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"Imparare dagli errori: infortuni dovuti al contatto elettrico diretto"
fonte www.puntosicuro.it / Sicurezza sul lavoro
06/11/2014 - In relazione all’analisi
degli infortuni mortali accaduti nell’arco temporale 2002/2012 nella banca dati
di INFOR.MO. e analizzati dal Sistema di
sorveglianza degli infortuni mortali e gravi si è evidenziato come
solo il 30% di eventi infortunistici dovuti
a contatto elettrico diretto siano legati ad attività di manutenzione ed
installazione di impianti elettrici o parti di essi. Circa nel 70% dei casi
risulta invece che il lavoratore vittima di infortunio per contatto fortuito
con linee elettriche era occupato in altro genere di attività lavorativa.
Questo è uno dei più interessanti
risultati delle analisi presenti nella scheda informativa (factsheet) di INFOR.MO.,
elaborata da esperti del settore Ricerca INAIL e da operatori di prevenzione
delle ASL, dal titolo “
Scheda n.5: Il
contatto elettrico diretto”.
La scheda ricorda innanzitutto
che si parla di “
contatto elettrico”
diretto quando un soggetto “viene a contatto con una parte dell’impianto
normalmente in tensione, ad esempio un cavo elettrico scoperto o un morsetto”.
E in particolare nella statistica relativa alla distribuzione degli infortuni
mortali, sempre nell’arco temporale 2002/2012 e con riferimento alla presente
analisi, il contatto elettrico diretto “è al
settimo posto nella graduatoria delle varie tipologie di incidente,
con 168 casi su un totale di oltre 4000”.
I dati relativi al rischio
Dalle informazioni presenti nella
banca dati di INFOR.MO. emerge che “nel 62% dei casi l’infortunato operava nel settore delle
Costruzioni”, mentre “quasi il 14% di infortuni si è verificato nell’ambito
di attività tipiche del Manifatturiero e il 12% ha riguardato il settore
agricolo”. A conferma della statistica precedente “quasi la metà degli
infortuni ha avuto luogo in un cantiere destinato ad opere di costruzione, demolizione
o generica manutenzione”.
La scheda, che invitiamo a
leggere integralmente, si sofferma anche su vari dati descrittivi degli
infortunati, come la tipologia contrattuale, il livello di istruzione, la distribuzione
per età anagrafica e l’anzianità della mansione.
Conoscere i fattori di rischio
Riguardo ai fattori di rischio e
alle dinamiche infortunistiche, la scheda opera
una distinzione tra
due
macro-gruppi:
-
contatto con linee elettriche durante l’attività lavorativa ordinaria;
-
contatto con linee elettriche durante l’attività di manutenzione ed
installazione di impianti elettrici.
Per il primo gruppo, relativo alle
attività non inerenti l’ambito elettrico,
“la dinamica più ricorrente, 47% circa, è quella dovuta al
contatto di mezzi pesanti con linee aeree di media o alta tensione.
E’ un tipo di infortunio che avviene prevalentemente durante lo svolgimento di
lavori edili. E’ il caso, soprattutto, di autobetonpompe
utilizzate per eseguire dei getti di calcestruzzo o di autogru e autocisterne
in manovra che impattano la linea”.
Il documento segnala che spesso
questi incidenti sono anche “conseguenza di una mancata pianificazione
preliminare, da effettuarsi con sopralluoghi dell’ambiente in cui verrà svolto
il lavoro”. Altri fattori riguardano: “la mancanza di opportuna segnaletica che
avverta della presenza della linea aerea; errori di procedura collegati alla
carenza di formazione, informazione e addestramento degli addetti oppure alla
carenza di vigilanza, con il conseguente instaurarsi di pratiche scorrette
abituali. Infine, una mancanza di coordinamento e comunicazione tra i vari
lavoratori coinvolti. Spesso, infatti, il contatto con la linea avviene a causa
di terzi addetti alla manovra dei mezzi”.
Un altra dinamica significativa,
registrata nel 33% dei casi, ha invece “riguardato il
contatto di lavoratori in altezza posti su attrezzature quali
trabattelli, piattaforme
elevabili o ponteggi, sempre con linee aeree di media o alta tensione. È una
dinamica frequente in edilizia, ma presente anche in ambito agricolo o
forestale, interessando spesso addetti alla potatura
di alberi. Anche in questa dinamica il fattore di rischio prevalente è la
carenza di formazione, che in diversi casi ha comportato modalità di lavoro in
altezza in prossimità di linee elettriche non disalimentate o non protette e in
totale assenza di opportuni DPI. Un elemento critico da segnalare, soprattutto
con riferimento a lavoratori posti su carrelli sopraelevati, è la mancanza di
una pulsantiera autonoma che renda l’operatore indipendente dall’attività dei
manovratori dei mezzi”.
Infine il residuale 20% dei casi
ha interessato “lavoratori intenti ad attività più disparate e non facilmente
catalogabili: l’operaio edile che taglia un cavo credendolo erroneamente non in
tensione, l’addetto alle pulizie che si inoltra nella sala contenente un quadro
con parti attive, ecc.”. Viene sottolineato come “una criticità spesso
presente, sia la mancata predisposizione di idonei sistemi di segregazione e di
accesso da parte di terzi, riconducibile anche in questi casi ad una assente o
errata segnalazione”.
Riguardo al gruppo relativo al “
contatto con linee elettriche durante
l’attività di manutenzione ed installazione di impianti elettrici”, si
indica che in questo genere di attività “l’assenza o il mancato rispetto di una
corretta
procedura lavorativa è
presente nel 90% dei casi ed è molto spesso riconducibile ad una pratica
scorretta, più raramente ad una mancanza di formazione. È il caso, ad esempio,
di lavoratori che effettuano opera di manutenzione o installazione su impianti
senza aver preventivamente verificato l’assenza di alimentazione degli elementi
su cui intervengono. Altro errore procedurale diffuso si riscontra nel mancato
coordinamento tra l’infortunato ed i colleghi che nel frattempo stanno
svolgendo un’attività di supporto. Un esempio è quello di un lavoratore che
provvede alla messa fuori tensione dei cavi in una cabina elettrica mentre
l’altro, l’infortunato, si occupa dello sfilamento degli stessi”.
Inoltre al 25% dei casi dovuti
esclusivamente ad un errore procedurale “si affiancano eventi il cui
verificarsi dipende da ulteriori criticità. Nel 35% degli avvenimenti
infortunistici, infatti, si rileva anche
il
malfunzionamento o la mancanza di dispositivi di protezione dell’impianto
su cui si opera (ad esempio il mancato intervento dell’interruttore
differenziale o l’assenza di protezioni fisse o mobili atte ad impedire il
contatto con parti normalmente attive), oppure l’inadeguatezza della segnaletica
di avvertimento sulla presenza di elementi sotto tensione; nel 30% dei casi si
riscontra anche un problema
legato ai DPI (scarpe, guanti, casco e utensili isolanti) o perché non
forniti dal datore di lavoro o perché non adoperati dal lavoratore o perché non
conformi”. Infine, nel 10% delle dinamiche analizzate “i fattori causali del
contatto elettrico non hanno interessato aspetti procedurali, ma esclusivamente
problemi tecnici relativi agli impianti oggetto dell’intervento ed agli
equipaggiamenti di protezione individuale”.
Le misure di prevenzione
Riguardo alle
misure preventive ci soffermiamo
solamente su quanto riportato in merito al “
contatto con linee elettriche durante l’attività lavorativa ordinaria”,
rimandando ad un futuro “Imparare dagli errori” la presentazione delle misure
preventive per le attività di manutenzione ed installazione di impianti
elettrici.
Il factsheet sottolinea che la legislazione
vigente e le relative norme tecniche “operano una distinzione tra misure di
prevenzione e protezione riferite a lavori elettrici sotto tensione e a lavori
non elettrici” (il D.Lgs. 81/2008 si occupa dei lavori elettrici sotto tensione
all’art. 82 e dei lavori non elettrici in prossimità di parti in tensione non
protette o non sufficientemente protette all’art. 117) e si ricorda che per
lavoro non elettrico “si intende quello
che non coinvolge impianti elettrici oppure li coinvolge esclusivamente quando
questi sono in sicurezza, ma sempre per l’esecuzione di attività di natura non
elettrica”. E nei lavori non elettrici “il rischio di contatto diretto con
parti in tensione accessibili deve essere evitato garantendo il rispetto delle
distanze di sicurezza indicate nell’Allegato IX al TU” (D.Lgs. 81/2008).
Si ricorda che tali distanze di
sicurezza, che vanno da un minimo di 3 m ad un massimo di 7 m in funzione della
tensione di esercizio, “sono riferite alle parti in tensione ‘
non protette o non sufficientemente protette’,
al netto degli ingombri derivanti dal tipo di lavoro, delle attrezzature
utilizzate e dei materiali movimentati, nonché degli sbandamenti laterali dei
conduttori dovuti all’azione del vento e degli abbassamenti di quota dovuti
alle condizioni termiche. Una parte in tensione è ‘
sufficientemente protetta’ se possono essere esclusi eventuali urti
o sollecitazioni meccaniche derivanti dall’attività lavorativa che verrà svolta
in vicinanza, tali da danneggiarne l’isolamento con conseguente accesso alle
parti in tensione”.
Inoltre si indica che l’
art. 83 del TU consente di “derogare
alle distanze di cui sopra, a patto che vengano adottate le disposizioni
organizzative e procedurali contenute nelle pertinenti norme tecniche, le quali
sono ritenute idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi. Tali
norme tecniche prescrivono il controllo continuativo degli operatori che
svolgono il lavoro non elettrico da parte di una persona esperta (PES) avente
istruzione, conoscenza ed esperienza rilevanti tali da consentirle di
analizzare i rischi e di evitare i pericoli che l’elettricità può creare (ovviamente
sono consentiti i lavori non elettrici in prossimità di parti attive messe
fuori tensione e in sicurezza oppure protette da ostacoli o barriere)”.
La scheda si sofferma anche sull’
art. 117 del TU che “consente misure di
prevenzione alternative alle distanze di sicurezza, costituite dal sezionamento
delle linea/impianto in vicinanza della quale devono essere eseguiti i lavori o
dall’apposizione di idonei ostacoli per impedire l’accesso alle parti in
tensione”.
Poiché i lavori non elettrici
vengono tipicamente svolti da persone “prive di preparazione nel settore
elettrico (persone comuni – PEC)”, concludiamo indicando che aumentare la
prevenzione degli infortuni
si rende
necessario:
a) “pianificare preventivamente
il lavoro al fine di individuare le parti
in tensione accessibili; è opportuno produrre un elaborato grafico
riportante la posizione delle parti elettriche e le relative distanze di
sicurezza, al netto degli ingombri derivanti dal tipo di lavoro, delle
attrezzature utilizzate e dei materiali movimentati, nonché degli sbandamenti
laterali dei conduttori dovuti all’azione del vento e degli abbassamenti di
quota dovuti alle condizioni termiche;
b) apporre in campo opportuna
segnaletica, connessa al risultato della pianificazione;
c) assicurarsi che il personale
interessato ai lavori sia informato e formato sui rischi di natura elettrica;
d) comunicare a tutti i soggetti
esposti al pericolo il risultato della pianificazione e delle relative misure
di prevenzione da adottarsi costituite, in alternativa, da: 1. sezionamento
delle parti elettriche (messa fuori tensione e in sicurezza); 2. predisposizione
di idonei ostacoli/barriere per impedire l’accesso alle parti in tensione (ciò
rende necessario procedere preventivamente al sezionamento momentaneo delle
parti elettriche al fine dell’apposizione degli ostacoli/barriere); 3. mantenimento
delle distanze di sicurezza. In alternativa a 3. e solo al di fuori dei
cantieri: 4. controllo continuativo (sorveglianza) dei lavoratori da parte di
una persona esperta (PES)”.
Il sito Infor.MO web
Sistema di sorveglianza nazionale
degli infortuni mortali, “ Scheda n.5: Il contatto elettrico diretto”, curata da M.Spagnuolo,
R.Vallerotonda, M.Pellicci, G.Campo, A.Guglielmi (INAIL Ricerca DPO), M.Rho e
M.Baldissin (ASL Milano) (formato PDF, 1.33 MB).
Tiziano Menduto
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