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"Attrezzature di lavoro: formazione entro il 12 marzo"
fonte www.puntosicuro.it / Formazione ed informazione
12/02/2015 -
Pubblichiamo un articolo sull’aggiornamento
degli operatori che utilizzano attrezzature di lavoro ricomprese nell' Accordo
Stato-Regioni del 22/02/2012 che ci ricorda che ci sono ancora solo 30
giorni per avvalersi della formazione effettuata prima dell'entrata in vigore
dell'accordo e pertanto frequentare un corso di aggiornamento di sole 4 ore
rispetto ad un corso completo.
Infatti dopo il 12 marzo anche
coloro che avevano un minimo di formazione pregressa dovranno frequentare un
corso completo per l'uso delle attrezzature.
Le attrezzature comprese nell' Accordo
Stato-Regioni sono le seguenti:
-
piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE);
- gru a torre;
- gru
mobile;
- gru
per autocarro;
-
carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo;
-
trattori agricoli o forestali;
-
macchine movimento terra (pale, terne, escavatori);
- pompe
per calcestruzzo.
Considerazioni sull’aggiornamento degli operatori addetti all'utilizzo
di particolari attrezzature di lavoro
A cura di Dott.ssa Simonetta
Rossi Espagnet, Ing. Mario Alvino
Si avvicina la data di scadenza,
12/03/2015, della norma transitoria di cui al punto 12 dell’Allegato
all’Accordo Stato-regioni del 22/02/2012, che prevede che i lavoratori che al
momento dell’entrata un vigore dell’Accordo (12/03/2013) risultavano essere già
incaricati della conduzione di una delle attrezzature in esso comprese, possano
effettuare il pertinente corso
di abilitazione entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore.
L’Accordo del 22/02/2013 ha anche
concesso a tali soggetti la possibilità di vedersi riconosciuta, entro la
medesima data del 12.03.2015, una eventuale dimostrata formazione pregressa
(punto 9 lettere a), b) e c) e, come spesso accade, il picco delle richieste di
riconoscimento si ha in prossimità della scadenza dei termini per esso
previsti.
Il riconoscimento della
formazione pregressa si consegue, in alcuni casi, mediante una integrazione
formativa (corso di aggiornamento), secondo le condizioni indicate nello schema
qui sotto:
caso
|
formazione ricevuta e dimostrata
|
integrazione richiesta
(da fare entro 24 mesi dal 12.03.2013) |
a |
corso di durata complessiva non
inferiore a quella prevista dai singoli allegati dell’Accordo, composto di
modulo teorico, modulo pratico e verifica finale dell’apprendimento |
nessuna |
b |
corso composto da modulo
teorico, modulo pratico + verifica finale dell’apprendimento, di durata
complessiva inferiore a quella prevista dai singoli allegati dell’Accordo |
solo modulo di aggiornamento
(durata minima 4 ore, di cui almeno 3 relative agli argomenti dei moduli
pratici) |
c |
corso di qualsiasi durata non
completato da verifica finale di apprendimento |
modulo di aggiornamento (durata
minima 4 ore, di cui almeno 3 relative agli argomenti dei moduli pratici) +
verifica finale di apprendimento |
Pur concordando
incondizionatamente sull’opportunità di prevedere tale riconoscimento, non si
può non rilevare che se si confronta questa previsione con l’enunciato del
punto 6. “Durata della validità dell’abilitazione ed aggiornamento (cd.
quinquennale)”, emergono notevoli perplessità circa la correttezza, quantomeno
dal punto di vista dell’efficacia didattica, della scelta di ritenere
contenuti, modalità e struttura del corso di aggiornamento “quinquennale”
direttamente trasferibili (ossia applicabili senza alcuna altra precisazione)
anche alla progettazione ed erogazione del corso “una tantum” per il
riconoscimento della formazione pregressa.
In realtà, dal punto di vista
didattico il corso “quinquennale”, previsto (cfr. p. 6.1) per l’aggiornamento
di soggetti già abilitati, e quello di integrazione, previsto invece per il
riconoscimento della formazione pregressa (cfr. p. 9.1,b) e c) possono essere
considerati equivalenti solo per la durata (visto che quella prevista è
definita minima), ma certamente non per la metodologia da adottare (nella loro
progettazione), né per gli specifici contenuti da sviluppare.
Le tipicità della formazione alla sicurezza
Prima però, di passare in
rassegna più in dettaglio le differenti problematiche professionali e le
correlative implicazioni di responsabilità che la constatazione appena fatta
comporta per coloro che assumono la titolarità del progetto formativo in esame,
è forse opportuno richiamare alcuni principi di base in materia di formazione
che il legislatore del T.U. ha enunciato esplicitamente e che chiamano in causa
talune figure aziendali:
− innanzitutto il datore di lavoro in quale (art. 37.1)
assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata:
ciò comporta che la formazione (erogata direttamente o
tramite altri soggetti) deve
risultare personalizzata secondo le caratteristiche del singolo
lavoratore, indipendentemente
dalla circostanza che faccia parte di una popolazione omogenea
per mansione svolta (ad es.
tornitore, magazziniere, saldatore, impiegato o carrellista) e
commisurata ai suoi effettivi
fabbisogni formativi (affinché possa essere realmente sufficiente ed adeguata,
ovvero risulti, in una parola, efficace),
− subito dopo è il SPP (leggasi
il relativo Responsabile) che deve (art. 33.1, d) provvedere a
proporre i programmi di
informazione e formazione
dei lavoratori, sulla base, evidentemente delle esigenze specifiche
emerse a valle di opportuna ed apposita indagine e valutazione,
− ed infine, ma snodo essenziale
di tutto il processo, il soggetto erogatore dell’azione formativa (vale a dire
il formatore/docente/istruttore) la cui attività, dovendo egli essere in
possesso di requisiti specifici e non generici (cfr. p. 2.), va ricompresa, a
tutti gli effetti, tra quelle di tipo “professionale”, con le relative
responsabilità che ne derivano.
Le peculiarità dei corsi per i “patentini”…
Per il peso di queste
considerazioni, che sono di principio e non vengono limitate dalle previsioni
dell’Accordo Stato-regioni 22.02.12, occorre prima di tutto chiedersi, e
valutare, se le caratteristiche dei corsi in esso specificate, proprio perché
indicate come minime, siano o no davvero tali da dover essere, di caso in caso,
ripensate ed integrate dal responsabile dell’iniziativa formativa in modo da
rendere questa effettivamente personalizzata, sufficiente ed adeguata al
singolo suo destinatario.
Non vi è dubbio che le fonti del
T.U. appena citate fanno presupporre irrinunciabile tale valutazione talché ne
fanno un obbligo giuridico del datore di lavoro e uno dei compiti del SPP.
Peraltro, trattandosi, nel caso
dei “patentini”, di formazione molto specialistica, in genere l’incarico della
progettazione e realizzazione del percorso di formazione viene affidato a
soggetti esterni alla compagine aziendale, per cui è l’intestatario del
progetto formativo, insieme con il docente da lui delegato, che subentra,
professionalmente, nell’assunzione delle conseguenti responsabilità (in solido
col datore di
lavoro) circa l’efficacia della formazione erogata.
Di qui la necessità per gli
operatori professionali che intendono dedicarsi ai corsi di aggiornamento in
questione di avere riferimenti utili a mettersi in grado di formulare
compiutamente e correttamente il proprio giudizio circa l’idoneità raggiunta
dai partecipanti, sulla base del corso erogato e degli esiti di eventuali
verifiche e prove finali.
Una cosa deve essere affermata
senza mezzi termini: che le indicazioni molto succinte (e parziali)
dell’Accordo Stato-regioni debbono essere valutate per quello che sono, vale a
dire minimi al disotto dei quali certamente si entra nel reato, e che non è
altrettanto certo che siano sufficienti ad esimere i datori di lavoro dalle
loro responsabilità di ordine superiore (art. 2087 C.C.), né i Responsabili dei
servizi di prevenzione e gli operatori della formazione da quelle di carattere
contrattuale o professionale, nel caso di formazione che sia stata riconosciuta
non efficace.
Il problema di fondo è di
comprendere se e come, con le considerazioni fatte e applicando il minimo delle
previsioni dell’Accordo Stato-regioni, il docente possa riuscire a formulare un
giudizio finale di valutazione che sia concretamente attendibile e
professionalmente corretto.
… e le criticità dei corsi di aggiornamento
Venendo al caso particolare dei
corsi di aggiornamento (più coerente sarebbe parlare di “integrazione”) va
osservato che, anche nell’ipotesi di somministrare un test di ingresso ai
partecipanti al modulo di 4 ore per indagare il loro livello di preparazione al
momento dell’ingresso in aula, è irrealistico pensare che il docente avrebbe
tempo e modo di trasferire i contenuti necessari per una efficace integrazione
se dovesse effettivamente limitarsi all’unica ora a disposizione per gli
argomenti dei moduli teorici e alle rimanenti 3 ore (lorde) per quelli dei
moduli pratici. Così come è illusorio credere di poter effettuare una
attendibile verifica intermedia e/o finale dell’apprendimento visto che, nel
caso di corso di integrazione di cui al p. 9-b), i questionari dovranno
riguardare i contenuti dell’intero schema formativo (modulo giuridico-normativo
e modulo tecnico) previsto dall’allegato dell’Accordo Stato-regioni applicabile
al caso di specie, poiché manca l’indicazione di un reale percorso a supporto
di tale tipologia di corso. Né va meglio per quanto attiene ai moduli pratici
per i quali, oltre a non essere rinvenibile alcuna indicazione di contenuto,
addirittura non è richiesta (p. 9-c)
alcuna prova pratica di verifica
finale, che pure è determinante ai fini della validazione globale e la cui
effettuazione è prevista in tutti i sacri testi della didattica, e da ultimo
“canonizzata” dalla norma UNI-ISO 29990:2011 [1].
Indirizzi operativi generali
A questo punto la domanda è:
quale indirizzo adottare in una situazione quale quella descritta, per essere
professionalmente tranquilli di non aver peccato di omissione?
Innanzitutto va premesso che,
quale che sia il comportamento operativo scelto, l’obiettivo finale cui
assolutamente si deve tendere è quello di “fare sicurezza in concreto”,
ricercando - come sempre dovrebbe essere fatto di fronte ad un problema di
sicurezza - la giusta risposta alla “domanda” che ne è alla base, evitando la
tentazione di ricorrere a meri adempimenti di carattere formale, non
trascurando, anzi curando attentamente, di fornire (documentalmente) una chiara
motivazione della scelta fatta.
Passando in concreto al caso qui
trattato e considerato che l’Accordo detta i requisiti minimi dei percorsi di
formazione, si tratta di esplicitare la ragione per cui si ritiene che
l’applicazione dei minimi sia sufficiente ovvero che sia necessario un cammino
diverso. In entrambi i casi la decisione non può derivare che dal risultato
della analisi dei fabbisogni del singolo lavoratore. Questa analisi, che non
può mancare in nessun percorso di formazione (cfr. UNI-ISO 29990), dovrebbe
essere condotta (e documentata), come già osservato, a cura del datore di
lavoro tramite il SPP, che, se privo delle necessarie risorse, potrà essere
coadiuvato da un soggetto competente esterno (organismo di formazione,
docente).
Indirizzi operativi specifici per l’aggiornamento
Ancora, riguardo ad alcune
perplessità sorte in ordine alle modalità di svolgimento dei corsi di
aggiornamento di cui al p. 6 dell’Accordo Stato-regioni in argomento, giova
osservare che con circolare n. 12 del 2013, il Ministero del lavoro ha
precisato che: … ai fini dell’aggiornamento di cui al p. 6 è riconosciuta la possibilità
che le 3 ore relative agli argomenti dei moduli pratici possano essere
effettuate anche in aula …
A questo proposito va osservato
che, rispetto a (ovvero a dispetto di) quanto in precedenza stabilito con Accordo Stato-regioni
(avente valore cogente) con una circolare (Ministero del Lavoro n. 12/13 - non
avente valore cogente) viene introdotta la mera possibilità di optare per lo
svolgimento in aula [2] delle
ore destinate al modulo pratico, che lo stesso Accordo prevede si svolgano in
campo, o meglio, in un’area opportunamente delimitata con assenza di impianti o
strutture che possano interferire con l’attività pratica di addestramento …
Di qui alcune considerazioni si
impongono:
a) circa la dichiarata
“possibilità”, va subito sottolineato che essa è semplicemente riconosciuta. Si
tratta, quindi in pratica, di una (purtroppo ingannevole) facoltà, concessa
dall’estensore del documento ministeriale - senza alcuna esplicita condizione -
al soggetto di volta in volta coinvolto/interessato: si tratta, cioè, di una
sorta di deroga in bianco, il ricorso alla quale comporta la completa
assunzione di responsabilità di chi se ne serva riguardo alla correttezza di
tale scelta;
b) a fronte di tale possibilità,
il suggerimento è di ricorrervi con atteggiamento estremamente prudente,
giacché le conseguenze di una scelta fatta con disinvoltura possono essere (in
caso di infortuni, ad es.) molto gravi. In generale, visto che la natura degli
interventi deve essere “pratica”, sarà opportuno che siano preventivamente valutati
con attenzione i fabbisogni dei destinatari dell’aggiornamento, prendendo in
esame la documentazione disponibile inerente le caratteristiche della
formazione a suo tempo loro impartita (specialmente per la parte pratica),
tenendo conto della natura delle novità tecniche intervenute e degli eventuali
particolari aspetti pratici da curare e così via. Si tratta, cioè, come sempre
quando si adottano decisioni discrezionali in materia di sicurezza, di
procedere rendendo esplicite (e condivisibili) le ragioni per cui si è optato
di svolgere “in aula” ed in quale misura questa parte dell’intervento di
aggiornamento.
c) la valutazione di cui sopra
deve estendersi alle caratteristiche di pericolosità intrinseca delle diverse
tipologie di attrezzature
chiamate in causa (ad es. si può ritenere che l’uso di un carrello elevatore
“da interni” sia meno rischioso di un carrello a braccio telescopico da usare
in cantiere o di una macchina per movimento terra) ed anche alla necessità di
richiamare la pratica di quelle manovre o procedure operative la cui
effettuazione nelle condizioni usuali non è ricorrente (quelle ad es. da farsi
in caso di guasti o di emergenze) o ha carattere di saltuarietà (controlli
particolari, ecc.) o occasionalità (condizioni ambientali particolari) e che
per questo motivo richiedono di tornarvi su.
In sintesi la facoltà di deroga
potrà essere consapevolmente esercitata solo all’esito di un attento (e
documentato) confronto tra l’entità dei rischi legati all’uso delle
attrezzature di lavoro derivanti dalle specificità operative presenti in
azienda e gli effettivi fabbisogni formativi del singolo lavoratore.
Docente o istruttore: dubbio amletico
Un'altra fonte di dubbio riguarda
l’individuazione di quale possa essere il “formatore” più adatto per condurre
“in aula” la sezione “pratica” dei corsi di aggiornamento. La perplessità
appare non fuori luogo, considerato che la parte pratica dell’aggiornamento
dovrebbe essere erogata, ratione materiae, non dal classico “docente di aula”
(certamente in grado di trattare argomenti teorici con l’impiego delle
pertinenti metodologie, tecniche e strumenti didattici, come facilmente
intuibile, del tutto diversi da quelli impiegati di norma per fare
“addestramento in campo”) ma da un “istruttore/addestratore”. La perplessità
lascia poi il posto allo sconcerto se si pone mente al fatto che le
declaratorie dei requisiti di cui al p. 2 individuano, per le due figure,
caratteristiche sostanzialmente differenti dal momento che:
1) per i docenti sono richieste
esperienza documentata, almeno triennale, sia nel settore della formazione sia
nel settore della prevenzione, sicurezza e salute nei luoghi di lavoro,
2) mentre per gli istruttori
pratici è necessario (solo) il possesso di esperienza professionale pratica,
documentata, almeno triennale, nelle tecniche dell’utilizzazione delle
attrezzature (= svolgimento triennale della mansione di operatore?).
A questo punto:
a) appare semplicemente
discutibile che chiunque abbia mera esperienza (ancorché triennale) in materia
di formazione e di prevenzione, senza alcuna supposta conoscenza di dettaglio
circa l’uso sicuro in sicurezza della particolare attrezzatura, possa essere considerato
all’altezza del compito di trattare il modulo teorico-tecnico (è in gioco
l’incolumità dell’operatore e delle persone comunque esposte ai rischi - specie
quelli residui e non evidenti - dell’attrezzatura!),
b) desta seri dubbi la
possibilità che un “istruttore di campo” possa svolgere efficacemente la sua
funzione trattando in aula (quindi con l’uso esclusivo o quasi della parola
come strumento didattico) gli argomenti del modulo pratico, non essendogli
espressamente richiesta dalla declaratoria del requisito in 2) alcuna
esperienza documentata, almeno triennale… nel settore della formazione [3].
Poiché si tratta di effettuare
iniziative decisamente volte alla sicurezza, l’unica soluzione possibile e
consigliabile non può essere che quella dell’affiancamento/compresenza in aula
delle due figure, la cui complementarietà possa rendere efficace il percorso di
aggiornamento.
Una risposta di professionalità
Quanto sopra espresso potrà
sicuramente essere condiviso dagli addetti ai lavori (soggetti formatori,
docenti, istruttori, ecc.) ma pone, a sua volta, un quesito non trascurabile:
come può un organismo di formazione strutturare un corso di aggiornamento “come
si deve” per non incorrere in critiche responsabilità, soprattutto se, vista la
possibile pioggia di richieste conseguente la nostrana tendenza ad attendere
fino alla vigilia della scadenza, i termini temporali per il riconoscimento
della formazione
pregressa saranno prorogati?
Il più delle volte, infatti,
accadrà che, avendolo messo a catalogo, l’organismo riceva direttamente
l’incarico da un datore di lavoro o altro committente. In questa ipotesi il
comportamento professionalmente più corretto potrebbe essere quello di:
a) illustrare preventivamente e
globalmente la questione al committente, specialmente riguardo ai suoi obblighi
(e responsabilità) in relazione alle modalità di formazione previste dalla
relativa regolamentazione,
b) richiedere la preventiva
effettuazione di una apposita analisi dei fabbisogni (da affidare -
eventualmente al SPP - sulla base della somministrazione di un questionario
volto a indagare il grado di conoscenza e il livello delle competenze pratiche
maturate nella mansione),
c) prospettare il programma dei
contenuti da sviluppare “calibrato” in relazione alle risultanze dell’analisi,
d) prevedere, in ogni caso, al
termine dell’iniziativa lo svolgimento di una prova di valutazione finale
(metodologicamente tanto irrinunciabile quanto l’analisi dei fabbisogni - cfr.
UNI-ISO 29990),
e) redigere una dettagliata
proposta complessiva che tenga conto di tutto quanto precede, e
f) nel caso che, a valle
dell’azione in a), il datore di lavoro/committente decida comunque di attuare,
sic et simpliciter, un percorso di adeguamento secondo il modello “minimo”
dell’Accordo, farne esplicita menzione in una apposita appendice, sottoscritta,
dei documenti contrattuali di incarico, curando di riportare in essa anche il
rifiuto da parte del datore di lavoro di una offerta articolata secondo i punti
b), c), d).
Tale appendice, analogamente a
quanto si fa in ambito sanitario, va strutturata secondo un modello (ad es. del
tipo in calce proposto), che possa configurarsi come una sorta di “consenso
informato”. Ciò consentirà di limitare al massimo la chiamata in causa per
comportamento omissivo dell’organismo di formazione in caso di contestazione
della mancata efficacia del processo.
Facsimile CONSENSO
INFORMATO
lo
sottoscritto/a___________________________ in qualità di Datore di lavoro
della Società ___________________dichiaro di essere stato/a sufficientemente
informato/a circa i contenuti dell’Accordo Stato-Regioni del 22/2/2012, che
prevede per i lavoratori che al momento dell’entrata un vigore dell’Accordo
(12/03/2013) risultavano essere già incaricati della conduzione di una delle
attrezzature in esso comprese, la possibilità di riconoscimento di una
formazione pregressa e di poter effettuare entro il 12/03/2015 il pertinente
corso di aggiornamento ad eventuale integrazione (articolo 9 lettere a), b) e
c).
In particolare dichiaro che,
per i lavoratori (allegati nominativi) da me incaricati all’uso di
____________________________, sono a richiedere di procedere:
☐ all’erogazione del Corso di aggiornamento di 4 ore
☐ all’erogazione del Corso di aggiornamento di 4 ore + verifica
finale dell’apprendimento
☐ all’analisi dei fabbisogni formativi comprensiva del test di
ingresso
☐ alla elaborazione del programma
più idoneo per contenuti e ore necessarie di formazione teorica e pratica
☐ all’erogazione del Corso di aggiornamento calibrato ad hoc +
verifica finale dell’apprendimento
………, li ………………
firma del datore di lavoro
………………………………………………. |
[1] “Requisiti
di base per i prestatori di servizi per l’istruzione e la formazione non
formale”
[2] Ai
fini dell’effettuazione del corso di aggiornamento di cui al p. 6 … è
riconosciuta la possibilità che le 3 ore relative ai moduli pratici possano
essere effettuate anche in aula …
[3] In
realtà, talune Associazioni di settore operanti attivamente nella formazione
all’uso di determinate attrezzature adottano procedure e criteri molto
selettivi per il ruolo del formatore-istruttore e di questi – che de facto sono
da considerarsi codici di buona prassi – gli addetti ai lavori dovrebbero
tenere conto.
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