per la prevenzione incendi l’ articolo 46 del D.lgs. 81/2008 in cui si fa riferimento:
- al Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n. 139 “che in particolare all’articolo 20 prevede una responsabilità penale per il titolare di attività soggetta a controllo di prevenzione incendi nella quale siano presenti materiali infiammabili od esplodenti e che non disponga di autorizzazione antincendio”;
- al Decreto Ministeriale 10 marzo 1998 “che costituisce l’insieme dei criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza dei luoghi di lavoro”.
 
Si segnala che il punto di partenza della normativa è l’obbligo per il datore di lavoro di “svolgere un’analisi del rischio che deve considerare tutti i rischi connessi con il luogo di lavoro, compreso il rischio incendio. In base a quell’analisi egli deve poi prendere le opportune contromisure per ridurre al minimo il rischio individuato. Questo concetto è molto importante perché il datore di lavoro non può più limitarsi ai provvedimenti resi obbligatori dalle norme tecniche”.
Anche in questo caso viene fatto un esempio relativo all’incendio verificatosi il 31 ottobre 1997 nella camera iperbarica dell’ospedale Galeazzi di Milano, incendio in cui persero la vita 10 pazienti ed un infermiere: il datore di lavoro “fu condannato perché l’analisi di rischio dell’ospedale non aveva nemmeno preso in considerazione la camera iperbarica”. Questo ambiente è a rischio di incendio elevato, poiché la probabilità di insorgenza di un incendio è elevata, lo sviluppo dell’incendio a tutto l’ambiente è inevitabile e non è disponibile alcuna via di fuga per i presenti: “l’unica contromisura efficace è un impianto di spegnimento automatico. Un impianto del genere era effettivamente installato nell’iperbarica del Galeazzi, ma non era mai stato messo in funzione. I responsabili hanno cercato di giustificarsi asserendo che nessuna norma tecnica vigente richiede la presenza di un tale impianto in camera iperbarica, ma come si può vedere la scusa è inaccettabile, da quando sussiste l’obbligo della analisi di rischio”.
L’ analisi di rischio non deve essere considerata una raccolta formale di carte, bensì una “precisa assunzione di responsabilità”.
 
Il documento continua mettendo ulteriormente in risalto il collegamento tra rischio incendio ed analisi di rischio e ricorda che nella valutazione del rischio d’incendio “si deve fare distinzione tra locali con o senza carico d’incendio”:
- carico d’incendio: “potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali. Il carico di incendio è espresso in MJ; convenzionalmente 1 MJ è assunto pari a 0,054 chilogrammi di legna equivalente”.
- carico d’incendio specifico: “carico di incendio riferito all’unità di superficie lorda è espresso in MJ/m²”;
- carico d’incendio specifico di progetto: “carico d’incendio specifico corretto in base ai parametri indicatori del rischio di incendio del compartimento e dei fattori relativi alle misure di protezione presenti. Esso costituisce la grandezza di riferimento per le valutazioni della resistenza al fuoco delle costruzioni”.
E poiché “il tipo e la quantità di materiali combustibili presenti in un ambiente, in particolar modo nell’ambito degli edifici industriali, variano notevolmente nel tempo, si deve far riferimento alla situazione più gravosa (ossia alla capacità di deposito massima)”. Si ricorda anche che la parte del carico d’incendio che risulta dalla destinazione d’uso di un locale “può essere influenzata mediante provvedimenti di tipo gestionale, sostituendo i materiali in deposito o in lavorazione con altri meno pericolosi (ad esempio sostituendo le vernici a base di solventi con altre a base acquosa)”.
 
Dunque il valore del carico d’incendio in un locale “determina l’intensità dell’incendio, la durata, la temperatura all’interno del locale e l’entità del danno. La capacità di propagazione di un incendio è strettamente connessa con il carico d’incendio”.
Anche in questo caso viene proposta una situazione esemplificativa: “se nell’antivano di un bagno prende fuoco un cestino dei rifiuti contenente fazzoletti di carta, quest’incendio non si propaga a causa dell’assenza di altro carico d’incendio nel locale. Il cestino si trova su un pavimento in laterizio, le pareti sono rivestite di piastrelle e non vi sono né mobili né tendaggi. Se un cestino di carta brucia invece in un ufficio, allora l’incendio può svilupparsi fino ad interessare il locale intero; se si tratta di un grande vano ufficio, la quantità di materiali combustibili presenti può provocare un incendio di grosse proporzioni con estensione del fuoco ai piani superiori e con collasso degli elementi costruttivi portanti”.
 
Dopo aver accennato anche alla propagazione del fumo nell’edificio, il documento sottolinea che il rischio d’incendio dell’intero edificio è determinato dal “ tipo di destinazione d’uso dei locali, dalla forma edilizia e dalla grandezza dell’edificio stesso”.
 
Concludiamo rimandando i lettori ad una lettura integrale del documento che prende in considerazione nel dettaglio le destinazioni d’uso più frequenti che comportano un determinato rischio d’incendio:
- edifici di civile abitazione;
- edifici ad uso ufficio;
- scuole;
- hotel;
- ospizi, case di cura, asili nido;
- ospedali;
- locali di pubblico spettacolo;
- autorimesse;
- negozi e supermercati;
- destinazioni d’uso promiscue;
- aziende artigianali e industriali.
 
 
 
Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige, “ Criteri generali di prevenzione incendi”, pubblicazione a cura dell’Ufficio provinciale per la prevenzione incendi nella Ripartizione protezione antincendi e civile, versione del 2011 (formato PDF, 1.82 MB).
 
 
RTM
 

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